Saturday, 19 November 2011 07:52 Ben Lorber (Alternative Information Center)
Le forze israeliane distruggono un recipiente d’acqua in Cisgiordania (Foto: Morrison World News)
Parlando al Congresso Americano a maggio, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva rimarcato che Israele avrebbe mantenuto la sua presenza a lungo termine nella Valle del Giordano della Cisgiordania. Nei mesi successivi, l’esercito israeliano ha aumentato gli attacchi ai pozzi d’acqua dei palestinesi residenti.
Secondo “Jordan Valley Solidarity” (Solidarietà per la Valle del Giordano), l’esercito israeliano ha demolito due pozzi d’acqua lunedì a Baqa’a, vicino al villaggio Tammun in Cisgiordania. L’acqua veniva utilizzata, in primo luogo, per irrigare i terreni agricoli. Centinaia di famiglie dipendono dalla terra per il loro sostentamento.
I due mesi passati hanno visto un flusso costante di attacchi dell’esercito israeliano ai pozzi d’acqua dei beduini palestinesi nella Cisgiordania e nella Valle del Giordano.
Il 13 ottobre, i contadini hanno ricevuto ordini di demolizione per diversi pozzi d’acqua a Kufr al-Deek, un villaggio nella città di Salfit, vicino Nablus.
L’8 settembre 50 jeep militari, camion e bulldozer hanno sigillato Al Nasarayah come zona militare, hanno cominciato a distruggere illegalmente tre pozzi d’acqua e hanno confiscato gli impianti d’acqua ad essi collegati, le cui pompe costano 40mila dollari ciascuna per essere installate. Cinque giorni dopo, l’IOF è tornato a Al Nasarayah per demolire altri due pozzi, fermandosi lungo la strada per distruggere un altro pozzo ad est di Tamoun.
Il giorno seguente, i soldati dell’IDF sono entrati nel villaggio di Al-Fa’ra, vicino Nablus, per fotografare e registrare le coordinate GPS di altri sei pozzi destinati alla demolizione.
Questi pozzi d’acqua hanno ricevuto i permessi dall’Autorità Palestinese per essere costruiti e stavano operando nel 5% della Valle del Giordano, designata dopo gli Accordi di Oslo del 1993 come Area A, sotto il pieno controllo civile e militare palestinese.
Dall’inizio della colonizzazione d’Israele della Valle del Giordano nel 1967, i beduini locali hanno assistito al costante prosciugamento delle sorgenti attorno alle quali un tempo costruivano i loro villaggi. Non possono scavare da soli i pozzi sufficienti a causa dei paralizzanti regolamenti israeliani e sono divenuti dipendenti dagli israeliani per l’accesso ad un diritto umano basilare.
Secondo il rapporto di Ma’an Development Center , “Il prosciugamento: la crisi dell’acqua e della sanità nella valle del Giordano”, il 40% dei palestinesi nella Valle del Giordano consuma meno acqua dello standard minimo globale stabilito dall’Organizzazione Mondiale della Salute che ha fissato il minimo a 100 litri cubi al giorno. Con una disparità impressionante, 56.000 palestinesi nella Valle del Giordano consumano una media di 37 milioni di metri cubi (MCM) d’acqua all’anno, paragonato con una media di 41 MCM per soli 9.400 coloni.
A causa delle norme dopo gli Accordi di Oslo, i beduini della Valle del Giordano che vivono nell’Area C (95% della Valle) non possono costruire e nemmeno migliorare un pozzo d’acqua senza un permesso, che è impossibile da ottenere. Gli Accordi di Oslo hanno infatti creato un Joint Water Committee (JWC), ovvero un Comitato Congiunto per l’Acqua, composto da israeliani e palestinesi, per il rilascio dei permessi di costruzione.
Ad ogni modo, il rapporto di Ma’an riporta che “all’incirca 150 progetti palestinesi per l’acqua e per la sanità sono ancora in attesa dell’approvazione del JWC per ragioni tecniche e di sicurezza, sebbene solo un progetto palestinese per un pozzo nell’acquifero occidentale (Cisgiordania) è stato approvato dal 1993. Al contrario, Israele può costruire condutture per i suoi insediamenti illegali senza passare attraverso i meccanismi del JWC. Inoltre, Israele ha effettivamente pieno controllo delle risorse idriche nella Cisgiordania e nella Striscia di Gaza”.
Anche se un progetto è approvato dal JWC, deve poi essere approvato dall’Amministrazione Civile Israeliana, dove, secondo Deeb Abdelghafar, direttore delle risorse idriche per l’Autorità Idrica Palestinese, “ci sono più di 14 dipartimenti e ogni dipartimento deve approvare il progetto. Così non possiamo mai far passare un progetto”.
Il rapporto del 2009 della Banca Mondiale “Valutazioni delle Restrizioni sullo sviluppo idrico palestinese: Cisgiordania e Gaza’” cita un donatore anonimo di una ONG: “La prima cosa che richiediamo è una lettera dal PWA per l’approvazione il progetto. Poi andiamo al JWC. Ma poi dobbiamo andare all’Amministrazione Civile – e qui i ritardi di 2-3 anni sono normali. Infatti, non abbiamo alcun esito positivo per l’Area C”.
“A causa dell’impossibilità di infrastrutture giacenti, il punto focale delle ONG sull’intervento civile d’emergenza – dice Abdelghafar – consiste nel consegnare piccole autobotti d’acqua, fornire loro cisterne d’acqua e costruire cisterne d’acqua piovana. Tutto ciò è un sollievo all’emergenza umanitaria”. Tuttavia, anche se importante, questo aiuto è temporaneo, e capace solo di alleviare i sintomi, non di curare la malattia.
“Gli israeliani – mette in chiaro Abdhelgafar – stanno cercando di stabilire il controllo sulla Valle, impedendo o distruggendo infrastrutture idriche permanenti. Vogliono ripulire l’Area C dai palestinesi”.
Quest'opera viene distribuita con Licenza Creative Commons. Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia.