L’ITALIA IN EGITTO: COOPERAZIONE E ARMI

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Written by Fulvio Scaglione   Feb 3, 2011

DI ALBERTO CHIARA E FULVIO SCAGLIONE

 

Un soldato dell’esercito egiziano durante un’esercitazione di tiro nel deserto.

Settimi in assoluto, dopo gli Usa e alcuni grandi organismi come la Banca mondiale, l’Unione europea o il variegato sistema delle Nazioni Unite, nonché alle spalle della Germania: nel 2008, l’Ocse, ovvero l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, collocava il nostro Paese ai vertici della graduatoria di chi aiutava l’Egitto a lottare contro la povertà che ancora affligge certe aree del Paese e a migliorare nei campi della sanità, dell’ambiente, della tutela dei beni storico-culturali, dell’integrazione sociale. L’Italia è tuttora uno dei primissimi Paesi donatori, con 20 progetti in corso, del valore complessivo di oltre 90 milioni di euro e un programma di conversione del debito da 100 milioni di dollari. Negli ultimi dieci anni la Cooperazione italiana ha destinato al Paese oltre 200 milioni di euro.

Nell’ultimo vertice bilaterale, svoltosi a Roma il 19 maggio 2010, sono stati stanziati ulteriori aiuti per altri 10 milioni di euro. Lo scorso settembre, poi, al Cairo, un summit d’alto livello ha valutato i buoni effetti del progetto “Alleviamento della povertà: diritti civili e legali per bambini, adolescenti e giovani donne” promosso in sette Governatorati dell’Egitto settentrionale – con il contributo della Cooperazione italiana – per dotare di documenti chi ne era privo, senza far pagare a nessuno neanche i pochi spiccioli richiesti dalla procedura normale. Finora sono stati distributi circa 150.000 documenti, fra certificati di nascita a chi non era mai stato registrato, e carte di identitá. Ciò ha consentito a tutta questa gente di “esistere” formalmente e, soprattutto, di accedere ai servizi sociali, specialmente a quelli scolastici e sanitari.

Infine, è stato versato nelle casse della Fao il promesso contributo di 3 milioni di dollari finalizzato a progetti contro la malnutrizione infantile. Il prossimo incontro ufficiale tra i due Governi era già stato annunciato con tanto di date (febbraio 2011) e luogo (Luxor).

La "mappa" degli interventi di cooperazione civile dell'Italia in Egitto. La “mappa” degli interventi di cooperazione civile svolti dall’Italia in Egitto. 

Oltre all’aiuto civile, però, il nostro Paese è protagonista anche di una consistente collaborazione in campo militare che ora crea più di un imbarazzo. Per fortuna non al livello degli Stati Uniti, che ancora l’anno scorso hanno regalato a Mubarak 1,3 miliardi l’anno per potenziare l’esercito e solo 25 milioni di dollari per il sostegno alla società civile. Però facciamo la nostra parte. Come sottolineato dalla Rete Italiana per il disarmo e dalla Tavola della Pace, nel 2008 abbiamo consegnato all’Egitto armi per 34 milioni di euro e nel biennio 2008-2009 il governo ha autorizzato contratti per altri 44 milioni di euro. A questo si devono aggiungere 2 milioni di euro di armi leggere (9.767 “pezzi”).

Altrettanto, e anche di più, è successo con l’Algeria: 62 milioni di euro di armi consegnate nel 2008-2009 e contratti autorizzati per altri 86 milioni. L’anno scorso, inoltre, il nostro Governo aveva annunciato la fornitura di all’Algeria di 30 elicotteri militari (valore 460 milioni di euro), prima tranche di una fornitura complessiva di 114 elicotteri per un valore totale di 2,5 miliardi di euro. In un quadro che vede le esportazioni italiane di armi in forte crescita (siamo ormai i quinti esportatori del mondo) è almeno discutibile il fatto che si forniscano armamenti a regimi che certo non corrispondono al dettato della legge 185 del 1990, che vieta l’esportazione di armi a favore di Paesi “responsabili di gravi violazioni dei diritti umani accertate dagli organismi internazionali” o a favore di Paesi in cui le nostre armi “possano favorire situazioni di conflitto e di deperimento della situazione della popolazione civile”.

Un problema di cui bisogna tener conto, soprattutto nel momento incui le pericolanti autorità egiziane si affidano alla violenza armata per controllare la rivolta della piazza. Di scarsa consolazione è il fatto che altri, in Europa, facciano peggio di noi: la Germania, nel solo 2009, ha venduto all’Egitto armi per 77,5 milioni di euro; la Gran Bretagna, per andare sul sicuro, ha secretato tutti i dati relativi alle proprie esportazioni di armi.

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