Uno studio di un centro palestinese di ricerca svela che dal 1990 ad oggi la confisca di terra palestinese da parte delle autorità israeliane è aumentata del 182%.
di Anna Clementi
Roma, 10 aprile 2013, Nena News – Coltivare pesci per l’esportazione in una sorgente di acqua dolce utilizzata dai palestinesi per irrigare i campi. Questa è l’ultima intimidazione fatta dai coloni israeliani di Yitzar e Baracha ai residenti del villaggio di Burin, vicino a Nablus. Come racconta Jamal, un anziano abitante dell’area, non si tratta di un episodio isolato ma di un attacco sistematico e deliberato che mira a confiscare e distruggere le terre e le risorse idriche dei palestinesi.
La storia di Burin è molto simile a quella di tanti altri villaggi e città palestinesi che quotidianamente resistono contro il furto di terra ed acqua da parte di Israele. Nel frattempo il processo di colonizzazione della Cisgiordania e di Gerusalemme Est procede imperterrito, con il consenso e l’appoggio da parte del governo israeliano che fornisce agevolazioni ed incentivi economici a tutti gli israeliani ebrei che desiderano trasferirsi nelle colonie. I dati sono allarmanti: secondo gli ultimi dati del rapporto pubblicato dal Centro di Ricerca Applicata di Gerusalemme (ARIJ) il 24 marzo 2013, negli ultimi vent’anni l’area annessa dalle colonie israeliane è aumentata del 182% (dai 69 km² del 1990 ai 194.7 km² del 2012). Ancora maggiore è stata la crescita della popolazione israeliana residente nelle colonie: si è passati dai 240.000 del 1990 ai 656.000 del 2012.
Dal momento della sua elezione nel 2009, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha continuato a promuovere e sostenere la politica di costruzione di colonie israeliane in territorio palestinese, ed in particolare a Gerusalemme Est (dove oggi vivono circa 300.000 palestinesi e più di 200.000 coloni israeliani). Le immediate conseguenze di queste azioni sono state una crescente frammentazione ed isolamento delle varie aree della Cisgiordania ed una costante riduzione delle aree agricole, fondamentali per lo sviluppo e la crescita dei palestinesi.
Importante è anche non farsi ingannare dalla narrazione e dalla retorica israeliana. Secondo quanto si legge nel rapporto di ARIJ, il congelamento degli insediamenti annunciato dal premier israeliano a dicembre 2009, che sarebbe dovuto durare dieci mesi (fino a settembre 2010), non ha fermato l’aggressiva confisca di terra palestinese da parte delle autorità israeliane.L’area di Gerusalemme Est e i progetti di costruzione approvati prima di dicembre 2009 sono stati esclusi dal piano di congelamento così come gli edifici che servivano per soddisfare la naturale crescita della popolazione. Inoltre, dopo la fine del cosiddetto “congelamento”, il governo israeliano ha approvato la costruzione di un numero enorme di nuove unità abitative: 18.000 nel 2011 e 26.000 nel 2012.
“Fin dall’occupazione della Cisgiordania nel 1967, il progetto di espansione di Israele, che nessun leader politico israeliano ha mai nascosto, è stato quello di annettere la maggior quantità di terra possibile con il minor numero di palestinesi – spiega l’analista politico Michel Warschawski – Israele è ben consapevole che creare fatti concreti sul terreno, come ad esempio la costruzione di immense colonie israeliane in territorio palestinese, non potrà che fornirgli maggior potere negoziale una volta che si siederà al tavolo delle trattative con i leader palestinesi”.
Eppure durante la recente visita in Israele e in Palestina, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama sembra essersi dimenticato del disastroso impatto che le colonie israeliane hanno sulla soluzione a due Stati, più volte ribadita dallo stesso presidente. Durante la conferenza stampa congiunta con il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas, Obama ha ridimensionato ed alleggerito il peso della colonizzazione israeliana dei territori palestinesi affermando che “le colonie sono un problema ma non la questione centrale. Prima risolveremo altri problemi, poi arriveremo alle colonie”.
Di diversa visione, l’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’Unione Europea, Catherin Ashton la quale, intervistata dal giornale turco Okaz, ha dichiarato che l’Unione Europea è “molto delusa” dalla politica israeliana di colonizzazione dei territori occupati poiché essa mina le basi per la creazione di due Stati indipendenti nella regione.
Tuttavia, nonostante i tentativi di critica politica, la UE continua a dimostrarsi incapace di prendere decisioni concrete per punire i crimini israeliani. Ad esempio, è di pochi mesi fa, la decisione del Parlamento Europeo di approvare un nuovo accordo economico tra Israele e l’Unione Europea nel settore farmaceutico volto a permettere l’ingresso di società israeliane nel mercato europeo.
Di fronte a questo stallo politico, quel che è certo è che, se Israele continua ad agire incontrastato ed impunito nella confisca di terre e risorse idriche ai fini dell’espansione coloniale, sarà presto difficile poter parlare di uno Stato palestinese anche a parole. Nena News
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