admin | December 16th, 2011 – 10:04 am
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C’è, ma non si vede poi tanto. C’è, ma arriva – solo un po’ – in superficie quando giungono notizie non proprio felici da questo pezzetto di pianeta. E’ la discussione in corso, a volte molto dura, all’interno del mondo ebraico, soprattutto negli Stati Uniti, sullo stato in cui versa Israele. E’ una discussione a tratti aspra, che coinvolge la variegata comunità ebraica americana (con tutte le divisioni al suo interno) e gli intellettuali israeliani. Non gli uni contro gli altri, non la diaspora contro Israele. Semmai, i fronti sono segnati dalle culture politiche: progressisti ebrei americani assieme alla sinistra (oltre i laburisti) israeliana. Destra americana assieme alla destra israeliana.
Vado oltre, ovviamente, il caso di Newt Gingrich e le sue affermazioni sul popolo palestinese “inventato”. Dietro il caso Gingrich c’è molto altro. Il cuore della discussione riguarda i profondi cambiamenti in atto nella legislazione israeliana, gli attacchi sempre più forti alle associazioni per la difesa dei diritti umani e alle Ong progressiste che ricevono finanziamenti da oltre Atlantico. E poi gli attacchi sempre più forti alla magistratura israeliana, accusata – in sostanza – di essere troppo progressista, tanto da aver fatto scendere in campo la stessa Dorit Beinisch, capo della corte suprema, per stigmatizzare gli attacchi fatti ai politici ai giudici. E poi la condizione delle donne israeliane, sempre più pressate dai settori ortodossi. E poi il ruolo della religione nello Stato: una questione che, nella riflessione degli intellettuali israeliani e della diaspora, sta suscitando – questo sì – un vero e proprio vespaio….
Di questa discussione, per nulla sotterranea, si sa poco, in Italia. E allora do qualche consiglio di lettura. A cominciare proprio dall’ultimo punto, che dagli intellettuali ebrei (israeliani e della diaspora) è definito come il timore che Israele si stia trasformando in una teocrazia. Ne parla, per esempio, Eric Alterman su Forward, che sottolinea, in questo caso, la divisione tra diaspora negli USA e Israele.
It is becoming increasingly obvious that a break between Israel and Diaspora Jewry, particularly its American variety, is fast approaching. The reason for this is that Israel is slowly but inexorably turning into a conservative theocracy while the Diaspora is largely dedicated to liberal democracy.
Della crisi della democrazia israeliana, a dire il vero, hanno parlato gli intellettuali più conosciuti, a cominciare dagli scrittori che in Italia vanno per la maggiore. Amos Oz, assieme a un’altra settantina di studiosi e scrittori, ha firmato per esempio una lettera di protesta contro quello che sta succedendo, soprattutto alla Knesset, parlando proprio di legislazione “antidemocratica”. Sami Michael, altro grande scrittore, ha avuto parole durissime, nel suo ultimo commento pubblicato su Yediot Ahronot.
The forces of darkness are tricking prominent institutions into eroding democracy’s strongholds. They aim to undermine the High Court of Justice and we will stand in their way. They wish to weaken human rights groups and we will stand in their way. They want to dismantle organizations that strive to bring peace and end the occupation. We will stand in their way.
La questione, però, è diventata stringente non tanto sulla questione delle leggi in discussione alla Knesset, quanto sugli ultimi eventi in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Che i coloni attacchi i palestinesi, le loro proprietà, gli oliveti e le moschee, non è cosa nuova. Semmai è cosa poco conosciuta in Italia, ma succede da anni. Il fatto nuovo – dice per esempio Dahlia Scheindlin su 972mag – è che stiamo assistendo a una vera e propria intifada degli ebrei (israeliani). L’analisi della Scheindlin scende nel profondo, è raffinata nella sua disamina delle divisioni e delle inusitate alleanze di questi ultimi giorni nella politica israeliana, e forse è difficilmente comprensibili per coloro che non si occupano di Israele e Palestina tutti i giorni. Vale la pena, però, leggersi il suo articolo, perché dà conto di una situazione della cui complessità poco o nulla ci si occupa, in Italia.
E infine, nei consigli di lettura, una nota di colore. Che poi, di colore, non è così tanto, ma semmai illumina settori sociali che in Israele sono sempre meno minoritari. C’è chi sta pensando all’elettricità kosher, all’elettricità di shabbat. Discussione non di poco conto, di cui si parla – e non a caso – su IsraelNationalNews, l’agenzia di stampa dei coloni.
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