La fine della saga dei Mubarak

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admin | April 13th, 2011 – 1:16 pm

Ero sempre stata ottimista. Anche quando al Cairo, alla fine di marzo, ascoltavo i timori degli egiziani normali, quelli del popolo. L’economia che non gira, i soldi che non ci sono, e la controrivoluzione alle porte. E poi i gossip, le voci che rimbalzano. “Gamal Mubarak è al Cairo. E’ a Garden City. Ieri sera era a cena in uno dei club più esclusivi della città. Che faccia tosta…”

E’ vero, sulla scena dell’Egitto post-Tahrir c’è anche la cosiddetta controrivoluzione. O meglio, il tentativo del regime di sopravvivere a se stesso, in maniera gattopardesca. E come potrebbe essere altrimenti? Trent’anni di vita, corruzione, tangenti, repressione non si sciolgono come neve al sole. Bisogna disaggregare una struttura pesante, di cemento, di quelle che – crollando – possono peraltro fare molti danni.

Eppure, nonostante tutti questi timori, una rivoluzione è una rivoluzione. E quella egiziana lo è a tutti gli effetti, anche se la transizione viene pilotata da un pezzo importante del regime, come le forze armate. Transizione difficile, anche molto contraddittoria, ma pur sempre figlia della rivoluzione. E dunque, la messa sotto accusa dei Mubarak è segno tangibile che questa rivoluzione è ancora in corso.

Difficile, ancora adesso, comprendere cosa sia stato determinante per la messa sotto accusa e la custodia cautelare dei Mubarak, Hosni in ospedale, e i due figli in viaggio verso la prigione di Tora, quella dove ci sono già molti degli alti papaveri del regime. La stessa prigione dove, nel corso degli anni, sono stati portati oppositori (blogger compresi) di tutte le culture politiche. E’ stato il braccio di ferro fatto da Hosni Mubarak, con il suo messaggio audio trasmesso da Al Arabiya, con il quale ha sfidato il Consiglio Militare Supremo, come alcuni tweeps dicono? E’ stata la magistratura egiziana, in alcune sue componenti uno dei pochi pezzi dello Stato che si è opposto ai Mubarak, che si è finalmente tolta i sassolini dalle scarpe? Sono stati i rivoluzionari, quelli di piazza Tahrir, che hanno premuto sul Consiglio Militare Supremo con la grande manifestazione di venerdì scorso, una manifestazione da un milione di persone che ha fatto comprendere che non si potesse più rimandare l’inizio dell’epurazione ai vertici del regime?

Ipotesi tutte valide, ipotesi che si possono intrecciare l’una con l’altra. Di certo c’è una cosa, che ripeto da settimane. Indietro non si torna, in Egitto. E il 2011 si può aggiungere alla lista delle rivoluzioni: non solo e non tanto il 1952, ma anche e forse soprattutto il 1919.

La foto è una rivisitazione di Guebara, nell’album Support the Revolution

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