La Marcia delle Bandiere è parte della guerra sionista a Gerusalemme

Articolo pubblicato originariamente su Mondoweiss e tradotto dall’inglese dalla redazione di Bocche Scucite

Di Mariam Barghouti


La Marcia delle Bandiere rappresenta la pulizia etnica sionista della Palestina e l’imposizione del dominio coloniale israeliano su Gerusalemme. Fa parte della guerra sionista su Gerusalemme.

ISRAELIANI PARTECIPANO ALLA MARCIA DELLA BANDIERA IN OCCASIONE DELLA GIORNATA DI GERUSALEMME DEL 18 MAGGIO 2023. (FOTO: ILIA YEFIMOVICH/DPA VIA ZUMA PRESS/APAIMAGES)


Giovedì 18 maggio, gruppi di coloni israeliani hanno tenuto l’annuale “Marcia delle bandiere” a Gerusalemme. La marcia, o “danza delle bandiere”, è stata inaugurata per la prima volta nel 1968, un anno dopo che le forze israeliane avevano occupato Gerusalemme Est e si erano impadronite delle terre palestinesi, siriane ed egiziane in Cisgiordania, sulle alture del Golan e nel Sinai. Alla marcia di quest’anno hanno aderito funzionari israeliani come il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir e il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, entrambi membri della nuova coalizione israeliana di estrema destra.

In quella che lo Stato israeliano chiama “Giornata di Gerusalemme”, la Marcia delle Bandiere segnala l’enfasi dei coloni sulla “riunificazione di Gerusalemme”. Tuttavia, poiché i palestinesi insistono nel rimanere nelle loro case, da Sheikh Jarrah, alla Città Vecchia e alle città vicine di Gerusalemme Est, la Marcia delle Bandiere è diventata un tentativo di cacciare gli ultimi palestinesi rimasti da Gerusalemme.

In una dichiarazione, il portavoce dell’ufficio presidenziale palestinese, Nabil Abu Rudeineh, ha avvertito che la Marcia delle Bandiere potrebbe portare a una “esplosione”, con le tensioni già alte a causa dell’aumento della violenza di Israele a Gerusalemme. In una dichiarazione alla stampa, il primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh, ha condannato la marcia come un tentativo di consolidare ulteriormente l’ebraicizzazione e la conquista di Gerusalemme, sottolineando che “i palestinesi continueranno a confrontarsi con le politiche dell’occupazione, non importa quanto sia pesante il prezzo”.

Tuttavia, per i palestinesi di Gerusalemme, la Marcia delle Bandiere non è solo una mossa politica e militare volta a solidificare la morsa di Israele su Gerusalemme, ma è anche una giornata di violenza garantita e di abusi da parte dei coloni.

Lo sfondo
La pulizia etnica di Gerusalemme è iniziata nel 1948 con i massacri commessi a Deir Yassin, Ein Karem, Abu Ghosh e in altre città circostanti. L’annessione militare di Gerusalemme Est è iniziata nel 1967 e la solidificazione giudiziaria di Gerusalemme come capitale di Israele è entrata in vigore il 30 luglio 1980. Quell’estate, la Legge su Gerusalemme fu aggiunta alla Legge fondamentale israeliana (un insieme di leggi israeliane adottate al posto di una costituzione). La legge dichiarava Gerusalemme, compresa Gerusalemme Est, capitale di Israele. Ciò ha permesso al governo israeliano di espandere la propria giurisdizione sulle vite dei palestinesi nella città. Questo violava anche il diritto internazionale e lo status, riconosciuto a livello internazionale, di Gerusalemme Est come territorio palestinese occupato. È ciò che ha posto le basi per scatenare la Prima Intifada del 1987. Nel dicembre 2000, meno di un anno dopo lo scoppio della Seconda Intifada, la Knesset israeliana ha apportato un altro emendamento alla legge su Gerusalemme, affermando il potere e la giurisdizione israeliana sulla città.

“Dalla riunificazione di Gerusalemme nel 1967”, si legge sul sito del Ministero degli Affari Esteri israeliano, “la città è diventata un rifugio per la coesistenza e la rivitalizzazione dell’espressione religiosa e culturale per tutte le fedi. La libertà di culto in tutti i luoghi santi è garantita ai fedeli di tutte e tre le religioni monoteiste, per la prima volta nella storia moderna”.

Per i palestinesi, questa cosiddetta “coesistenza” ha significato sopravvivere alle politiche draconiane delle autorità israeliane, note per aver perseguitato i palestinesi, applicato l’apartheid e commesso crimini contro l’umanità.

Recenti escalation a Gerusalemme
La Marcia delle bandiere dei coloni deve essere vista nel contesto di una dinamica di escalation particolare per Gerusalemme, in cui i gruppi di coloni di destra e lo Stato israeliano hanno cercato di ridurre progressivamente i diritti dei palestinesi sulla città, espandendo al contempo l’invasione coloniale israeliana negli spazi palestinesi. Questo processo di accerchiamento non ha incluso solo l’acquisizione di case in quartieri come Sheikh Jarrah o restrizioni in aree come Silwan, ma si è esteso anche alla restrizione dei diritti religiosi e di culto. Questo ha portato a croniche e ripetute esplosioni nella Città Vecchia e all’intensificarsi delle tensioni locali e regionali.

Nei primi tre mesi di quest’anno, sono stati registrati più di una dozzina di attacchi dei coloni contro le chiese di Gerusalemme, mentre le violazioni della polizia contro i fedeli musulmani e la presa di mira sistematica dei giovani nella Città Vecchia si sono intensificate rispetto agli anni precedenti.

Il 15 aprile, le forze israeliane hanno impedito ai cristiani palestinesi di partecipare al culto pasquale, vietando loro l’ingresso nella Chiesa del Santo Sepolcro e picchiandoli. “L’occupazione, attraverso queste politiche, afferma che Gerusalemme è sua”, ha dichiarato l’arcivescovo Atallah Hanna a Mondoweiss dopo l’attacco della polizia alla Chiesa del Santo Sepolcro durante la Pasqua.

Solo dieci giorni prima, le forze israeliane avevano invaso il terzo sito più sacro dell’Islam, il complesso della Moschea di al-Aqsa nel cuore della Città Vecchia, attaccando e aggredendo fedeli pacifici mentre pregavano. Centinaia di fedeli sono stati arrestati durante il mese di Ramadan, mentre quasi 47 fedeli della Cisgiordania sono stati arrestati e tenuti in detenzione per giorni ed esposti a maltrattamenti e abusi da parte della polizia israeliana, secondo quanto riferito da testimoni oculari che hanno parlato con Mondoweiss. Nel frattempo, in Cisgiordania, i coloni hanno compiuto attacchi incendiari contro città e villaggi palestinesi, descritti anche dall’esercito israeliano come pogrom.

La “riunificazione di Gerusalemme” celebrata dalla Marcia delle Bandiere rappresenta quindi la promessa sionista per la pulizia etnica a cui i palestinesi di Gerusalemme sono stati sottoposti dal 1967, quella che l’Ufficio Palestina di Mondoweiss ha definito la “guerra sionista per sempre su Gerusalemme”.

Questa guerra ha assunto molte forme ed è passata attraverso diverse iterazioni. Nel 2017, i responsabili politici israeliani hanno tentato di disattivare la chiamata alla preghiera per i fedeli musulmani a Gerusalemme e di installare metal detector davanti all’ingresso del complesso di Aqsa, provocando la rivolta di Bab al-Asbat; nel 2020, la polizia e le autorità israeliane hanno iniziato a prendere di mira le panetterie di Gerusalemme, notando che il pane ka’ak di Gerusalemme è un emblema della presenza e dell’identificazione dei palestinesi a Gerusalemme; nel maggio 2021, i coloni hanno invaso il complesso di Aqsa e di nuovo nell’aprile 2022, provocando in entrambi gli anni il pestaggio e l’arresto di centinaia di persone.

Ogni anno, dal maggio 1968, i palestinesi di Gerusalemme hanno dovuto lottare per le loro case e per il diritto di riunione e libertà di culto. Per i palestinesi, la Marcia delle Bandiere significa sopravvivere alla violenza dello Stato israeliano e dei suoi coloni ogni anno e rifiutare la pulizia etnica.
Tenere prigioniera una città
“La prima volta che ricordo la Marcia delle Bandiere è stata circa dieci anni fa”, ha dichiarato a Mondoweiss Israa Abu Ahmad, 29 anni, madre di due figli, il 18 maggio, giorno della marcia di quest’anno. “Mia sorella era giovane, forse 12 o 13 anni, e stava filmando durante la Marcia delle bandiere”, ha continuato Abu Ahmad. “Le [forze armate israeliane] hanno iniziato a picchiarla, a picchiarla molto. Era una bambina”.

Incidenti del tipo di quello subito da Israa sono la norma per i palestinesi nella Città Vecchia durante la marcia annuale. Mentre gli israeliani si preparano a muoversi agevolmente tra i vicoli della Città Vecchia e le strade della Gerusalemme più grande, i palestinesi sono ammassati in percorsi metallici eretti intorno alla città per garantire che ogni passo dei palestinesi sia controllato e diretto. Come la maggior parte dei residenti palestinesi della Città Vecchia e delle aree circostanti, Israa è dovuta rimanere a casa con i suoi figli, temendo la probabile violenza dei coloni.
In previsione della violenza dei coloni e della polizia, il personale medico e i giornalisti sono stati presenti in città per tutto il giorno per rispondere e documentare gli sviluppi. Verso le 15:00, prima dell’inizio della marcia, la polizia di frontiera israeliana ha iniziato a maltrattare, aggredire e ostacolare il personale medico della zona, secondo quanto documentato sul campo da Mondoweiss. Secondo i reporter sul posto, anche diversi giornalisti sono stati aggrediti nel corso della giornata.
Per la maggior parte della giornata, i palestinesi sono stati costretti a rimanere all’interno delle loro case. Anche ai bambini è stato negato lo spazio per giocare. “Ho i miei figli qui dentro. È così difficile tenere i bambini chiusi in casa per 24 ore”, ha detto Israa a Mondoweiss. “È come se tenessimo [i bambini] in una prigione”.

“Oggi non posso giocare fuori, perché mi picchieranno”, ha detto a Mondoweiss Rafeef Abu Ahmad, la figlia di 6 anni di Israa.

In quel momento si sono sentiti dei colpi fuori dalla casa. “Vedi come [i coloni] stanno picchiando?”. Ha detto Rafeef, riferendosi ai giovani ebrei-israeliani che si sono scatenati davanti a casa sua, vicino alla zona di Aqba Khaldiyeh della Città Vecchia.

Pochi istanti prima, la bambina aveva assistito a una folla di almeno 15 coloni ebrei che si era radunata intorno a un uomo nel suo quartiere, prendendolo a calci nell’addome e continuando a picchiarlo in cerchio in quello che può essere descritto solo come un tentativo di linciaggio. Tre agenti di polizia israeliani erano sul posto e si sono rifiutati di arrestare i giovani ebrei che hanno aggredito l’uomo, permettendo loro di continuare la loro furia in città.

“In una precedente Marcia della Bandiera, mi sono rotta una spalla e, in quel momento, mio figlio stava dormendo vicino alla finestra della casa di mia zia”, ha continuato Israa, raccontando i diversi anni e le diverse forme di violenza a cui lei e la sua famiglia hanno assistito.

“I coloni hanno iniziato a uscire con bottiglie di liquore dalle finestre e io avevo paura per mio figlio, così sono andata da lui e l’ho portato in braccio”, ha raccontato a Mondoweiss. “Portando mio figlio, le ossa della mia spalla si sono rotte in mille pezzi. Ho dovuto operarmi e farmi impiantare delle protesi di platino”. Il figlio di Israa aveva quasi due anni all’epoca.

L’impatto di questa situazione sugli abitanti palestinesi di Gerusalemme è anche economico. Queste restrizioni, soprattutto durante la Marcia delle Bandiere, hanno costretto i palestinesi a chiudere i loro negozi in anticipo per far posto ai coloni che si scatenano. Israa è uno di loro. “Oggi abbiamo chiuso tutti i negozi. Io cucio e ho un lavoro. Oggi ho chiuso il negozio perché ho paura che attacchino”, ha raccontato a Mondoweiss.

Il giorno prima della marcia, mercoledì 17 maggio, la polizia israeliana ha inviato messaggi di testo ai residenti palestinesi della Città Vecchia e ai proprietari di negozi, firmati dal capitano della polizia pubblica israeliana nell’area di Gerusalemme, Shadi Basis.

LA POLIZIA ISRAELIANA SI PREPARA ALLA CHIUSURA DELLA CITTÀ VECCHIA DI GERUSALEMME PER LA MARCIA DELLA BANDIERA VICINO ALL’INGRESSO DELLA PORTA DELLE CATENE, 18 MAGGIO 2023. (FOTO: ALAA DAYEH/MONDOWEISS)

“Domani ci sarà la Marcia delle Bandiere per la riunificazione di Gerusalemme, dalla Porta di Damasco su Waad St. fino al Muro del Pianto. Si prega di far uscire tutte le auto e i veicoli fino alle 15, e i proprietari di negozi e drogherie devono chiudere alle 15. Si prega di aderire al fine di ostacolare collisioni e danni”, si legge nel testo.

Paura di documentare
L’impatto di questo costante assalto all’esistenza palestinese va oltre l’aspetto economico. Diventa uno strumento per mettere a tacere i palestinesi e punire coloro che resistono.

“Non siamo forti come loro, quindi abbiamo paura”, ha detto a Mondoweiss un negoziante della Città Vecchia che ha chiesto di rimanere anonimo. “Se la polizia ci chiede qualcosa e noi non lo facciamo, diventiamo un bersaglio”, ha detto. “Abbiamo paura di far registrare le nostre voci per la minaccia che [la polizia israeliana] compia atti di vendetta in modi diversi”.
La paura testimoniata da individui e famiglie avvicinati da Mondoweiss per le interviste registrate evidenzia i modi in cui Israele punisce l’esposizione. Almeno una dozzina di negozianti e residenti della città hanno informato esplicitamente Mondoweiss di temere ripercussioni da parte della polizia se avessero parlato.

“Viviamo nel terrore all’interno della città”, ha spiegato giovedì mattina a Mondoweiss Umm Abed, residente della Città Vecchia e proprietaria di un piccolo negozio, mentre fervevano i preparativi per la marcia. “Ma i residenti della città non possono sopportare tutto questo. Ai giovani viene vietato l’accesso ad Aqsa, vengono arrestati o viene loro negato l’ingresso”.

“Tutti gli anni trascorsi sono stati una serie di aggressioni”, ha continuato Umm Abed. “La gente viene e documenta, ma tutto ciò che abbiamo per proteggerci è Dio”.

“Tutte queste marce sono provocazioni”, ha detto Nada Khader, 53 anni, a Mondoweiss giovedì mattina, mentre la polizia si muoveva per garantire che i vicoli fossero svuotati dalla presenza visibile dei suoi abitanti palestinesi. Khader vive nella Città Vecchia da quando le autorità israeliane hanno demolito la sua casa a Beit Hanina per due volte, la prima a dicembre dell’anno scorso e la seconda a gennaio. Vedova e madre di sette figli, Khader continua a subire una lenta espulsione da Gerusalemme.

Stanno provocando noi abitanti di Gerusalemme per creare problemi e per cercare di dimostrare la loro presenza per dire che Gerusalemme è loro”, ha detto la donna.

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