La Striscia che amiamo

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“Ancora, oggi, ho avuto testimonianza di dove sono, di cosa realmente succede e di quanto sia drammatica la situazione. Ho passato nove mesi in Afganistan raccogliendo cadaveri di uomini donne e bambini, guardando in faccia il dramma di una guerra che sta flagellando la popolazione. Ma l’istinto di sopravvivenza, forse, ti porta sempre a prendere le distanze e a mantenerti distaccata e lontana. Ma quando guardi in faccia un tuo amico, e ti dice cosa gli hanno fatto… boom! Tutta la violenza, tutta l’assurda follia del mondo ti si scaraventano addosso come una furia. E tu ti chiedi: “ma succede davvero? Ma è possibile?”, “ma allora è vero!” E resti inebetita ed incredula a pensare a quello che l’essere umano può fare. A quello che fa! E chiudi gli occhi e ti metti nei panni del tuo amico. E immagini cosa voglia dire… e no! Non può essere! Non si può immaginare. Improvvisamente, come se fino ad ora nulla ti avesse toccato, ti ritrovi a dire: ”È tutto vero! Succede sul serio”. Non è un film. È peggio! Nel tutto… tra lo sconforto, l’incredulità e la maschera di cinismo e professionalità che ti tocca portare, senti che non riesci più neanche a piangere. E vuoi piangere, vuoi piangere come una bambina, perché non è possibile! Non è possibile! Non è possibile. Ma le lacrime non escono e ti sembra di soffocare.” (F.)

“Il Rapporto Goldstone sui crimini di guerra a Gaza ha ricevuto il pieno avallo dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, a New York. Con 114 voti a favore, 18 contrari (tra cui quelli di Israele e Usa) e 44 astenuti, i 192 membri dell’Assemblea hanno approvato una risoluzione di sostegno al Rapporto del giudice sudafricano Richard Goldstone. Il ministro degli esteri israeliano ha dichiarato che Israele rifiuta la Risoluzione che sarebbe “completamente fuori dalla realtà: uno stato ha il diritto di difendersi dal terrorismo”.

“Oggi chi c’era e ha visto e vissuto, come me, cerca di rivolgersi alle coscienze delle persone, perché non siamo in grado di parlare davanti ai tribunali internazionali. Ma verrà il giorno in cui la corte suprema internazionale arriverà a Gaza e farà giustizia.(…) Nel frattempo, attraverso le parole di questo testo, io voglio restituire verità e dignità a coloro che dall’inferno della prigione di Gaza e di tutta la Palestina occupata non hanno potuto e non possono essere ascoltati da chi vive fuori dalle sbarre.” (abuna Musallam, Un parroco all’inferno ed. Paoline, pag.16)

Ecco carissimi amici di BoccheScucite. Tre incipit diversi per quello che potrebbe essere il medesimo racconto di morte e violenza. Una mail di un’operatrice sanitaria coraggiosa e affranta, che non osa nemmeno rivelare il suo nome, perché continuare a lavorare nella Striscia richiede riservatezza, toni bassi. Quasi che salvare vite umane dilaniate da ferite inenarrabili e traumi psicologici di cui davvero noi non immaginiamo la portata, fosse un atto sovversivo. Mentre dovrebbe essere solo motivo di scanto, di sussulto di coscienze rattrappite, venire a conoscere davvero cosa succede ancora oggi a Gaza. E cosa è successo davvero. Eppure F. non rinuncia a raccontare, a farci inorridire e a piangere con lei. Perché sta parlando di persone orrendamente uccise e ferite. Perche dice ciò che vede. Non ciò che è opportuno dire. Violenza denunciata con femminile e infinito, sommesso sgomento.

Una notizia dall’alta politica: il rapporto Goldstone è stato approvato in una risoluzione Onu. Ma Usa, Italia e altri dodici Stati -tra cui Israeledicono ciò che è opportuno. Per i loro giochi politici, per le loro strategie di potere. Ed è evidentemente opportuno per Italia e Germania tra gli altri dire no. E per Francia e Inghilterra astenersi in colpevole silenzio. Violenza compiuta contro i fatti, contro morti e feriti che non possono replicare né con parole né con azioni. Loro non ci sono più. E chi è rimasto viene ignorato da chi non si basa sulla vita e la dignità delle persone, ma sulla pianificazione di equilibrismi pavidi.

Un appello accorato di un parroco, che c’era e ha visto e che nei giorni di Piombo fuso gridava dalla sua comunità di Gaza tutta la sua disperazione. Padre Musallam grida ancora, con voce forte e non rassegnata, ora che dai Territori Palestinesi occupati rivolge il pensiero e la preghiera ai suoi fratelli della Striscia. E ci chiede di trasformare tutta la violenza che ha visto e ha subito insieme al milione e mezzo di palestinesi imprigionati in moto di ribellione e in condivisione di percorsi di pace nuovi, veri, autentici.

Racconta F., e noi accompagniamo le sue parole con il silenzio attonito di chi non c’era, ma percepisce la gravità di quello che tutta questa gente ha subito e sopportato. Racconta ed è un fiume scuro che sgorga da una pozza in ebollizione. Racconta e ci viene da pensare a tutti quelli, potenti o meno, che negando ciò che è accaduto negano il dolore dell’altro, la sua futura memoria. La sua possibilità di dire guardate che è davvero successo. Siamo veri. I nostri morti vivevano, c’erano. Noi esistiamo ancora così, mutilati, senza cibo, senza case, senza lavoro, senza libertà.

Dice F.: “Accompagnando una donna ad una consultazione ortopedica. Mentre la aspettavamo, il marito mi spiega come si è provocata la ferita. Un proiettile le ha attraversato il braccio da parte a parte e le ha frantumato l’omero. Sì… ma poi si è fermato nella testa del figlio di pochi mesi che aveva tra le braccia. Cosa si dice ad un padre che ti mostra sul cellulare la foto del suo bambino con un foro di proiettile nella testa? Niente. Vorresti morire all’istante e basta. Sprofondare, scomparire… io muoio ogni giorno un pochino. La mia dignità di essere umano si lacera e si consuma ad ogni occasione, resta solo la vergogna di appartenere a questa razza a volte.

Ma davanti al dramma di questa gente, siano essi amici o sconosciuti, resta palese una sola cosa: loro non perdono la dignità. Loro non perdono la loro essenza umana. La fierezza con cui incassano ogni colpo, restando umani, è uno schiaffo ad ogni bestia che sta massacrando questo popolo. Il rispetto con cui musulmani e cristiani convivono è uno smacco alla “tolleranza e alla libertà” dei loro aguzzini. E ogni giorno, è un onore stare in questa striscia di terra.

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