La Turchia bloccata alle porte di Bruxelles alla conquista dell’Africa

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tratto da: https://www.remocontro.it/2021/04/17/la-turchia-bloccata-alle-porte-di-bruxelles-alla-conquista-dellafrica/

Remocontro Remocontro  17 Aprile 2021

 

La Turchia che litiga a Bruxelles e ora con Roma, senza troppo dare nell’occhio si espande verso l’Africa: dal 2009 a oggi le ambasciate turche in Africa sono passate da 12 a 40. E gli investimenti e gli scambi commerciali, dai 5, 4 miliardi di dollari nel 2003 sono diventati 26 miliardi di dollari del 2019, con l’obiettivo di raggiungere entro il 2023 i 50 miliardi.

Impero ottomano d’Africa

Crisi economica e della Lira turca, ma Erdogan insiste a fare il Sultano e manda a suoi soldati dopo la Siria in Libia, e non si ferma lì. La Turchia al 2009 ha moltiplicato le sue ambasciate in Africa da 12 a 40. Poi investimenti e scambi commerciali: dai 5,4 miliardi di dollari nel 2003, ai 26 miliardi del 2019, con l’obiettivo entro il 2023 di 50 miliardi. E il 2023 non è anno a caso. E’ il centenario della fondazione della Repubblica turca, sepolto il Padre fondatore Ataturk e il suo laicismo per forza, sarà il centenario della Turchia islamica del Sultanto Erdogan.

Ambasciate, scambi commerciali e voli

Ma Angelo Ravasi su #Africarivista, aggiunge dettagli altrettanto importanti. «Ogni accordo politico negli ultimi anni, è stato inoltre  accompagnato dall’apertura di un collegamento areo, che ha favorito gli sviluppi commerciali creando nuovi sbocchi. Turkish Airlines è diventata il primo vettore per numero di collegamenti con il continente africano, ed è stata – nel 2012 – la prima compagnia non africana a riaprire i collegamenti con Mogadiscio».

Dal Medio Oriente all’Africa

«Dal Medio Oriente all’Africa, la Turchia sta cercando di affermare la propria influenza in una regione in profondo riassetto e ancora fortemente instabile», segnala Valeria Talbot dell’Istituto studi di politica internazionale, l’Ispi. Più partite su tavoli diversi un po’ per ambizione un po’ per necessità. «Non si può negare che la Turchia sia uno degli attori più attivi e dello scacchiere mediorientale e che la sua politica muscolare, dalla Siria alla Libia fino alle controverse esplorazioni energetiche al largo di Cipro, abbia sollevato non pochi interrogativi, e timori, negli altri paesi della regione e nelle potenze occidentali».

Troppi muscoli crescono i nemici

Dal “zero problemi con i vicini”, a una Turchia sempre più aggressiva e islamizzata a sostegno della Fratellanza musulmana. E a non fidarsi più ora sono in molti. «Rottura delle relazioni diplomatiche con l’Egitto di Abdel Fattah al-Sisi, allontanamento da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, accesi oppositori del movimento, e allineamento con il Qatar, una politica “win-win” per entrambi: sostegno militare turco al piccolo emirato da un lato, capitali qatarini all’economia turca in affanno dall’altro».

Crisi turca, il Sultano senza una lira?

Eppure l’Erdogan-economy si sta sgretolando, come ha osservato Alberto Negri anche su Remocontro. O forse è proprio per questo che ora la Turchia rivolge il suo sguardo altrove, trattando con l’avara ( e impoverita) Europa per ricavarne ancora qualche utile, magari sul fronte migranti da Siria e centrasia. «Le imprese militari in Siria, Libia, in Africa e nel Caucaso e le tensioni nel Mediterraneo con l’Europa siano anche armi di distrazione di massa per gli 80 milioni di turchi precipitati nella peggiore crisi». Poi il contrasto con Biden sugli S-400 e gli affari nel gas con Mosca.

Erdogan l’africano, dittatore o meno

E le tensioni tra Roma e Ankara per le dichiarazioni di Draghi su Erdogan dittatore, sembrano quasi una cattiveria voluta per una Turchia sempre più guastafeste e in Africa. «Dalla Libia alla Somalia, dal Gambia al Senegal». Angelo Ravasi osserva come Erdogan usa l’arma della comune appartenenza religiosa. In Gambia ha inaugurato una moschea e diverse scuole. Ma è in Somalia dove la presenza turca spicca per attivismo. Ed è qui, oltre che in Libia, che Erdogan vuole esercitare la sua influenza.

Dopo la Libia la Somalia

«Mogadiscio ha proposto ad Ankara di avviare operazioni di ricerca di petrolio al largo delle coste. E il sultano non ha rifiutato, inviando la Turkish Petroleum Corporation.  Non a caso la più grande ambasciata in Africa è proprio a Mogadiscio, come pure la più grande base militare all’estero di Ankara.  Una struttura costata 50 milioni di dollari, grande più di quattro chilometri quadrati. L’obiettivo – come sostiene l’ambasciatore turco a Mogadiscio, Mehmet Yilmaza – è quello di addestrare un terzo delle forze armate somale».

 E poi c’è un sogno (per altri un incubo): creare un esercito somalo di lingua turca.

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