06/02/2012
Syria’s President Bashar Al Assad – Gulf News archive
Original Version: Russia defending interests in Mideast
Se il regime di Assad in Siria dovesse cadere, ciò potrebbe incoraggiare l’opposizione popolare interna alla Russia, e per Mosca potrebbero cambiare gli equilibri di potere dall’Asia centrale al Medio Oriente – sostiene l’accademico siriano Marwan Kabalan
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Per la seconda volta in quattro mesi, la Russia ha posto il veto a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che condanna l’approccio del regime siriano nei confronti del movimento di protesta. Ai primi di ottobre, Mosca aveva silurato un tentativo di punire il governo siriano per aver violato i diritti dell’uomo e commesso crimini contro l’umanità. La dura opposizione della Russia a qualsiasi tipo di azione contro Damasco è sconcertante per molti osservatori. Le ambigue motivazioni che si nascondono dietro la posizione russa sono il fattore chiave alla base di questa confusione.
Durante la Guerra Fredda, ad esempio, il sostegno russo alla Siria era facile da comprendere. Esso era quasi esclusivamente motivato dalla grande rivalità di Mosca con gli Stati Uniti e coinvolgeva riconoscibili interessi nazionali. All’ombra del bipolarismo della Guerra Fredda, sia l’Unione Sovietica che gli Stati Uniti cercarono clienti regionali per rafforzare la propria posizione nei confronti dell’altro, in una lotta per la supremazia mondiale.
In un simile clima, la caduta di uno Stato satellite era considerata una sconfitta per la potenza protettrice. I motivi che stanno dietro l’attuale posizione russa, invece, non sono particolarmente chiari, e di conseguenza gli analisti sembrano tentennare quando viene chiesto loro di spiegare la politica russa. Sebbene la Guerra Fredda si sia conclusa più di due decenni fa e la situazione da allora sia cambiata radicalmente, la maggior parte degli analisti tende a spiegare la posizione russa riguardo alla crisi siriana in una prospettiva storica, e di conseguenza prevede un ritorno della spaccatura che esisteva ai tempi della Guerra Fredda.
Opposizione interna e paure regionali
In realtà, se si eccettua l’arsenale nucleare del Cremlino e il fatto che Mosca è un membro permanente del Consiglio di Sicurezza, la Russia manca oggi di alcune delle principali caratteristiche di una superpotenza. Il suo PIL, ad esempio, è solo un decimo di quello degli Stati Uniti – pari a circa 14.500 miliardi di dollari. Ma esso è molto indietro anche rispetto alla Cina – la seconda economia più grande del mondo con un PIL pari a circa 5.800 miliardi di dollari. La popolazione russa è in calo. Quando la Guerra Fredda si concluse nel 1991, la Russia aveva una popolazione di 163 milioni di persone. Oggi la sua popolazione è scesa a circa 147 milioni, ed è destinata a subire un ulteriore declino.
Sulla base di quanto detto fin qui, l’appoggio della Russia al regime siriano deve essere considerato in termini difensivi, piuttosto che come il risultato di una politica aggressiva. La posizione della Russia sulla crisi siriana ha due aspetti: un aspetto interno ed uno esterno.
Sul fronte interno, il governo russo teme la rapida ascesa del movimento di opposizione dopo le elezioni parlamentari dei primi di dicembre, che sono state segnate da frodi e brogli. Il primo ministro Vladimir Putin, che sta inseguendo un ritorno alla presidenza il mese prossimo, sembra essersi convinto che qualunque protesta popolare in qualsiasi parte del mondo, e specialmente in Medio Oriente, sia sostenuta dagli Stati Uniti, e possa avere un effetto domino e, quindi, essere di ispirazione alla sua opposizione interna. Più egli si avvicina alle elezioni di marzo, quindi, più farà resistenza al fine di evitare una vittoria dell’opposizione in Siria. Putin in realtà sta difendendo se stesso, non il regime siriano.
Sul fronte esterno, fin dal crollo dell’Unione Sovietica Mosca sta lottando per impedire agli Stati Uniti di penetrare la sua cintura strategica nel Caucaso e in Asia centrale. Anche se la Russia ha mantenuto la propria influenza su gran parte delle repubbliche ex sovietiche che aveva in precedenza perso a vantaggio degli Stati Uniti, Mosca rimane assolutamente infastidita dall’espansione della NATO in gran parte dell’Europa dell’Est e verso le frontiere occidentali russe. Il dispiegamento dello scudo di difesa americano in Europa orientale e in Turchia è anch’esso una questione di grande preoccupazione per Mosca. Opporsi alle politiche occidentali in Siria è un modo per denunciare le ingerenze occidentali nella sfera d’influenza della Russia e la scarsa considerazione dell’Occidente per i suoi interessi nazionali in molte altre parti del mondo – e ultimamente in Libia.
Infine, Mosca sembra essere preoccupata per l’ascesa dell’influenza turca in Medio Oriente, nei Balcani, in Asia centrale e nel Caucaso. Con un terzo della propria popolazione che è di fede musulmana, la Russia considera le politiche della Turchia, specialmente sotto il governo di ispirazione islamica dell’AKP, con grande sospetto. La Turchia sta promuovendo se stessa come un modello di Islam liberale nel mondo islamico, e con l’ascesa delle forze islamiche in tutti i paesi arabi che finora hanno assistito a un cambiamento, la Turchia sta agendo o presentandosi come guida di queste forze.
Tenendo conto dell’inimicizia storica tra l’Impero Ottomano musulmano sunnita e la Russia cristiana, Mosca è assolutamente preoccupata dell’ascesa della Turchia e della sua interpretazione dell’Islam. Se dovesse cadere anche il regime di Damasco, la Turchia, che ha apertamente sostenuto l’opposizione siriana, è destinata a trarne i maggiori benefici. Per Mosca, ciò cambierà radicalmente gli equilibri di potere in una regione che si estende dall’Asia centrale al Medio Oriente, e dai Balcani e dal Caucaso al Golfo. Visto che si indebolisce anche la posizione dell’Iran, la Russia, che tenta di presentarsi come un moderatore tra Teheran e l’Occidente, diventerà anch’essa irrilevante. La rinnovata assertività della Russia deve quindi essere compresa all’interno di questo contesto: l’appoggio russo al regime siriano, in effetti, ha più a che fare con la difesa degli interessi russi che non con il sostegno agli interessi di Damasco.
Marwan Kabalan è preside della Facoltà di Diplomazia e Relazioni Internazionali dell’Università di Kalamoon, con sede a Damasco
(Traduzione di Roberto Iannuzzi)
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