Leaders europei: è il momento di riconoscere lo Stato di Palestina! di Akiva Eldar

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26 ex dirigenti della Unione europea chiedono misure forti nei confronti di Israele come risposta alla sua politica di colonizzazione e estensione degli insediamenti e il suo rifiuto di rispettare il diritto internazionale.
In una lettera inusuale inviata giovedì scorso alla Presidenza della Unione Europea e ai Governi dei 27 Stati membri, i firmatari – tra cui ex capi di Stato, ministri e capi di organizzazioni europee, criticano le politiche di Israele.
Il documento, con un linguaggio piuttosto duro, si unisce alla decisione dei governi di alcuni paesi dell’America Latina, tra cui Brasile e Argentina, di riconoscere lo Stato di Palestina all’interno dei confini del 1967 (prima della guerra). Il Consiglio della Unione europea aveva stabilito di sostenere la decisione della Autorità palestinese di definire uno Stato indipendente e di mettere fine all’occupazione. Il momento dell’invio di questa lettera è anche legato all’annuncio della Amministrazione degli Stati Uniti del fallimento dei negoziati con Israele sulla estensione del congelamento della costruzione delle colonie. I leaders europei sostengono gli sforzi palestinesi di raccogliere sostegno internazionale per il riconoscimento di uno Stato indipendente palestinese in alternativa a negoziati che si trovano a un punto morto. E osservano che i palestinesi non possono aspettarsi di essere in grado di realizzare uno Stato indipendente senza l’assistenza internazionale politica e economica. Per questo fanno appello alla Unione Europea perché giochi un ruolo più efficace e attivo nei confronti degli Stati Uniti, di Israele e di altri.
Inoltre propongono che la Unione europea annunci che non accetterà alcun cambiamento unilaterale ai confini del 1967 portato avanti da Israele contro il diritto internazionale e che lo Stato Palestinese dovrà coprire un’area della stessa misura di quella occupata nel 1967. Questo dovrà anche comprendere una capitale a Gerusalemme est. Infine raccomandano che la Unione europea appoggi solo limitati scambi di terra sui quali ci sia l’accordo delle due parti.

Haaretz, 10 dicembre 2010

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