L’esercito di occupazione israeliana uccide altri 2 bambini palestinesi a Gaza

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23/03/2011
 Il mio racconto di ieri per Peacereporter: 

 

In Libia bombardamenti umanitari targati ONU, in Yemen gas nervino e cecchini contro i manifestanti, in Bahrein carri armati sauditi con licenza di strage suscitano il biasimo generale, mentre in Palestina l’ennesimo bagno di sangue perpetrato dalla cosiddetta unica democrazia del medio oriente scivola ordinariamente in secondo piano.

Ieri notte massicci bombardamenti lungo la Striscia a Gaza city, Rafah e Khan Younis,  hanno causato secondo fonti mediche 18 feriti, 7 dei quali bambini e 2 donne.

Questa mattina carri armati israeliani hanno invaso est di Gaza city aprendo il fuoco: un  ferito. Nello stesso momento un drone (UCAV) bombardava a est di Shuajaiyeh ferendo gravemente alcuni guerriglieri della resistenza.

Queste ultime vittime si sommano ai 5 feriti di sabato mattina, fra i quali un infante di 3 anni colpito alla testa da schegge di esplosivo a Rafah, sud della Striscia e soprattutto si aggiungono all’uccisione di 2 bambini sabato sera.

Attacchi indiscriminati contro la popolazione civile di Gaza in seguito al lancio nel deserto del Negev, in territorio israeliano, sempre nella giornata di sabato, di una cinquantina di colpi di mortaio da parte delle Brigate Ezzedin alQassam, braccio armato di Hamas, lancio che aveva  provocato 2 feriti lievi.

Hamas che non sparava più un colpo contro obbiettivi israeliani da mesi, che in pratica aveva disarmato la sua resistenza e continuamente tramite il premier Ismail Hanye invitava le altre fazioni a fare altrettanto, decideva questo nuovo attacco mentre a Gaza city la sua polizia reprimeva nel sangue  le manifestazione pacifiche dei giovani di Gaza per la fine delle divisioni,  assalendo brutalmente anche i giornalisti di testate straniere come Reuters, France Television e Associated Press (secondo quanto denunciato dall’autorevole PCHR), e soprattutto, contemporaneamente ai primi contatti fra rappresentanti del governo di Gaza e Fatah col preciso intento di avvicinare le parti verso l’unità nazionale.

Evidentemente, questi eventi concatenati dimostrano come vi è una forte frangia all’interno di Hamas che lavora assiduamente affinché le divisioni interpalestinesi restino così come sono. Oggi che l’oppressione israeliana a Gaza si sta mostrando con tutta la sua spietatezza, ecco che Hamas è tornato a chiedere responsabilmente a viva voce, un coprifuoco.

Fino all’ultimo ho avuto il dubbio se scaricare le foto delle ultime vittime dell’occupazione e inviarle a Peacereporter.

Sono ciò che rimane di Mohammed Issa Faraj Allah 16 anni e Qasem Salah Abu Uteiwi, 15 anni, uccisi sabato sera mentre stavano giocando a Est del villaggio di Juhr Addik,  circa a 300 metri dal confine nel centro della Striscia di Gaza.

Un carro armato israeliano ha sparato contro di loro più di venti missili.

Mi sono recato ieri a portare le condoglianze alle famiglie dei 2 bambini nel campo profughi di Nuseirat.

“Non sono tornati a casa la sera, eravamo tutti in pena, specie dopo che abbiamo udito i bombardamenti. Quando la mattina seguente  ci è arrivata la notizia che all’ospedale al Shifa avevano portato 2 corpi di civili, sono corso immediatamente e nel frigorifero dell’obitorio ho riconosciuto Qasem. O quello che restava di lui, senza più un braccio, senza più un dente in bocca.”

Così Khaled, un cugino della vittima.

I Faraj Allah sono una famiglia poverissima, e a Khaled durante Piombo Fuso l’esercito israeliano ha distrutto  la casa e circa 3 dunum di terra. Sua sorella, Ayat, è stata colpita al torace da un cecchino agli inizi di gennaio 2009.

Sotto il tendone che raccoglie parenti e amici in una veglia funebre, il padre di Mohmmed si è rivolto verso di me: “Non hanno coscienza, non hanno leggi, possono fare di noi quello che vogliono. L’Onu che ha  prontamente approvato una risoluzione per attaccare la Libia, ha messo il veto contro la condanna a Israele per il crimine delle sue colonie in Palestina, e questo ha esacerbato gli animi. La chiamano guerra al terrorismo, ma dovrebbero rinominarla guerra al terrorismo arabo, perché il terrorismo israeliano non si tocca.” Continua il padre del bambino ucciso:

“Ho lavorato 12 anni in Israele, e questa è la gratifica. I fratelli di Mohammed hanno visto le foto del suo cadavere in quello stato, e chiedono vendetta. Sono queste le ragioni del conflitto”.

Mentre uno dei ragazzini che mi circondano aziona il suo bluetooth per passarmi sul cellulare quelle terribili foto, leggo nei suoi occhi e in tutti gli occhi dei bambini che mi scrutano quello che il padre della vittima mi ha appena  spiegato, quel fuoco che un domani potrebbe ardere Israele se a questa gente non viene restituita  libertà e giustizia.

 

Restiamo Umani.

Vittorio Arrigoni da Gaza city

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