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L’Europa ai palestinesi: niente aiuti se non fate la pace…

E’ una forma di pressione sui palestinesi affinché accettino qualsiasi accordo con Israele (Al Sharq al Awsat).

L’Europa ci riprova. Nelle scorse settimane fonti dell’Ue avevano avvertito l’Autorità nazionale palestinese (Anp) che l’Europa ridurrà sensibilmente il suo aiuto finanziario annuale al governo di Ramallah (circa 600 milioni di euro) se non ci saranno progressi nelle trattative tra Israele e Anp. Nei giorni scorsi, rivela il quotidiano arabo internazionale al Sharq al Awsat, invece sono stati funzionari governativi francesi ad annunciare al premier dell’Anp Salam Fayyad che non ci sarà una conferenza di Parigi 2 se non verranno raggiunti risultati al tavolo del negoziato israelo-palestinese.
Il nuovo avvertimento, scrive il giornale, è stato lanciato durante il recente incontro sulla attuazione delle decisioni prese alla Conferenza di Parigi che vide nel dicembre del 2007 circa 70 paesi offrire oltre 7 miliardi di dollari all’Anp e al suo presidente Abu Mazen. Nel corso degli ultimi colloqui, ai quali hanno preso parte oltre al ministro degli esteri francese Bernard Kouchner, anche l’Alto rappresentante della politica estera dell’Ue Catherine Ashton, l’inviato del Quartetto per il Medio Oriente (Usa, Russia, Ue e Onu) Tony Blair e i ministri degli esteri di Egitto e Norvegia, alcuni alti funzionari del ministero degli esteri francese hanno «comunicato» al premier palestinese Salam Fayyad che non ci sarà una Parigi 2 se prima non verranno raggiunti risultati concreti al tavolo delle trattative.
Il secco avvertimento è stato spiegato dai funzionari francesi con la necessità di «creare delle basi» per la nascita dello Stato palestinese e di evitare che gli aiuti europei finiscano per alimentare la «pace economica» cara al premier israeliano Benyamin Netanyahu. La spiegazione risulta però poco convincente perché una riduzione dell’aiuto finanziario europeo finirebbe per colpire soltanto l’Anp, largamente dipendente dai fondi internazionali, e che, di fatto, è controllata da Unione europea e Stati Uniti. Le pressioni perciò appaiono finalizzate a costringere l’Anp a rinunciare alle condizioni che ha posto per avviare un negoziato diretto con Israele e ad accettare un rapido accordo con il governo Netanyahu, anche se svantaggioso per i palestinesi.
Al momento è in corso un negoziato indiretto tra Israele e Anp, reso possibile dalla mediazione dell’inviato americano George Mitchell. Sino ad oggi però questa trattativa, fortemente voluta dall’Amministrazione Obama, non ha prodotto alcun risultato. L’Anp, almeno in apparenza, chiede garanzie precise sui tempi e le finalità del negoziato prima di accettare il passaggio a colloqui diretti con Israele, a cominciare dall’interruzione di tutte le costruzioni negli insediamenti colonici israeliani in Cisgiordania.

Nena News
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