LIBIA: L’INFERNO DEI MIGRANTI

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VENERDÌ 22 MARZO 2019

Per il ministro dell’Interno Matteo Salvini la Libia è un “porto sicuro” in cui riportare i migranti soccorsi nel Mediterraneo. La loro destinazione sono i centri di detenzione gestiti, di fatto, da criminali e trafficanti. Inferni in cui, secondo l’ultimo rapporto di Medici senza frontiere, si registrano anche “livelli di malnutrizione allarmanti”.

di Giacomo Quartaroli

Intervenendo in parlamento, alla viglia del voto al Senato sul caso Diciotti, il 20 marzo, il primo ministro Giuseppe Conte ha elogiato la strategia del suo governo in materia di immigrazione, definendola «articolata, strutturata e multilivello».

Il premier ha ribadito che l’esecutivo si sta impegnando perché «la gestione dei flussi sia affrontata in modo strutturale e non emergenziale, (..) attraverso la cooperazione con i paesi di origine e di transito, perché di fronte all’emergenza siamo tutti perdenti».

Se di fronte all’emergenza siamo tutti perdenti, la responsabilità della sconfitta che si sta consumando nei centri di detenzione libici, in cui si assiste ad una costante violazione dei diritti fondamentali, è però in gran parte del governo italiano che ha individuato nella permanenza dei migranti in Libia, la soluzione al fenomeno migratorio.

Sulla scia del report pubblicato lo scorso gennaio da Human rigths watch che denunciava un “inferno senza scampo” con “abusi estremi” sui migranti, il nuovo dossier di Medici senza frontiere (Msf), infatti, fa luce sulle condizioni di malnutrizione all’interno dei centri di detenzione. Gli operatori di Msf hanno riferito che all’interno del centro di Sabaa, situato nel quartiere centrale al-Judeida a Tripoli e gestito dal Dipartimento per la lotta alla migrazione illegale (Dcim), si registrano “livelli di malnutrizione allarmanti”.

Quasi un quarto degli oltre 300 migranti detenuti, tra cui più di cento minori, sono malnutriti o sottopeso poiché il cibo viene distribuito ogni due o tre giorni. La carenza di cibo compromette anche l’efficacia dei regimi di trattamento di diverse patologie, tra cui anche la tubercolosi. Nel rapporto infatti, si sottolineano i pericoli derivanti dall’assunzione dei medicinali previsti dai piani terapeutici, in assenza di un supporto alimentare sufficiente.

Oltre alla questione alimentare, dal dossier si evince che anche gli spazi non sono adeguati. Medici senza frontiere riferisce che “le équipe mediche osservano regolarmente la mancanza di infrastrutture di base, come servizi igienici, ripari, elettricità, illuminazione, riscaldamento e ventilazione adeguata”.

Karline Kleijer, responsabile delle emergenze di Msf ha dichiarato che «ciò che vediamo oggi a Sabaa è sintomatico di un sistema incontrollato, ingiustificato e spericolato che mette a rischio la vita di profughi e migranti». «Il fatto che anche l’Europa stia contribuendo a questa sofferenza attraverso politiche che impongono alle persone salvate in mare il rientro forzato in centri di detenzione inumani è assolutamente inconcepibile», ha concluso Kleijer.

Il rapporto dell’organizzazione medica internazionale arriva a ridosso di una direttiva, emanata il 19 marzo, nella quale il ministro dell’Interno Salvini spiega anche che le ong impegnate nel salvataggio di migranti in mare e dirette poi in Italia, violano le regole sul place of safety, il “porto sicuro”, ovvero, la Libia.

Su questo è intervenuto Marco Bertotto, responsabile advocacy di Medici senza frontiere, che ha rimarcato la responsabilità italiana per quanto sta accadendo: «per la prima volta in questi giorni leggiamo in un testo scritto che la Libia è un “porto sicuro” secondo le autorità italiane. Ma le leggi internazionali e marittime, numerosi rapporti delle Nazioni Unite, e quanto testimoniano i nostri medici nei centri di detenzione, affermano esattamente il contrario». «Serve al più presto un meccanismo europeo che rispetti il diritto internazionale, gli obblighi del soccorso in mare e soprattutto la dignità, i bisogni e la vita di chi fugge», ha proseguito Bertotto, mentre «oggi l’unica soluzione offerta dall’Europa e dall’Italia ai migranti è la Libia, ma la Libia non può in alcun modo essere una soluzione».

 

 

LIBIA: L’INFERNO DEI MIGRANTI

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