admin | October 22nd, 2011 – 12:18 pm
Ricordate la strage dei copti del 9 ottobre al Cairo? Ricordate che la mano dura delle forze armate egiziane avvenne proprio sotto la sede della tv di stato egiziana, a Maspero, sulla corniche? Ricordate, poi, le pesanti e diffuse accuse alla tv di stato egiziana di non aver seguito gli eventi con la dovuta neutralità? E la richiesta di epurare una delle istituzioni-pilastro del regime di Hosni Mubarak?
Non sono passate neanche due settimane, dai fatti del 9 ottobre, e la questione dell’informazione televisiva diventa il nodo della rivoluzione del 25 gennaio e della possibilità che riesca a superare le secche di una transizione gestita dalle alte gerarchie militari. Il fatto di cronaca è avvenuto giovedì scorso, e da quel momento di tv se ne fa un gran parlare, al Cairo. Yosri Fouda, uno dei più noti giornalisti egiziani, ha sospeso sino a data da destinarsi il suo talk show, uno dei più seguiti in Egitto, Akher kalam. Non vuole soggiacere ai “continui attacchi della censura”. Una mossa politicamente importante, quella di Fouda, soprattutto perché è nata sulla decisione, all’ultimo momento, di non trasmettere la puntata di giovedì sera.
I suoi due ospiti dovevano essere Ala al Aswani e Ibrahim Eissa: due delle figure più autorevoli dell’opposizione al regime Mubarak, prima, e poi due tra i protagonisti – anche mediatici – della rivoluzione. Aswani ed Eissa dovevano commentare la puntata del giorno prima, in cui due tra i componenti del Consiglio Militare Supremo (SCAF) avevano concesso due interviste. Di punto in bianco, la trasmissione è stata però cancellata. Un fatto che lo stesso Aswani imputa alle “misure repressive in corso contro i media”, dopo, peraltro, gli attacchi ad Al Jazeera Mubasher e al Hurra tv, due emittenti non controllate dallo SCAF.
C’erano anche fondate ragioni – si fa per dire – dietro alla paura dell’accoppiata Fouda-Aswani. Nella stessa trasmissione, Aswani aveva costretto un primo ministro nell’angolo, tanto da essere dimissionato la notte stessa dallo SCAF (e Aswani lo racconta nel suo La Rivoluzione Egiziana, pubblicato lo scorso mese da Feltrinelli).
Uno dei nodi della transizione, e cioè il controllo dei media, arriva al pettine, dunque, a poco più di un mese dalle elezioni politiche. E la reazione di Piazza Tahrir, e cioè di coloro che hanno fatto la rivoluzione, non si è fatta attendere. Anzitutto, continua la pressione per epurare la tv di Stato, che ha ricevuto anche una reprimenda dalla EBU, l’ente che riunisce le tv europee, per il modo in cui ha coperto la strage del 9 ottobre. Quelle che potremmo definire le ‘forze rivoluzionarie’ in Egitto continuano, poi, la collazione dei video e delle testimonianze, per dimostrare le responsabilità delle forze armate.
La notizia di oggi, però, è un’altra. Gli esponenti di punta delle forze rivoluzionarie, quelli di Tahrir, insomma, hanno deciso di aprire una tv su internet. E il nome della tv è già di per sé un programma, visto che è lo slogan panarabo delle rivoluzioni: al shab yurid, il popolo pretende. Elsha3byoreed è la testata, e domani ci sarà – sembra – una riunione per darle una forma legale, e tentare di capire come finanziarla. Per ora, su twitter, la discussione sembra concentrarsi sul finanziamento diffuso. Una sorta di tv del popolo, da contrapporre alla tv di Stato. Davide contro Golia, certo. Ma i ragazzi di Tahrir hanno dimostrato ampiamente di non aver paura di questi confronti. Sinora li hanno vinti…
Lo scontro si fa duro, al Cairo. E comincia dalla televisione.
http://invisiblearabs.com/?p=3767
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