Rai Parlamento, pomeriggio del 26 ottobre. Va in onda il question time riguardante la risoluzione Unesco ‘Palestina occupata’ e le posizioni assunte al riguardo dal governo italiano.
Intanto, cari amici, avete avuto modo di leggerla, questa risoluzione? Vale davvero la pena: vi si trova tutto l’impegno e diremmo anche tutta l’impotenza provata dai funzionari e dagli esperti difensori del patrimonio artistico e culturale dell’umanità, che si sono trovati a lavorare a Gerusalemme est, quindi in territorio palestinese occupato. E hanno toccato con mano cosa ‘Israele, Stato occupante’, come si afferma nella risoluzione, fa per impedire che in particolare i luoghi del ‘complesso Al-Aqṣa Mosque/Al-Ḥaram’ vengano preservati, recuperati e resi fruibili dalla popolazione. Tutto qui. Scandalo. ‘Stato occupante’ ad ogni citazione dello stato israeliano? Locuzione proibita. E invece no: locuzione doverosa, quando si vuole ricordare che uno stato che occupa ha dei doveri ben precisi nei confronti del territorio che – appunto- occupa. Invece il portavoce del ministro degli esteri israeliano, oltre a definire ‘spazzatura’ la risoluzione, ha reclamato Gerusalemme come città ebraica, negandole implicitamente lo status di occupata.
I luoghi in questione sono nominati solo in arabo. E in che altra lingua? Si tratta della moschea: l’Unesco chiede di poter accedere e lavorare in serenità in moschea e nei luoghi adiacenti, che si trovano a Gerusalemme est, futura capitale dello stato palestinese. E lo fa nel rispetto delle leggi internazionali e specificando, al punto tre della risoluzione, che agisce solo per le questioni che le competono. E che certo si intrecciano con questioni politiche, ma che lo sa e rispetta i ruoli:
“Affermando l’importanza che Gerusalemme e le proprie mura detengono per le tre religioni monoteiste, anche affermando che in nessun modo la presente risoluzione, che intende salvaguardare il patrimonio culturale della Palestina e di Gerusalemme Est, influenzerà le risoluzioni prese in considerazione dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e le risoluzioni relative allo status legale di Palestina e Gerusalemme”
E torniamo dunque al question time nostrano.
Ringraziamo Erasmo Palazzotto di Sinistra Italiana – SEL, che rintuzza subito le pasticciate considerazioni del ministro Gentiloni (“ vi è la necessità di portare avanti la strategia due stati, due popoli… la prospettiva negoziale ha subìto rallentamenti… il riconoscimento formale dello stato palestinese deve essere dentro un percorso…”) che finalmente getta la maschera e non lo sa: “il riconoscimento deve avvenire al momento opportuno e alle opportune condizioni”. Eccoci qua. Altro che Unesco allucinante, come ha affermato il nostro premier. “Quando mai- dice Palazzotto e noi con lui- quando mai Renzi e questo governo hanno trovato il momento opportuno di esprimersi sull’occupazione? Questo – e altri governi in passato- hanno mai preso posizione dicendo che Gerusalemme è capitale futura di entrambi gli stati, così come è riconosciuto dalle risoluzioni Onu, e non dai filo palestinesi tout court?”
Lo ha fatto l’Unesco, ma solo perché il suo lavoro si è scontrato contro il muro di ingiustizie allucinanti subite da tutti coloro che lavorano per il rispetto della legalità tra i due popoli. Ovvio che si è andata a scontrare con l’occupazione: essa permea ogni ambito della vita dei territori occupati. E Gerusalemme est ne è uno dei luoghi e nodi cruciali.
Ma Gentiloni passa sopra tutto questo e rincuora chi vede nell’Unesco un possibile distruttore di ‘radici’: “non sono una novità queste risoluzioni Unesco. È dal 2010 che vanno avanti. E dal 2014 che negano le radici ebraiche del monte del tempio”! “Le tensioni non giustificano il negare la storia e la realtà” e poi rassicura: “se le proposte resteranno sullo stesso tono l’Italia, invece di astenersi come ora, ad aprile voterà contro”. E Fiano (PD) e Parisi con Rabino (SCCI E MAIE) ne sono felici: “Non può sfuggire l’attualità di queste risoluzioni pretestuose e strumentali. Il governo italiano deve indurre alla riflessione sull’opportunità che l’Unesco si occupi di politica, quando invece deve occuparsi di cultura e dialogo tra i popoli”(Rabino). E noi diciamo: appunto, questo sta facendo. E aggiungiamo: e comunque occuparsi di cultura e dialogo è fare politica, buona politica. E denunciare quando non si riesce a lavorare e si constata sul campo che i fruitori del bene artistico, culturale e religioso che si cerca di salvaguardare non possono beneficiarne è conseguentemente doveroso. Ma ‘nessuna pace sarà mai aiutata dalla falsificazione della storia –incalza Fiano – Gerusalemme – afferma credendo evidentemente di contrastare Unesco che l’ha invece ribadito- è sede delle radici di tre religioni. Raccontare una storia falsa non aiuta nessuno.” Ma quale storia falsa? Continuiamo a chiederci. E perché attribuire volontà di interferenze politiche all’Unesco, mentre invece la si esercita nel più insinuante dei modi? “L’Unesco deve fare l’Unesco”, chiosa infine e tautologicamente il ministro, invece di concentrarsi sul patrimonio culturale diventa cassa di risonanza di un conflitto di natura politico religiosa. Noi lavoreremo per sostenere gli Usa.” Non avevamo dubbi.
Vi preghiamo, amici! Prendetevi due minuti e leggete la risoluzione. Rimarrete con noi sconcertati da come i personaggi di cui sopra hanno distorto l’ennesimo tentativo di difendere diritti e libertà. Anche quelli dell’Unesco.
BoccheScucite
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Ho sempre ammirato le prese di posizione dell’on. Fiano e capisco che come ebreo sia imbarazzato in questo caso. Ma aveva letto bene la dichiarazione UNESCO? Se avesse visto che le moschee in questione fossero state nominate in termini ebraici (quali trattandosi indubbiamente di entità arabe??) e fosse stato considerato definito uno status quo territoriale a livello ONU certamente non definito, aperto avrebbe chiesto di rettificare?
Non si può mancare d’obiettività nel Parlamento Italiano, come non lo fanno molti cittadini israeliani, in opposizione al loro stesso Governo attuale. Shalom!