Maratona di Betlemme: liberi di correre, ma solo in Area A

439

Gli organizzatori decidono di non sforare in Area C: “Una scelta politica, vogliamo mostrare le restrizioni imposte da Israele”. Donne quasi la metà dei corridori. FOTO

adminSito   lunedì 22 aprile 2013 07:29
immagine2

La maratona arriva al campo profughi di Aida (Foto: Emma Mancini/Nena News)

immagine1

di Emma Mancini

Betlemme, 22 aprile 2013, Nena News – Correre per un diritto, quello al movimento, chimera nei Territori Palestinesi divisi da Muri, chiusi da checkpoint e separati in enclavi e bantustan. Ieri a rivendicare un diritto umano fondamentale sono stati oltre 650 tra palestinesi e internazionali, nella prima maratona di Palestina, “Right to Movement – Palestine Marathon”.

Teatro della manifestazione è stata Betlemme, i suoi campi profughi, la Chiesa della Natività e il Muro di Separazione che nella città cristiana arriva ad otto metri di altezza. Quarantadue chilometri, tutti di corsa, tutti in Area A. Una scelta quella di mantenersi all’interno dell’area – che gli Accordi di Oslo attribuiscono al controllo civile e militare dell’Autorità Palestina – che deriva da una presa di posizione politica.

Secondo gli organizzatori, infatti, non sforare in Area B e Area C è la vera sfida alle autorità israeliane. Eppure, forse, lo spingersi oltre le linee tracciate unilateralmente dal governo di Tel Aviv avrebbe avuto un significato politico molto più stringente. Ne chiediamo la ragione ad una delle organizzatrici, Mahera Al Jamal, rappresentante dell’Alto Consiglio per i Giovani e lo Sport di Ramallah.

“Dopo aver ricevuto la proposta di organizzare la prima maratona palestinese da due ragazze danesi e dall’associazione ‘Right to Movement’, abbiamo scelto Betlemme come teatro della maratona – spiega a Nena News Mahera Al Jamal – In Cisgiordania non esiste un luogo in Area A abbastanza ampio dove poter svolgere una corsa di 42 km. Per questo i corridori sono passati quattro o cinque volte per gli stessi posti. In questo modo intendiamo inviare un messaggio: i palestinesi non godono del diritto al movimento, qui non esiste e oltre l’Area A tale diritto si restringe ulteriormente”.

“Passare accanto al Checkpoint 300, che divide Betlemme da Gerusalemme, e vicino al Muro – continua Al Jamal – rende concretamente visibile tale separazione. Se avessimo corso in Area B e Area C, l’esercito israeliano avrebbe bloccato la maratona”.

Un modo, forse, per sfidare l’occupazione e mostrare alla comunità internazionale come anche lo sport sia una conquista quasi impossibile sotto il regime israeliano, chiediamo a Al Jamal. Risponde: “Non credo. Se ci avessero fermato, non avrebbe ottenuto nulla. Il nostro messaggio è politico, sì, ma volevamo anche permettere al popolo palestinese di divertirsi, di fare sport in libertà”.

E la Palestina ha risposto. Alla fine è stata un festa, seppur sotto la pioggia. Per le strade di Betlemme ci sono uomini, donne, bambini, famiglie intere. Chi in tuta, chi con la maglietta di Messi, chi con la bandiera della Palestina legata alla fronte. La manifestazione si apre con il discorso di benvenuto del sindaco di Betlemme, Vera Baboun, e il falco di Fatah Jibril Rajoub, presidente del Comitato Olimpico Palestinese, uno dei principali sponsor della maratona.

Alla fine a vincere sono tre palestinesi nella gara maschile (primo classificato Abed El Naser Awajneh di Gerico sotto le 3 ore e 10 minuti) e una palestinese, un’americana e un’inglese in quella femminile (al primo posto la palestinese Christine Gebler con 3 ore e 36 minuti).

Tanti i partecipanti che affollano Manger Square, oltre 650, di cui 400 palestinesi provenienti da tutta la Palestina storica: Cisgiordania, Gerusalemme, Palestina ’48 (l’attuale Stato di Israele). Mancano i 28 atleti di Gaza, bloccati nella Striscia dalle autorità israeliane che hanno negato loro il permesso di entrare in Cisgiordania.Senza alcuna spiegazione. Tra loro, anche Nader al-Masri, atleta gazawi di Beit Hanoun, che ha partecipato alle Olimpiadi di Pechino nel 2008 nei 5mila metri.

Altro esempio della violenta negazione di quel diritto al movimento che la Palestine Marathon intendeva rivendicare. Ma se non ci sono i palestinesi di Gaza, ci sono le donne. E sono numerose, quasi la metà dei partecipanti totali, molte velate. Alcune di loro hanno preso parte attivamente all’organizzazione dell’evento sportivo: sono le giovani del Running Club di Betlemme, piccola organizzazione nata qualche mese fa impegnata in allenamenti settimanali nella città palestinese.

“Credo che una simile iniziativa abbia avuto il merito di dimostrare che le donne palestinesi possono guadagnarsi la loro libertà – spiega a Nena News Mona, 41enne di Beit Jala, madre di tre figli, appena terminata la corsa – A Gaza abbiamo assistito alla triste cancellazione della maratona per l’esclusione delle donne. È vero, qua la nostra libertà è limitata, ma stiamo compiendo un passo dopo l’altro, è un inizio. Non è affatto normale che per le strade di Betlemme si vedano donne in tuta e t-shirt correre accanto agli uomini, ma oggi è stato possibile“.

Gli fa eco George, giovane corridore prima dell’inizio della maratona. Insieme ad un gruppo di atleti si scalda a pochi minuti dal via: “Oggi corriamo per le donne di Gaza, per le donne che vogliono fare sport, partecipare, rivendicare i propri diritti”. Nena News

FOTO (Emma Mancini/Nena News)

http://nena-news.globalist.it/Detail_News_Display?ID=72077&typeb=0&Maratona-di-Betlemme-liberi-di-correre-ma-solo-in-Area-A

Quest'opera viene distribuita con Licenza Creative Commons. Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia.

SHARE

Lascia una risposta

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.