Meshaal vorrebbe essere Arafat?

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admin | December 10th, 2012 – 12:18 pm

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La breve visita di Khaled Meshaal a Gaza è uno di quegli episodi che avranno il loro posto, nella storia di Hamas. Per vari motivi, compreso il sostanziale silenzio-assenso di Israele all’ingresso del numero uno del politburo di Hamas, lo stesso uomo che Israele aveva tentato di uccidere nel 1997. Su Meshaal non sono trapelate – infatti – le stesse indiscrezioni secondo le quali Israele avrebbe detto all’Egitto di non fare entrare a Gaza un altro leader del panorama islamista palestinese. E cioè Ramadan Shallah, il numero uno della Jihad Islamica.

Khaled Meshaal, insomma, ha avuto il suo bagno di folla – sabato scorso – senza che Israele si frapponesse al suo ingresso trionfale dal valico di Rafah assieme al numero due del movimento, Moussa Abu Marzouq, come sempre molto più defilato rispetto ai palcoscenici e alle telecamere. Anche il momento scelto per la prima visita di Meshaal nei territori palestinesi dopo 45 anni di esilio non è causale. L’anniversario della fondazione, a venticinque anni di distanza dalla prima intifada e dalla nascita formale di Hamas: una fondazione alla quale lo stesso Meshaal aveva contribuito dall’estero, dal Kuwait e poi dalla Giordania, come membro dei giovani Fratelli Musulmani palestinesi nel mondo dei rifugiati.

Meshaal ha usato una manifestazione preparata nei minimi dettagli nella piazza al Qatiba di Gaza City per lanciare sfide a Israele e, al contempo, messaggi politici a Mahmoud Abbas, a Fatah e ai quadri politici palestinesi.

Anzitutto la sfida a Israele, pronunciata dalla Striscia a poche settimane di distanza dall’accordo di tregua che ha posto fine all’ultima breve e sanguinosa guerra di Gaza. “La Palestina è nostra dal mare (Mediterraneo) al fiume (Giordano), e dal sud al nord. Non ci sarà nessuna concessione, neanche su un centimetro quadrato della terra”, ha detto Meshaal dal palco tirato su a piazza al Qatiba, la piazza delle grandi dimostrazioni. “Non riconosceremo mai la legittimità dell’occupazione israeliana”, ha detto il capo dell’ufficio politico di Hamas. Un discorso – quello di Meshaal –tutto concentrato sullamuqawwama, la “resistenza” in arabo, una parola parte costitutiva dello stesso acronimo, Hamas, che – sciolto – significa Movimento di Resistenza Islamica.

Alle sue spalle, la scenografia del palco ha messo insieme l’intera retorica politica di Hamas: il fondatore, sheykh Ahmed Yassin, che un quarto di secolo fa, nella sua piccola casa in un quartiere di Gaza City, decise di far nascere formalmente il braccio politico e armato dei Fratelli Musulmani palestinesi in una riunione a cui parteciparono appena sette persone in totale, proprio all’indomani dello scoppio della prima intifada, l’8 dicembre del 1987. E dall’altro capo Ahmed Jabari, capo dell’ala militare, ucciso dagli israeliani in un omicidio mirato che ha dato il via alla guerra di Gaza, lo scorso 14 novembre. In mezzo all’enorme striscione, la moschea di Al Aqsa a Gerusalemme, e il modello a grandezza naturale di un Qassam M75, il missile lanciato proprio in direzione di Gerusalemme durante l’ultima fiammata tra Israele e Hamas.

Il primo messaggio politico di Meshaal è chiaro, e lo ha richiamato anche uno dei più fini intellettuali palestinesi come Mahdi Abdul Hadi, il capo di PASSIA, il centro di studi di politica internazionale di Gerusalemme est, oggi intervistato da Le Monde. Meshaal vuole muoversi (ormai da anni) sulle tracce di Yasser Arafat. E per l’immaginario palestinese lo stesso ingresso a Gaza ricorda la fine dell’esilio di Arafat con un simile bagno di folla quando mise piede per la prima volta sulla terra palestinese dopo 27 anni di esilio. Era il 1994 e la terra era, anche allora, Gaza.

Dice Mahdi Abdul Hadi intervistato da Benjamin Barthe: “Meshaal si distanzia dalla dottrina originaria del suo movimento per dotarsi di una statura internazionale”. Regionale sicuramente, perché è stato proprio l’Egitto, la presidenza egiziana dell’islamista Mohammed Morsy a concedere a Meshaal l’ingresso a Gaza, proprio in un momento di massima tensione al Cairo tra la presidenza e le opposizioni.

Gaza, Hamas, la riconciliazione palestinese fanno dunque parte a pieno titolo delle necessità egiziane di questo periodo. Per l’Egitto in piena tensione, la presenza (a suo modo storica) di Meshaal e di Abu Marzouq nella Striscia è anche il tentativo di contenere gli attriti tra l’ala interna di Hamas e la diaspora. E siccome le immagini hanno il loro peso, Meshaal e il premier di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh, si sono fatti vedere sempre insieme, sin dall’arrivo del capo dell’ufficio politico a Rafah. Compressa sul piano interno dal durissimo confronto con l’opposizione, la presidenza egiziana di Mohammed Morsy continua a fare politica estera, premendo sugli israeliani per far entrare Meshaal a Gaza. E Meshaal, di fronte ai militanti, ha parlato anche della riconciliazione con Fatah. Indicando la direzione verso la quale intende muovere Hamas, e la politica palestinese. Tutti uniti, ma dentro l’Organizzazione perla Liberazionedella Palestina, di cui Hamas non fa parte ma in cui vorrebbe entrare. Abbiamo una sola autorità e un punto di riferimento, ha detto. “Ed è l’OLP”.

Per la playlist, Norah Jones. Come Away with Me

(A proposito di simboli e immagine: Meshaal bacia la fronte della sorella di Arafat)

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