Nove ordini di demolizione per case palestinesi a Nabi Saleh, a nord di Ramallah. Una misura per punire gli attivisti del comitato popolare che da oltre 6 mesi organizzano proteste non-violente contro l’espansione della vicina colonia.
C’è anche la casa di Bassem Tamimi, 43 anni, animatore del comitato popolare di Nabi Saleh, villaggio a nord di Ramallah in Cisgiordania, tra quelle ad aver ricevuto lo scorso 10 giugno un ordine di demolizione da parte dell’amministrazione civile israeliana. Dalla fine del 2009, Nabi Saleh si è unito all’esperienza di protesta popolare nonviolenta con cadenza settimanale, già portata avanti con successo a Bi’lin, Boudros, Ni’lin, Al Masara e altri luoghi della Cisgiordania.
I residenti palestinesi di Nabi Saleh protestano contro l’espansione della vicina colonia illegale di Halamish. L’esercito israeliano ha sperimentato qualsiasi misura deterrente per spezzare la protesta, tanto che le manifestazioni di Nabi Saleh si sono guadagnate l’appellativo di proteste tra le più pericolose, per gli attivisti palestinesi internazionali e israeliani che ogni venerdì si radunano nelle strade del villaggio.
Oltre 70 manifestanti sono rimasti feriti da gas lacrimogeno e proiettili di gomma, dall’inizio del 2010. Oltre venti tra i più attivi del villaggio sono in carcere. Ihad Barghouthi, 13 anni, è rimasto ferito alla testa da un proiettile di gomma a marzo, riportando danni gravissimi.
Quasi tutti gli ordini di demolizione consegnati il 10 giugno riguardano le abitazioni delle famiglie degli attivisti tra i più coinvolti nel comitato popolare. Già nel 1990, secondo i dati forniti da ICHAD (organizzazione israeliana contro la demolizione delle case), 4 case erano state demolite a Nabi Saleh, ma da allora nessun ordine di demolizione era stato più emesso.
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