Piuttosto che pubblicare articoli di saggi analisti o famosi giornalisti BoccheScucite preferisce, come per il pezzo che che segue, dar voce a chi, direttamente dalla Palestina, condivide la resistenza quotidiana e non sa a chi affidare la sua testimonianza diretta della “ordinaria” repressione e violenza dell’esercito di occupazione.
Dal Villaggio di Nabi Saleh, ci invia questo report Nora Tamimi, volontaria del Servizio Civile Internazionale Italia (SCI). Ha ottenuto un Master in Cooperazione Internazionale. Attualmente vive a Nabih Saleh e si occupa di informazione sulla Lotta Popolare dei villaggi della Cisgiordania.
Nabih Saleh rompe l’assedio militare
di Nora Tamimi
Per tre giorni un piccolo villaggio della Cisgiordania, Nabih, Saleh, è stato sottoposto ad un assedio militare imposto dalla Forze di Occupazione Israeliane
Sabato 12 Aprile, le Forze di Occupazione Israeliane (FOI) hanno imposto un blocco totale dei movimenti al villaggio di Nabih Saleh, dopo averlo dichiarato ‘area militare chiusa’. Tutte le entrate principali sono state sbarrate e chiunque tentasse di entrare o uscire dal villaggio è stato attaccato indipendentemente dal tipo di pericolo che potesse rappresentare. Poco prima dell’assedio, Sarak, l’unità militare israeliana ora in servizio nella zona e famosa per la sua spietatezza, ha annunciato la volontà di ‘imporre l’ordine e la legalità, sopprimendo qualsiasi forma di terrorismo’. Un comunicato privo di alcun senso, considerando che Nabih Saleh dal 2009 sta conducendo soltanto azioni nonviolente contro l’occupazione Israeliana, in tutte le sue forme. Una scelta strategica che ha aumentato l’appoggio alla causa Palestinese, che ha permesso di ottenere alcune importanti vittorie, ed è ora ovviamente percepita come una minaccia dagli oppressori Sionisti, considerando la reazione spropositata e l’eccessiva brutalità portata avanti contro i residenti del villaggio.
Di fatto, un giovane uomo, Odai Tamimi, è stato colpito in faccia e al petto da colpi di arma da fuoco. Wijdan Tamimi, donna di 45 anni, è stata invece picchiata e trattenuta in ostaggio dai soldati di fronte al nipote di 4 anni. Faysal Nakhla è stato fisicamente attaccato e gli è stato proibito di raggiungere la propria casa, posta a circa 5 metri dall’entrata del villaggio.
Appare chiaro che tale assedio sia stato attuato per mettere in atto una punizione collettiva, in un tentativo di rompere la fermezza con cui viene condotta la lotta popolare e di indebolire il movimento nonviolento intero. Di fatto, Nabih Saleh è conosciuta per essere uno dei villaggi resistenti più attivi della Cisgiordania. Ogni venerdì vi si tengono dimostrazioni nonviolente per protestare contro la confisca di terra e il furto dell’unica sorgente d’acqua portati sistematicamente avanti dalla vicina colonia di Halamish. Nell’ultimo mese, Nabih Saleh ha dovuto sostenere una escalation di forme di repressione e di arresti culminati con il blocco totale dei movimenti del villaggio.
Ancora una volta, le condizioni avverse non hanno incrinato la forza di volontà dei residenti a non reagire con violenza. Lunedì 14 Aprile, la Popular Struggle Committee (commissione popolare di lotta) ha infine indetto una dimostrazione per porre termine all’assedio. Attivisti da tutta la Cisgiordania hanno raggiunto il villaggio per dare un significativo contributo all’azione dimostrativa. Molti checkpoint mobili sono stati allestiti lungo la via per Ramallah, in un tentativo di diminuire il flusso continuo degli arrivi degli attivisti. Perfino così non sono però riusciti a diminuire l’impatto dell’evento, che ha avuto un grosso successo.
Appena la marcia ha raggiunto la strada principale, il FOI ha cominciato a sparare gas lacrimogeni e bombe sonore. Ciò nonostante, la marcia è proseguita unita verso il checkpoint dove i manifestanti si sono rifiutati di muoversi fino a che il cancello non fosse stato aperto e l’assedio rimosso. Nonostante lo spirito pacifico della dimostrazione, l’esercito israeliano ha fatto uso di violenza in modo incontrollato, specialmente verso le donne che sono state picchiate, spinte e gettate a terra molte volte. Dopo un’ora circa, l’esercito ha deciso di ritirarsi e i dimostranti sono riusciti ad aprire il cancello della strada principale insieme al cancello all’entrata est del villaggio, chiuso da 12 anni.
Nabih Saleh ha provato così che l’uso della nonviolenza non è un modo passivo di lotta ma è una scelta strategica capace di porre una minaccia reale allo status-quo, permettendo ai partecipanti di avanzare richieste concrete ottenendone anche l’applicazione.
Questo episodio è anche stata un’occasione per ricordare al mondo che i Palestinesi sono continuamente soggetti a restrizioni di movimento e severi controlli ispirati ad una politica di frammentazione del territorio e portata avanti dallo Stato di Israele con lo scopo di prevenire la realizzazione di uno Stato Palestinese.
Tali limitazioni si manifestano attraverso un complesso e articolato sistema di checkpoint, un arete di strade percorribili solo dai coloni e, infine, attraverso il tristemente famoso Muro dell’Apartheid.
Nora Tamimi
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