REDAZIONE 12 OTTOBRE 2013
di Robert Fisk
10 ottobre 2013
Tra le rovine dell’antica Sidone Mart Williams sfreccia come una delle figurine fatte con linee dritte, delle ceramiche micenee che ha scoperto insieme ai suoi colleghi libanesi. Matt salta tra i basamenti, sale lungo le mura medievali di Sidone gesticolando con le mani verso pozzi ancora umidi e colonne romane inserite nelle mura dei Crociati. “Questo è lo scavo più eccitante al quale abbia mai lavorato nella mia carriera,” dice. “E dovrà essere stato il miglior scavo al quale lavorerò in futuro.”
Se i proprietari dei cani assomigliano al loro animale, Matt Williams forse ha una leggera somiglianza con i guerrieri che ha aiutato a portare alla luce, o forse al frammento che rappresenta di Hermes (Mercurio) che riceve un “supplicante”. Hermes era un messaggero degli dei e il dio delle strade e del commercio – ce ne sono in abbondanza a Sidone – e anche delle astuzie e dei furti – di cui è innocente l’archeologo britannico indipendente di Cambridge. Insieme alla sua compagna libanese Enas Saleh, che ha trascorso 15 anni su questo sito archeologico meraviglioso, proprio nel centro dell’antica Sidone, Matt Williams ha passato solo 6 anni scavando alla ricerca della vita dei culti e delle giornate di festa e della violenza dei popoli che vivono ancora in quella che è ancora, di tanto in tanto, una città pericolosa.
Dal momento che il Dipartimento delle Antichità di Sidone è proprietario di questo pezzo di storia -una volta si trovava sotto una scuola cristiana demolita un secolo fa – non ci sono problemi legali, rivendicazioni di proprietà, nessuno che faccia pressione per porre fine anticipata alle scoperte archeologiche. Quindi, è questo è il motivo dell’eccitazione di Williams, gli scavatori, i muratori e i pulitori e gli storici possono procedere nel lavoro dai livelli più antichi di Sidone – l’età calcolitica, la prima e media Età del bronzo e l’Età del ferro fino ai Persiani, ai Romani, con la loro pavimentazione, e le condutture e le mura e le fondamenta delle fortificazioni dei Crociati medievali. E’ tutto lì. Nel caso che pensiate che queste siano soltanto chiacchiere accademiche, basta che ascoltiate soltanto Matt Williams che descrive i resti umani dei crociati, seppelliti frettolosamente in una fossa comune al di sotto delle mura medievali intorno al 1250. Alcuni dei crociati erano stati decapitati. “C’era stato una specie di attacco e probabilmente erano morti combattendo”, dice. “C’erano segni di fendenti e segni di lame sulle ossa ed essi erano state buttati in piccole fosse, 15, in un fosso poco profondo alla base delle mura del 13° secolo.” Della loro morte in battaglia non sappiamo altro.
Sidone faceva allora parte del teorico “Regno di Gerusalemme”, e il Castello del mare – adesso una delle più grandi attrazioni della città per i turisti che oggi raramente osano venire qui – è stato costruito soltanto alla fine del 1220. Il Saladino era morto da tempo e i Cavalieri Templari erano ancora attaccati alla costa libanese nel 1280, con la loro fortezza sul lungomare distante un giorno di navigazione, dato che l’entroterra era allora in mani “nemiche”. Questi castelli dei Crociati erano l’equivalente antico delle famigerati “ninfee” (elistazioni) di Donald Rumsfeld, cioè le basi militari cinte da mura per proteggere le forze della “civiltà” occidentale dagli eserciti dei barbari (terroristi) che erano fuori.
La realtà di una storia così cupa è illustrata nella piccola magnifica mostra di fianco al sito. La fotografia dei resti del Crociato del British Museum è sinistra e marrone scuro – metà delle ossa sono ora all’Università di Bradford che ha un centro per la patologia antica, e il resto è sistemato in scatole al di sopra del sito, ma in esposizione c’è anche una copia di un disegno degli inizi del 14° secolo che rappresenta San Luigi (l’originale è al Metropolitan Museum di New York) che seppellisce le ossa dei crociati a Sidone. Mentre il santo importante e coronato ammucchia con riverenza i crani in un sacco, il tanfo è così terribile che tre dei suoi assistenti si coprono la bocca con le mani e una panno.
In ogni caso i Mamelucchi hanno invaso Sidone nel 1291, e i Templari hanno infine abbandonato il loro castello sul mare il 14 luglio, e quando vi è arrivato Ibn Battuta (famoso viaggiatore marocchino, n.d.t.) 60 anni dopo, Sidone era piena di alberi da frutta ed esportava uvetta e olio d’oliva in Egitto. Ma questa è, in un certo senso, la “nostra” storia occidentale. Il vero passato di Sidone è iniziato due millenni prima e si è diffuso sia attraverso la leggenda che la letteratura. Era il luogo di nascita di Didone di Cartagine che forniva il legno di cedro al tempio di Gerusalemme, e che Omero descrive nell’Iliade come la città dove Peleo aveva cercato il premio per una corsa a piedi, una ciotola d’argento: “per la sua bellezza superava di molto tutte le altre che ci sono sulla terra, perché gli abili Sidoniani la avevano battuta bene e i Fenici la trasportarono sulla superficie nebbiosa dell’acqua…”
Il sito di Sidone ha prodotto tesori che possono paragonarsi a quella ciotola. Ci sono vasi cilindrici dell’inizio del V secolo a.C. che mostrano dei soldati che montano cavalli che si impennano, impugnando delle lance, figurine di divinità della prima Età del Bronzo antica – un misto di naif e di surreale se dovessimo applicare il gusto artistico di oggi – e ci sono lame di ascia provenienti dalle tombe e un sepolcro fatto di mattoni di terra della Media età del Bronzo il cui occupante vi era stato compresso, con le ginocchia dello scheletro spinte a forza nella cavità dello stomaco.
Enas Saleh descrive come i bambini della moderna Sidone guardano le fotografie di queste ossa.”Vogliono sapere soprattutto i nomi di queste persone, ” dice ridendo. Naturalmente, però i bambini hanno ragione a fare questa domanda. Anche i morti dell’antichità meritano la loro identità di uomini e anche io, abituato ai cadaveri moderni morti a causa di un’esplosione che ho visto nelle camere mortuari della Sidone attuale, mi chiedo se queste persone morte da lungo tempo meritino davvero di essere messi in scatoloni e portate all’Università di Bradford. In quanto alle loro identità, ahimè, bisognava essere un ricco, o un sacerdote o un regnante perché 3000 anni fa potesse essere registrato il proprio nome.
C’è, per esempio, una lastra della antica Età del ferro, scoperta sul sito, che documenta che Abdyahu era un sacerdote responsabile di diversi altari. Si sono anche scoperti uno strumento a percussione, un “sistrus”, usato per danze religiose in onore della dea egiziana Hathor. Per mezzo di auricolari i visitatori ascoltano il suono del sistro, il tintinnio, sembra, di piccoli pezzi di metallo. E, cosa affascinante, lo strumento deve il suo nome al fruscio che provoca una mucca che passa attraverso un boschetto di canne di papiro.
Gli archeologi hanno scoperto ciondoli d’oro, orecchini, braccialetti d’argento e forse, cosa un piccolo sigillo cilindrico che rappresenta un devoto apparentemente mesopotamico con un dono, una dea seduta e un eroe barbuto che indossa l’acconciatura di un uomo-toro, con l’acqua che sgorga dal suo gomito sinistro. Il buco nel cilindro forse è stato trapanato, ma chi lo fatto certamente ha avuto bisogno di vetro o di occhiali primitivi per imprimere questo straordinario dettaglio su un sigillo di pietra saponaria (o steatite) di un centimetro scarso di lunghezza.
I resti di animali provano che gli antichi abitanti di Sidone cacciavano e mangiavano ippopotami, orsi, cinghiali e cervi. Erano fissati, come tanti popoli dell’antichità, con gli dei, la mascolinità, il sesso e la morte – i loro attuali discendenti potrebbero essere colpevoli di tali ossessioni – sebbene la vita adesso può essere più facile. Per comprare un buon panino ripieno di falafel, (polpette fritte di fave o ceci) basta andare a piedi per 800 m. nel negozio del palestinese Abu Sami, davanti al Castello sul mare. Ci sono però dei parallelismi inquietanti. Proprio di fronte al sito degli scavi c’è uno dei cimiteri contemporanei di Sidone. Il nonno e la nonna di un mio amico sono sepolti lì e qui sono sepolti anche cinque uomini assassinati (ho passato sei settimane a indagare sulla loro morte), bastonati a morte dalle guardie israeliane in un campo di prigionia improvvisato in un azienda agricola di frutta nel 1982.
E la marea di popoli che hanno avuto un’influenza su questa città, continua. La maggior parte degli abitanti che vivono intorno allo scavo dove Matt Williams e i suoi colleghi lavorano, sono rifugiati palestinesi, rifugiati iracheni, e, ora migliaia di rifugiati che arrivano dallo spargimento di sangue in Siria. Infatti, malgrado i loro artefatti bellissimi, la grazia della loro arte e i loro scritti antichi, il solo filo che unisce i popoli dell’antichità degli essere umani che vivono ora qui, è la guerra.
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: http://www.zcommunications.org./ancient-sidon-sifting-through-the-city-deadly-history-by-robert-fisk
Originale: The Indipendent
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2013 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY – NC-SA 3.0
http://znetitaly.altervista.org/art/12698
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