Friday, 04 November 2011 07:08 Marta Fortunato, Alternative Information Center
La colonia israeliana di Beitar Illit (foto: Marta Fortunato)
La costruzione e l’espansione delle colonie israeliane a Gerusalemme Est occupata e della Cisgiordania, è “un diritto fondamentale di Israele e non una punizione per il fatto che i palestinesi hanno ottenuto la piena adesione all’UNESCO”.
Con queste parole il primo ministro Benjamin Netanyahu ha parlato davanti alla Knesset, mercoledì mattina annunciando la decisione del governo israeliano di accelerare la costruzione di circa duemila unità abitative a Gerusalemme Est”.
Israele sta costruendo a Gerusalemme perchè ha il diritto di farlo, poiché “Gerusalemme è la capitale eterna ed indivisibile dello stato di Israele, che non tornerà mai ad appartenere allo stato a cui apparteneva prima della guerra dei sei giorni del 1967”.
Mossa fortemente criticata da tutto il mondo politico internazionale.
Non si è fatta attendere la risposta da parte palestinese. “La decisione israeliana serve solamente ad accelerare la distruzione del processo di pace” ha dichiarato il portavoce presidenziale Nabil Abu Rudeina.
“Siamo molto delusi dall’annuncio israeliano di voler accelerare la costruzione di unità abitative a Gerusalemme e in Cisgiordania” ha affermato Jay Carney, portavoce della Casa Bianca.
Gli fanno eco le dichiarazioni di Catherine Ashton, alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione Europea: “Israele deve fare retromarcia e ritrattare questa decisione”.
Oltre ad accelerare la costruzioni di insediamenti illegali, Netanyahu ha anche annunciato la volontà di congelare il trasferimento dei dazi doganali e delle tasse che dai tempi degli accordi di Oslo Israele raccoglie per conto dell’Autorità Palestinese (Anp).
Ogni mese Israele trasferisce all’Anp decine di milione di dollari di tasse doganali che Israele riscuote su prodotti destinati ai mercati palestinesi in transito per i porti israeliani. Denaro fondamentale per la casse palestinesi.
“Queste misure non sono altro che una punizione collettiva che viola tutte le norme internazionali, le convenzioni, gli accordi, che è stata presa contro i palestinesi solo per il fatto di aver fatto uso del loro diritto di essere rappresentati all’interno dell’ONU e in altri forum internazionali” ha dichiarato l’ufficio del primo ministro palestinese Salam Fayyad.
Una politica “Price-Tag” (prezzo da pagare) da parte dei leader politici israeliani contro i palestinesi. Così il giornalista israeliano Gideon Levy definisce la politica di Netanyahu nei confronti dei palestinesi in un articolo pubblicato sulla versione on-line del quotidiano israeliano Haaretz giovedì 3 novembre. “Questo potrebbe essere l’unico esempio nella storia, di punizione di un paese occupato per la sua lotta legittima e non violenta per ottenere la propria libertà, mentre il violento occupante che impone con la forza la propria attività di insediamento e di controllo, ottiene l’appoggio dell’occidente”.
Una tecnica che, secondo l’autore, non è per niente lontana dalle azioni di vendetta portate avanti negli ultimi mesi dai coloni. Azioni violente, non controllate, che cercano vendetta.
Quest'opera viene distribuita con Licenza Creative Commons. Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia.