“Scusate, avete capito male. Nessun boicottaggio. Nessuno si permetterà mai di criticare Israele! Non avete più visto i pompelmi sugli scaffali della Conad solo perchè è finita la stagione.”
La pronta marcia indietro di Coop e Conad è solo la punta dell’iceberg di ciò che puntualmente da sessant’anni si ripete ogni volta che chiunque e in qualunque modo si permette di ricordare ciò che è sotto gli occhi del mondo: l’occupazione illegale e la colonizzazione della Palestina. Ma dobbiamo sottolineare il successo ottenuto in questi giorni, rivelato proprio dalla dura reazione di tutti, da Netanyahu a Frattini: il muro di impunità che garantisce alla potenza occupante di compiere qualsiasi sopruso, dal distruggere l’economia di “territori” murati vivi al massacro di Gaza, è stato ancora una volta sbrecciato. Con una coraggiosa scelta di intifada nonviolenta, erano stati i leader dell’ANP a lanciare una campagna di boicottaggio dei prodotti israeliani. Governo e media israeliani hanno cominciato a preoccuparsi e spaventarsi, come accade significativamente ad ogni sfida di resistenza nonviolenta degli oppressi: gli oppressori hanno paura della forza della nonviolenza! Hanno paura di qualche centinaio di persone che si ostinano a ricordare l’illegalità del muro nel piccolo villaggio di Bil’in (vedi HANNO DETTO) come hanno paura di una “flotta” di vecchie navi stracolme di aiuti umanitari che stanno arrivando in queste ore a Gaza (vedi ULTIM’ORA).
Se poi ci si mettono anche gli italiani (in verità dopo anni di boicottaggio in Gran Bretagna e in tutto il mondo) con la connivenza della Coop, allora bisogna immediatamente stroncare questa “vergognosa campagna anti-israeliana” che -come ha ben descritto Paola Caridi- si permette di “dipingere alla comunità internazionale Israele come l’imputato”, e questo, sia chiaro, non si può fare per principio. E continua Caridi: “La campagna – che si sia o meno d’accordo con la pratica del boicottaggio – dona di nuovo alle parole e al linguaggio giuridico-politico il suo significato. Occupazione, illegalità, mancato rispetto del diritto internazionale e delle convenzioni sono termini che da tempo venivano usati in ambiti formali, senza che vi fosse ormai un rapporto tra l’uso e il significato. Parole svuotate, tanto svuotate quanto lo sono “processo di pace” e ”tavolo negoziale”. La campagna di boicottaggio ha oggettivamente gettato un sasso nello stagno di un conflitto che trova in questo particolare status quo il suo altrettanto singolare equilibrio. E ha fatto ciò che facevano i jongleur, qualche secolo fa. Ha detto che il re è nudo. Ce n’eravamo dimenticati”.
Boicottaggio, Apartheid: le parole proibite. Per questo il Corriere della Sera grida allo scandalo: “altro che una questione di etichettatura! Si è scoperto che si trattava di una vergognosa, martellante campagna anti-israeliana di ostracismo politico di uno Stato. Dicevano che era solo una questione di lealtà riguardo ai prodotti coltivati nei Territori occupati che, come è noto, non sono ancora uno Stato palestinese, e invece…”
Invece dev’esser chiaro a tutti: non permettetevi mai di criticare Israele e l’occupazione militare di cui è responsabile e che sta letteralmente distruggendo un intero popolo. Guai che anche la casalinga si accorga di contribuire a questa ingiustizia e guai a chi osa addirittura utilizzare quella che il Corriere dice di aver scovato, più volte ripetuta, “la parola proibita “boicottaggio”. Esattamente come avviene ogni volta che qualcuno si è sognato di usare l’altra parola proibita “apartheid”. Vi ricordate cosa si è scatenato contro l’ex presidente americano Jimmy Carter e contro il rappresentante ufficiale dell’Onu Dugard quando hanno condensato la più grande struttura statale di oppressione con questo “odioso e irricevibile attacco”?
La rapidità con cui ministri, autorità, media, parlamentari di destra e sinistra si sono affrettati a soffiare sul fuoco acceso da un’iniziale coraggiosa decisione della stessa Coop, era motivata proprio dallo stroncare sul nascere ogni possibilità di dare il nome preciso all’apartheid palestinese. Perchè anche il consumatore non è poi così stupido da non capire perfettamente il diritto e il dovere di boicottare il frutto dell’ingiustizia, come ha spiegato con grande semplicità Giulietto Chiesa: “Più che di boicottaggio la definirei di difesa dei diritti dei più deboli contro la prepotenza dei più forti. Ciò che si produce sulla terra rubata è rubato. E i profitti che si ricavano dal rubato sono doppiamente rubati. Il popolo di Palestina subisce da decenni ormai una insopportabile violenza, che la comunità internazionale, istupidita e violentata anch’essa da un mainstream partigiano a sostegno degli oppressori, non ha voluto nè potuto contrastare”.
E’ per il bene di Israele! La conferma della bontà dell’azione nonviolenta di boicottaggio ci viene però dalla stessa Palestina e da Israele, da due voci autorevoli che ovviamente, nessun media italiano ha citato e -purtroppo ne siamo certi- mai citerà: le Chiese cristiane di Gerusalemme e gli israeliani più illuminati.
Adam Keller, del movimento pacifista israeliano Gush Shalom, si rallegra infatti dell’effetto positivo del boicottaggio delle merci prodotte nelle colonie: “Gli insediamenti israeliani nei Territori Occupati sono il più grosso ostacolo alla pace e il loro smantellamento è perciò un indispensabile presupposto per il suo ottenimento. Questo manifesta al mondo il boicottaggio. Perchè la pace verrà solo dalla fine dell’occupazione israeliana della Cisgiordania e dalla creazione di uno Stato Palestinese completamente indipendente e sovrano in questi territori, con capitale Gerusalemme Est. Nessuno ricorda che è dal 1997 che in Israele si diffonde il boicottaggio dei prodotti delle colonie! Decine di migliaia di cittadini israeliani partecipano regolarmente a questa campagna. E soprattutto vogliamo dirvi che questa azione non è contro Israele ma per il bene e per il futuro del nostro Stato. Lo consideriamo come un passo che aiuta i veri interessi degli israeliani così come quelli dei palestinesi essendo gli interessi dei due popoli indissolubilmente legati l’uno all’altro”. A pensarci bene, poi, come aggiunge un altro israeliano, Gideon Levy: “il più brutale, esplicito boicottaggio è l’assedio di Gaza, sostenuto con inspiegabile impegna da tutti i governi occidentali…”
E se già la voce degli israeliani dovrebbe convincerci sul percorrere decisamente tutte le strade che aiutino veramente Israele ad uscire dal tunnel dell’apartheid, la voce dei pastori, dei teologi, dei cristiani che più soffrono le conseguenze di questa oppressione, dovrebbero essere diffuse come ha tentato di fare ancora una volta la Campagna Ponti e non muri di Pax Christi:
Dalle colonie illegali… alla nostra tavola
Perchè boicottare i frutti dell’ingiustizia
“La nostra scelta come cristiani di fronte all’occupazione israeliana è di resistere.
La resistenza è un diritto e un dovere per il cristiano. Ma è resistenza con amore.
Possiamo resistere con la disobbedienza civile.
Le organizzazioni civili palestinesi, come le organizzazioni internazionali, le ONG e alcune istituzioni religiose si appellano affinché gli individui, le aziende e gli stati si impegnino nel disinvestimento e nel boicottaggio di tutto ciò che viene prodotto dall’occupazione. Ci sembra che questo integri la logica della resistenza pacifica. Queste campagne devono essere portate avanti con coraggio, proclamando sinceramente ed apertamente che il loro scopo non è la vendetta ma la fine del male esistente, la liberazione sia degli oppressori che delle vittime dell´ingiustizia. ”
(Kairos Palestina, Gerusalemme 2009)
E’ con la forza di queste lucide e lungimiranti parole, contenute nel documento Kairos Palestina, redatto da teologi, laici e religiosi cristiani di Terra Santa e sottoscritto dai Capi di tutte le Chiese cristiane lì presenti, che la Campagna ‘Ponti e non Muri’ promossa da Pax Christi Italia sostiene il boicottaggio dei prodotti provenienti dalle colonie illegali nei Territori palestinesi occupati.
In particolare, la Campagna di Pax Christi, movimento cattolico che da sempre si fa carico delle situazioni di conflitto e della difesa dei diritti umani, in sinergia con altre realtà fautrici di una pace giusta in Terra santa, sostiene il boicottaggio a Carmel e Agrexco, società israeliane che esportano prodotti provenienti dalle colonie, spacciandoli come prodotti coltivati in Israele.
Pax Christi nacque al tempo in cui sorsero le costituzioni europee e cammina ancora oggi insieme ai popoli, per il riconoscimento dei loro diritti. Per questo motivo, ricordando il sud Africa dell’apartheid, riteniamo sia un dovere, prima ancora che un diritto civile, boicottare i prodotti derivanti dal frutto di un’ingiustizia.
Sosteniamo e appoggiamo lo sforzo di quanti vorranno attuare il boicottaggio, certi che il loro gesto nonviolento e legittimo andrà a sostegno di quanto affermato dalle risoluzioni ONU 194, 242, 446.
Le colonie israeliane nei Territori palestinesi occupati sono illegali, questo deve essere chiaro e condiviso da tutti coloro che credono nelle istituzioni. La terra su cui sono edificate e su cui si espandono le coltivazioni e le serre gestite dai coloni stessi appartengono, secondo il diritto internazionale che la comunità tutta è tenuta a rispettare e a difendere, alla popolazione palestinese. Accettando di commercializzare e/o di acquistare un prodotto proveniente da quelle stesse terre, marchiato come ‘israeliano’, asseconderemmo e sosterremmo in modo colpevolmente complice l’occupazione israeliana e la sua politica coloniale. La nostra azione è rivolta contro la politica di occupazione, di discriminazione e di oltraggioso disprezzo del diritto internazionale a discapito dei diritti del popolo palestinese condotta dal governo di Israele .
I cristiani palestinesi, sostenendo questa forma di boicottaggio, ci ricordano che solo perseguendo un avvenire basato sul ripristino della giustizia e dei diritti uguali per tutti ci potrà essere una vera pace in Terra Santa.
Con la consapevolezza liberante che questa strada è percorsa, proprio oggi, proprio lì, congiuntamente da israeliani, palestinesi e internazionali, diciamo con forza a quanti vorranno unirsi a questo gesto di nonviolenza creativa, di non temere e di resistere ‘in piedi’, per amore di una giustizia che tenga conto dei diritti di tutti. (Lo staff della Campagna ‘Ponti e non muri’ di Pax Christi Italia, Firenze, 27 maggio 2010)
BoccheScucite
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