3intifada
admin | May 9th, 2011 – 4:57 pm
C’è la Libia. C’è OBL, che è il modo in cui gli utenti di twitter e non solo ‘siglano’ il nome di Osama Bin Laden. C’è il tempo che passa e, insomma, mica si può star dietro a tutte ‘ste rivoluzioni arabe. Eppure è proprio questo il momento di starci dietro. Quello che sembra un momento di stanca. Perché è proprio lì, dietro l’angolo, che possono succedere cose – per così dire – spiacevoli. Gli scontri a Imbaba, per esempio. Grande quartiere popolare del Cairo, dove tra sabato e domenica la tensione tra musulmani e cristiani ha raggiunto punte talmente alte da scatenare la battaglia più dura, con morti, feriti e centinaia di arresti. A sentire chi è lì, chi ha fatto più di qualche domanda, lo zampino della ‘controrivoluzione’ c’è tutto. Basta soffiare sul fuoco da una parte (i salafiti), e poi soffiare sul fuoco dall’altra (i copti), ed ecco che è facile accendere un bel falò, con tutto ciò che ne consegue.
Certo, non basta dar la colpa alla controrivoluzione – pezzi del regime, pezzi di imprenditoria, gente che non vuole perdere potere e privilegi, altri che vogliono far capire che la rivoluzione non sarà impresa semplice etc etc – per risolvere la tensione tra cristiani e musulmani. È, questa, la fase più delicata della rivoluzione egiziana, la fase in cui ha buon gioco chi soffia sul fuoco e dice che ‘si stava meglio quando si stava peggio’, la fase in cui la crisi economica si fa sentire in maniera più dura (a proposito, spero che le nostre imprese continuino a investire come prima, anche se Mubarak e la sua dittatura sono state sconfitte…). E poi, se proprio vogliamo mettere tutto nel calderone, l’attivismo regionale del Nuovo Egitto non fa certo piacere a tutti: il grande successo nel mediare la riconciliazione palestinese è la dimostrazione che l’Egitto è tornato centrale, negli equilibri regionali, ma è tornato centrale in modo del tutto diverso rispetto a prima, al tempo di Mubarak e – soprattutto – di Omar Suleiman.
Una regione stravolta dalle rivoluzioni, insomma, non può far piacere a tutti, sia dentro sia fuori dai confini del mondo arabo. Perché gli equilibri precedenti erano stati saggiati, e il caos democratico di oggi può portare chissà dove. Dunque, anche una Siria senza Bashar comincia a suscitare grandi timori. L’International Crisis Group diceva qualche giorno fa che siamo al “punto di non ritorno”. Analisi azzeccata: ci sono ormai troppi morti, sulla strada della repressione attuata dal regime di Bashar el Assad. Troppi morti perché si possa tornare indietro: “il popolo chiede che il regime cada”, gridano anche a Banias, a Deraa, in tutti i luoghi in cui la rivoluzione siriana sta pagando un alto prezzo di sangue. Mentre il mondo sta a guardare, perché non sa cosa fare.
Così come non sa cosa fare col Marocco. Il Marocco, direte voi? Sì, il Marocco, paese di cui non si parla. O meglio, di cui non si vuole parlare. Paese che arriva alle prime pagine per il sanguinoso attentato nella piazza più famosa del turismo made in Marocco, a Marrakesh, nel bar in cui tutti siamo stati. Per il resto, si tace. Si tace sulle manifestazioni che si susseguono dal 20 febbraio, e che interessano tutte le grandi città marocchine. Si tace sulla repressione, sulle risposte non date. Meglio non disturbare il manovratore. Salvo che un giorno, quando la tensione sarà più alta, ci chiederemo come mai, come mai quello che pensavano il laboratorio di un possibile compromesso tra regimi arabi e popolo non ha funzionato (consiglio, in questo caso, la lettura di un blog, quello di Jacopo Granci, che mi sembra l’unico up-to-date su una realtà che a nord del Mediterraneo non si vuole proprio vedere…).
Ho citato Egitto, Siria, Marocco. Ci aggiungo la Tunisia. Per dire che la rivoluzione, nel 2011, si sviluppa secondo alcune linee molto simili (società civile in piazza, donne, richieste profonde di democratizzazione) in particolare nei paesi in cui si è sviluppata una pop culture di tutto rispetto. Dai blog alla musica innovativa, dalle radio private (in Marocco) al cinema (in Siria), passando per letteratura e tutto ciò che riguarda arte, innovazione, cultura giovanile. Là dove questo è successo negli scorsi anni, la rivoluzione trova terreno fertile, uomini e donne pronti a recepire, masse che scendono in piazza.
Abbiamo da imparare….
La foto su twitpic è di Yasmine Perni. Scattata al Cairo. Perché le rivoluzioni sono panarabe…
http://invisiblearabs.com/?p=3165
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