Donna palestinese abbracciata ad un ulivo che l’esercito israeliano vuole sradicare
Thursday, 30 June 2011 17:39 Marta Fortunato per l’Alternative Information Center
Non si ferma la confisca di terre palestinesi da parte dell’esercito israeliano. Oggi, giovedì 30 giugno, ad alcuni abitanti di Sawmil, un villaggio a nord-ovest di Gerusalemme è stato ordinato di sradicare più di 100 ulivi dai loro possedimenti.
Secondo le autorità israeliane il terreno fa parte di un parco naturale. Anche se i residenti palestinesi affermano di essere i legittimi proprietari delle terra.
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Martedì 28 giugno c'è stato un altro episodio di violenza: i soldati hanno sequestrato centinaia di ettari di terreno nel villaggio di al-Ma'sara al-Gharbyia, a pochi chilometri da Ramallah, dichiarando l'area “zona militare chiusa”. Sottrazione di terreni agricoli per “scopi militari”, secondo la versione israeliana.
Nei Territori Palestinesi Occupati (TPO) Israele fa uso degli ordini militari e delle leggi giordane e britanniche per espropriare la terra ai palestinesi: la confisca avviene se il proprietario della terra è considerato “assente” (e quindi la terra “abbandonata”) oppure se la terra è di “proprietà statale” e per “uso pubblico” (e quindi destinata da Israele per edificare colonie) oppure se l'esercito mira ad annettere il terreno per scopi militari .
Quasi 6000 km² di terra palestinese sono stati confiscati dall'esercito israeliano in Cisgiordania e a Gaza fino ad oggi, espropriazioni considerate illegali dal diritto internazionale. E ogni giorno nuovi terreni vengono sottratti ai palestinesi, tramite l'allargamento delle colonie, la costruzione del Muro di Separazione, la creazione di nuovi insediamenti illegali.
Dal 1948 la principale via che Israele ha utilizzato per espropriare le terre ai palestinesi è stata quella delineata dalla legge sulla Proprietà degli Assenti, elaborata nel 1948 ed emanata nel 1950, legge che permette la confisca delle terre “abbandonate”. Scopo principale di questa legge è quello di acquisire la proprietà sui beni lasciati dalle migliaia di palestinesi che sono state cacciate da Israele durante la Nakba. Non solo furono confiscate le terre di coloro che erano stati espulsi da Israele ma anche coloro che erano rimasti all'interno del paese persero le loro proprietà. Essi sono stati considerati legalmente “assenti” e oggi in Israele ci sono circa 250.000 presenti assenti: sono coloro che, diventati profughi pur senza aver abbandonato il paese, risultavano presenti in Israele dopo la sua fondazione, e di conseguenza ne hanno acquisito la cittadinanza, ma sono considerati “assenti” dallo stato. In questo modo hanno perso ogni diritto sulle case e sui terreni e non è stata fornita loro nessuna forma di risarcimento.
La progressiva diminuzione delle terre dei palestinesi (dal 1946 al 2000)
Altre leggi hanno contribuito all’espansione delle terre israeliane: la legge 125 consente ai comandanti militari di dichiarare alcune aree zone militari chiuse, e la legge 5709 permette l’evacuazione, “per motivi di sicurezza”, di aree vicine al confine. Tra il 1948 e il 1965 sono state confiscate con questi metodi più di 12.500 km² di terre.
Le conseguenze di queste leggi si ripercuotono sul presente: ancora oggi molti palestinesi di Israele vivono come profughi all’interno del loro stesso paese, e molti villaggi all’interno di Israele sono legalmente “non riconosciuti”, privi di acqua, elettricità, sanità, trasporti e scuole: questi villaggi, la maggior parte dei quali si trova nel Negev, ufficialmente non “esistono” e sono costantemente vittima di violenti attacchi, di demolizioni di case e di confisca delle terre da parte dell’esercito israeliano
Dal 1967, con l’occupazione israeliana della Cisgiordania e di Gaza, si apre un nuovo capitolo nella storia dell’espropriazione dei terreni dei palestinesi. Dal 1968, e in maniera più estesa dal 1977, Israele dà inizio al processo di colonizzazione della Cisgiordania confiscando i terreni per necessità militari. Dopo un parere contrario della Corte che ha accolto un ricorso presentato dagli abitanti di un villaggio palestinese, Israele ha cambiato tattica e ha deciso di dichiarare la terra proprietà statale. L’Amministrazione Civile è la responsabile di questo atto ed è semplicemente necessario informare di questa dichiarazione gli abitanti del villaggio, i quali hanno 15 giorni di tempo per presentare ricorso alla corte militare di riferimento. Come risultato di questo procedura in poco più di trent’anni le terre statali sono passate da 527 km² a 5500 km² .
Nel caso del villaggio di al-Ma’sara al-Gharbyia, i residenti devono fare riferimento alla corte di Ofer, situata proprio dentro una colonia israeliana e quindi di fatto inaccessibile ai palestinesi. Le possibilità di successo sono molto basse, solo il 5% dei ricorsi che sono stati presentati fino ad ora hanno avuto un esito positivo. Molti sono gli ostacoli incontrati: la lingua con cui si svolge il processo è in ebraico, idioma compreso da un numero limitato di palestinesi, e la difficoltà di raggiungere i legali israeliani è estrema dato che ai palestinesi non è permesso entrare in Israele.
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