Obama ha distrutto le chance di uno Stato palestinese

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22/05/2011

Original Version: Obama demolished Palestinian chances for statehood

Nel suo nuovo discorso, il presidente americano ha appoggiato la richiesta israeliana di uno Stato palestinese smilitarizzato, si è detto favorevole a rinviare i negoziati sui profughi palestinesi e su Gerusalemme, ha parlato esclusivamente della sicurezza di Israele; così facendo, ancora una volta ha dimostrato che gli USA non sono un mediatore imparziale – scrive il giornalista israeliano Gideon Levy

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Benjamin Netanyahu avrebbe anche potuto annullare il suo viaggio a Washington: Barack Obama ha fatto il lavoro al suo posto, almeno in gran parte. Ma il primo ministro israeliano è partito comunque, dunque avrebbe almeno potuto portare alla Casa Bianca un grande mazzo di fiori.

Netanyahu può mettersi a sedere e rilassarsi. Non è che Obama non abbia pronunciato parole chiare e ferme sul Medio Oriente; è solo che la maggior parte di tali parole, se non tutte, avrebbe potuto pronunciarle lo stesso Netanyahu, il quale avrebbe poi continuato a fare come gli pare.

I 1.500 nuovi appartamenti a Gerusalemme verranno costruiti comunque, discorso o non discorso. Il vero banco di prova per il discorso di Obama, come per quello di qualsiasi altro, è ciò che succederà dopo, e il sospetto è che non succederà proprio niente.

Obama non ha detto una parola su cosa accadrà se le parti disobbediranno alle sue condizioni. Questo è stato il discorso del re, ma il re appare già nudo. Considerando la debolezza dell’America, e il potere del Congresso e delle lobby ebraica e cristiana che lavorano a vantaggio del governo israeliano, la destra israeliana può rilassarsi e continuare a fare quello che già fa.

Giovedì il presidente degli Stati Uniti ha demolito l’unico successo raggiunto dai palestinesi fino a questo momento: l’ondata di sostegno internazionale a favore del riconoscimento di uno Stato palestinese all’ONU in settembre. La speranza di settembre è morta la notte di giovedì. Dopo il pronunciamento dell’America, anche l’Europa probabilmente ritirerà il suo sostegno; sono finite le speranze in una dichiarazione storicamente significativa alle Nazioni Unite.

I palestinesi sono rimasti ancora una volta con il sostegno di Cuba e Brasile, mentre noi siamo riusciti a conservare il sostegno dell’America. Ecco un altro motivo per tirare un sospiro di sollievo a Gerusalemme: nessuno tsunami diplomatico incombe, gli Stati Uniti rimangono fermamente schierati con Israele.

Purtroppo, il presidente americano ha anche espresso riserve sul governo di unità nazionale palestinese. Gli Stati Uniti sostengono la richiesta israeliana di uno Stato palestinese che sia smilitarizzato, appoggiano il rinvio della discussione sui rifugiati e su Gerusalemme, parlano solo e soltanto della sicurezza di Israele, senza dire nulla sulla sicurezza dei palestinesi. Tutti questi sono impressionanti successi – anche se per il momento solo virtuali –raggiunti da Israele.

I palestinesi giovedì non sono stati annoverati fra i popoli arabi oppressi del Medio Oriente che hanno bisogno di essere liberati e aiutati sulla strada verso la democrazia. Obama ha parlato in maniera impressionante a proposito dei corrotti alleati dell’America in Medio Oriente, ed ha fornito ulteriore incoraggiamento ai popoli della regione.

Se il primo discorso del Cairo ha fornito l’ispirazione iniziale, “Cairo 2” ha fornito una spinta ancor più significativa. Obama e la sua determinazione a questo proposito dovrebbero essere lodati. Tuttavia le sue parole sono state ascoltate non solo a Damasco e Bengasi, ma anche a Jenin e Rafah. Voleva forse lodare anche quello che è accaduto a Majdal Shams (villaggio druso sulle alture del Golan, sotto il controllo israeliano dal 1967, dove il 15 maggio vi sono stati feriti e almeno un morto fra i dimostranti palestinesi che manifestavano contro l’occupazione israeliana in occasione della Giornata della Nakba (N.d.T.) )? Viva i dimostranti disarmati, sperando che Obama includa fra essi anche quelli palestinesi. Se è così, è un peccato che egli non lo abbia detto.

Quando ha citato l’ambulante tunisino che fu umiliato da una poliziotta che aveva rovesciato la sua bancarella – quel venditore che più tardi si diede fuoco appiccando la rivoluzione – Obama ha pensato anche alle centinaia di ambulanti palestinesi che hanno subito la stessa identica sorte per mano di soldati e poliziotti israeliani? Quando ha parlato nobilmente della dignità degli ambulanti oppressi, parlava anche dei loro fratelli palestinesi? Il suo discorso non lo ha fatto capire a sufficienza.

Il conflitto tra Israele e i palestinesi è stato relegato ai margini nel discorso di Obama, più di quanto meritasse. Questo conflitto suscita ancora grandi passioni nel mondo arabo, e con tutto il rispetto per il nuovo Piano Marshall per l’Egitto e la Tunisia, le masse arabe non vogliono vedere un’altra operazione “Piombo Fuso” né ulteriori posti di blocco sui loro schermi televisivi. Quando Obama ha parlato di noi, il tono è stato diverso.

E’ vero, ha usato parole severe a proposito di come uno stato ebraico e democratico non sia compatibile con un’occupazione. Ha citato anche un chiaro piano presidenziale – i confini del ‘67 con alcune correzioni, uno Stato palestinese e uno Stato ebraico, sicurezza per Israele e smilitarizzazione per la Palestina.

Ma cerchiamo di non emozionarci troppo. Si tratta di discorsi già sentiti, non solo da parte dei presidenti americani, ma degli stessi premier israeliani. E cosa abbiamo ottenuto? Ancora un altro quartiere ebraico a Gerusalemme Est.

Il cuore vuol credere che questa volta sia diverso, ma la testa – resa saggia dall’amara esperienza, dopo anni di piani di pace messi nel cassetto e di vacui discorsi – stenta a crederlo.

Gli ottimisti diranno che il discorso di giovedì ha segnato la fine dell’occupazione israeliana. I pessimisti – ed io, purtroppo, tra essi – diranno che si è trattato solo di un altro discorso. E non ha cambiato nulla, né in meglio né in peggio.

Gideon Levy è un giornalista israeliano; è membro del comitato di redazione del quotidiano “Haaretz”; è stato portavoce di Shimon Peres dal 1978 al 1982

One Response to “Obama ha distrutto le chance di uno Stato palestinese”

http://www.medarabnews.com/

http://www.haaretz.com/

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