di Ramzy Baroud
13 giugno 2018
Quello che si svolge ora in Palestina non è un ‘conflitto’. Usiamo facilmente quel termine, ma, di fatto, la parola ‘conflitto’ è fuorviante. Mette allo stesso livello i palestinesi oppressi e Israele, una potenza militare che viola numerose risoluzioni delle Nazioni Unite.
E’ questa terminologia ambigua che permette alle persone simili all’Ambasciatrice degli Stati Uniti all’ONU, Nikki Haley, di sostenere il ‘diritto di difendersi’ di Israele, come se i Palestinesi occupati militarmente e colonizzati fossero quelli che minacciano la sicurezza del loro occupante e persecutore.
Infatti, questo è precisamente quello che ha fatto la Haley per replicare a una bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, presentata dal Kuwait per fornire un minimo grado di protezione ai Palestinesi. La Haley ha posto il veto alla bozza, continuando così una fosca eredità statunitense di difesa di Israele, malgrado la continua violenza di questo contro i Palestinesi.
Non ci sorprende che su 80 veti esercitati al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, la maggioranza è stata scatenata per proteggere Israele. Il primo veto del genere per il bene di Israele c’è stato nel settembre 1972 e l’ultimo, usato dalla Haley, il 1° giugno 2018.
Prima di essere messa ai voti, la bozza del Kuwait è stata revisionata tre volte per ‘annacquarla’. Inizialmente, chiedeva la protezione dei Palestinesi dalla violenza israeliana.
La stesura finale chiedeva soltanto “La considerazione di misure per garantire la sicurezza e la protezione della popolazione civile palestinese nel Territorio Palestinese Occupato, compresa la Striscia di Gaza.”
Comunque, la Haley ha trovato il linguaggio “esageratamente unilaterale.”
Il quasi consenso in appoggio alla bozza del Kuwait ha incontrato il rifiuto completo della bozza di risoluzione della Haley che chiedeva che i gruppi palestinesi cessassero “tutte le azioni provocatorie” a Gaza.
Tali azioni cui fa riferimento la bozza della Haley è la mobilitazione di massa di diecine di migliaia di Palestinesi a Gaza che avevano protestato pacificamente per settimane, sperando che le loro proteste avrebbero rimesso l’assedio israeliano a Gaza sull’agenda dell’ONU.
La bozza della contro risoluzione della Haley non ha ottenuto un solo voto favorevole, tranne quello della stessa Haley. Questa umiliazione, però, a livello internazionale, non è certo di grande importanza per gli Stati Uniti che hanno scommesso sulla loro reputazione internazionale e sulla politica estera per proteggere Israele a ogni costo, anche dagli osservatori disarmati il cui compito è semplicemente di riferire che cosa vedono sul terreno.
La ‘forza’ più recente di questo genere è stata di 60 membri, in seguito saliti a 90 – della Presenza Internazionale Temporanea a Hebron (TIPH)*.
La TIPH è stata creata nel maggio 1996 e ha presentato molte relazioni sulla situazione nella città palestinese occupata, specialmente nell’Area H-2, una piccola parte della città che è controllata dall’esercito israeliano per proteggere alcuni dei più violenti coloni ebrei illegali.
Jan Kristensen, tenente colonnello dell’esercito norvegese che è stato a capo della TIPH, ha detto queste parole, subito avere completato la sua missione di un anno a Hebron nel 2004:
“L’attività dei coloni e dell’esercito nell’area H-2 di Hebron, sta creando una situazione irreversibile. In un certo senso si sta compiendo una pulizia etnica. In altre parole, se la situazione continua così per altri pochi anni, il risultato sarà che nessun palestinese rimarrà lì.”
Ci si può soltanto immaginare che cosa è toccato a Hebron da allora. L’esercito e i coloni ebrei si fatti così tanto coraggio che uccidono a sangue freddo i Palestinesi con scarse conseguenze o senza nessuna.
Un episodio di questo genere è diventato particolarmente famoso, perché è stato filmato. Il 24 marzo 2015 un soldato israeliano ha eseguito un’operazione di routine, sparando alla testa di un palestinese ferito caduto a terra.
L’uccisione di Abed al-Fattah al-Sharif, di 21 anni, è stata filmata da Imad Abushamsiya. Il video, divenuto virale, ha provocato enorme imbarazzo a Israele, costringendolo a fare un finto processo in cui il soldato che aveva ucciso al-Sharif ha ricevuto una condanna leggera; in seguito è stato liberato con un’accoglienza adatta a un eroe.
Invece, Abushamsiya, che ha filmato l’uccisione, è stato perseguitato sia dall’esercito che dalla polizia di Israele, e ha ricevuto numerose minacce di morte.
L’abitudine israeliana di punire chi diffonde una loro azione violenta, non è nuova. Anche la madre di Ahed Tamimi, Nariman, che ha filmato sua figlia adolescente che affrontava i soldati israeliani armati, è stata sottoposta a fermo e condannata.
Israele ha praticamente punito i Palestinesi per avere registrato il loro assoggettamento da parte delle truppe di Israele, contemporaneamente autorizzando proprio questi soldati a fare come gli piace; Israele è ora in procinto di trasformare in legge questa realtà quotidiana.
Una legge del parlamento israeliano è stata proposta alla fine di maggio, e proibisce di “fotografare e documentare i soldati (dell’occupazione israeliana)”, e criminalizza chiunque abbia filmato, fotografato e/o registrato i soldati nello svolgimento del loro dovere.”
La legge che è appoggiata dal Ministro della Difesa, Avigdor Lieberman, chiede un periodo di cinque anni di prigione per chi la viola.
La legge praticamente significa che qualsiasi forma di controllo nei confronti dei soldati israeliani è un atto criminale. Se questo non è un invito a crimini di guerra perpetui, che cosa è?
Tanto per essere sicuri, una seconda legge propone di dare immunità ai soldati sospettati di attività criminali durante le operazioni militari.
La legge è promossa dal Ministro della Difesa, Eli Ben Dahan e sta guadagnando appoggio al Parlamento israeliano
“La verità è che la legge di Ben Dahan è totalmente inutile”, ha scritto Orly Noy sulla Rivista Israeliana +972 (è una rivista on line basata su blog; 972 è il prefisso telefonico internazionale condiviso da Israele e Palestina, n.d.r.).
Noy ha citato un rapporto recente della organizzazione israeliana per i diritti umani ‘Yesh Din’ che dimostra che “i soldati che si presume commettano crimini contro la popolazione palestinese nei Territori Occupati godono di una quasi totale impunità.”
Ora, i Palestinesi sono vulnerabili più che mai prima d’ora, e Israele, con l’aiuto dei “facilitatori” americani, è più sfrontato che mai.
Questa tragedia non può continuare. La comunità internazionale e le organizzazioni della società civile – indipendenti dal governo statunitense e dai suoi vergognoso veti, deve assumersi la responsabilità di controllare l’azione di Israele e di fornire una seria protezione ai Palestinesi.
Israele non dovrebbe avere le mani libere per maltrattare i Palestinesi quando vuole, e la comunità internazionale non dovrebbe stare in attesa a guardare lo spettacolo cruento che continua a svolgersi.
https://www.difesa.it/OperazioniMilitari/op_intern_corso/TIPH/Pagine/default.aspx
https://www.agi.it/estero/ahed_tamimi-3322849/news/2017-12-29
Ramzy Baroud è un giornalista, scrittore e direttore di Palestine Chronicle. Il suo prossimo libro è: ‘The Last Earth: A Palestinian Story’ (Pluto Press, London). Baroud ha un dottorato in Studi Palestinesi dell’Università di Exeter ed è Studioso Non Residente presso il Centro Orfalea per gli Studi Globali e Internazionali all’Università della California, sede di Santa Barbara. Visitate il suo sito web: www.ramzybaroud.net.
Nella foto: donne Palestinesi discutono con i poliziotti with israeliani durante una protesta a Gerusalemme.
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/beating-the-us-veto
Originale: non indicato
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2018 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0
OPPORSI AL ‘VETO’ DEGLI STATI UNITI
http://znetitaly.altervista.org/art/25222
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