Palestina: “ho parlato a un soldato”

505

Le persone cambiano ma il progetto continua.

Come ogni venerdi, nel villaggio di Al’Masara si svolge la manifestazione del comitato popolare per la resistenza non violenta.

Siamo circa sessanta: palestinesi, volontari italiani e francesi, un numero imprecisato di bambini che distribuiscono bandiere, e un po’ di cipolle in tasca per difenderci da eventuali lacrimogeni.

Raggiungiamo la strada, e ci troviamo di fronte ad un numero sproporzionato di soldati, camionette e blindati, forse in risposta all’impreparazione alla manifestazione precedente. Stavolta non ci lasciano neanche uscire dal villaggio. Siamo schierati in un fronteggia mento molto serrato, e un attivista francese inizia a parlare, esprimendo senza violenza, ma con tutta l’assertività di cui dispone, le ragioni della nostra presenza e della nostra protesta. Anche altre persone iniziano a parlare, mi guardo intorno e tra i soldati scorgo un Falasha – così vengono chiamati spregiativamente gli ebrei del Corno d’Africa. Di fronte a lui un giovane palestinese ed un ragazzino, cosi vicini che quasi lo toccavano. Quel contatto mi rivela un’inaspettata somiglianza tra i tre giovani. Gli sguardi che si scambiano sono duri e fissandosi negli occhi si sfidano. Senza rendermene conto mi avvicino, e di getto inizio a parlare al soldato.

“Guarda come vi assomigliate –gli dico – sembrate fratelli, avete tutti le stesse storie di separazione e di oppressione, avete tutti la stessa voglia di vivere in pace: genitori ,fratelli, sorelle e fidanzate,amici e desideri, voglia di vivere bene di poter lavorare in pace e di tornare sereni a casa”.

Anche i due giovani palestinesi iniziano a parlare quietamente al soldato. Noto il suo sguardo velarsi e mostrare una commozione che non mi aspettavo. Appoggio le mani sulle spalle dei due giovani, quasi preoccupata che quel tono tranquillo possa non durare. Si continua a parlare e anche il soldato pronuncia alcune parole: “Devo eseguire gli ordini”. Il commilitone lo zittisce subito.

Nel frattempo, in un’altra parte dello schieramento, nonostante i toni bassi e la tensione smorzata dalle battute e dagli interventi degli attivisti, un soldato colpisce col manganello uno degli organizzatori.

Dopo un sit-in improvvisato sulla strada torniamo in casa, e mentre stiamo gustando un utilizzo alternativo delle nostre cipolle veniamo avvertiti che gli ultimi manifestanti sono stati dispersi da un lacrimogeno.

Yallah zeituna!

Postato il ottobre 28, 2011 da raccogliendolapace

Quest'opera viene distribuita con Licenza Creative Commons. Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia.

Lascia una risposta

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.