Palestina: l’amore al tempo dell’ occupazione

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Non e’ stato certo un San Valentino felice quello vissuto dalle tante coppie palestinesi separate dalle misure israeliane. E sul sito “Love under Apartheid” raccontano il loro amore vissuto solo attraverso il telefono e skype.

MICHELE GIORGIO

Gerusalemme, 15 febbraio 2012, Nena News – Per San Valentino Maher e Randa avrebbero voluto festeggiare assieme il loro amore sbocciato qualche mese fa. Divorziati entrambi, lui taxista 52enne di Gerusalemme, lei insegnante 48enne di Gaza, dopo anni trascorsi a tirare su figli ora grandi, si sono conosciuti per caso ed innamorati subito. Dopo qualche settimana si sono sposati, poi Randa è dovuta rientrare nella Striscia. Da allora non si sono più incontrati. Per loro due la festa degli innamorati è stata solo una lunga telefonata. «Le autorità israeliane non mi permettono di andare a Gaza e l’esercito nega a mia moglie il permesso di entrare a Gerusalemme», spiega Maher. I due avevano avuto modo di conoscersi durante un periodo di cure mediche trascorso da Randa a Gerusalemme. «Mia moglie – aggiunge Maher – doveva tornare qui per un secondo ciclo di cure e per sistemare i documenti. Invece all’improvviso i militari israeliani hanno cambiato idea e Randa è bloccata a Gaza». Lui non si perde d’animo e dice che proveranno a rivedersi in Egitto. Ma vivere insieme forse sarà impossibile.

La Legge sulla cittadinanza che dal 2003 nega agli sposi palestinesi di cittadini israeliani il diritto a diventare cittadini o di risiedere in Israele, impedisce a Randa di raggiungere il marito. Maher, pur non essendo un cittadino israeliano, ha lo status di «residente permanente» a Gerusalemme e ciò non gli consente di andare a Gaza (i permessi «per ragioni di sicurezza» vengono rilasciati solo in casi eccezionali). La coppia potrebbe essere costretta a trasferirsi all’estero ma per i palestinesi non è semplice ottenere il permesso di soggiorno in un altro paese, anche arabo. «E’ un giorno buio per la protezione dei diritti umani e per la Corte suprema israeliana che non è riuscita a difendere un diritto fondamentale. Si colpisce la vita di tante famiglie il cui unico peccato è di avere nelle vene sangue palestinese». Fu questo il commento degli avvocati dell’Associazione per i diritti civili in Israele (Acri), Dan Yakir e Oded Feller, alla decisione presa il mese scorso della Corte di respingere i ricorsi presentati contro della Legge sulla cittadinanza.

Nella condizione di Randa e Maher sono centinaia di famiglie, migliaia di persone se si contano anche i figli, il più delle volte separati dai padri residenti in Cisgiordania e che non possono unirsi alla famiglia in Israele. I palestinesi ora hanno deciso di non rimanere in silenzio e alcuni giorni fa è partita una campagna in rete per dare spazio alle vicende di queste coppie spezzate con la forza. Si chiama “Love under Apartheid” e sul sito (http://loveunderapartheid.com/) tanti, grazie alla webcam, raccontano la loro storia fatta di amori vissuti attraverso il telefono e skype. E non sono pochi gli stranieri, anche occidentali, che incontrano forti difficoltà a vivere assieme ai loro partner palestinesi. «In un posto dove anche l’amore diventa impossibile, le storie personali che inseriamo servono a rendere nota al mondo la condizione di individui che sono schiacciati dall’oppressione anche nella vita privata, nell’amore e l’affetto che provano per un’altra persona», spiega Tanya Keilani, la coordinatrice di “Love under Apartheid”.

Per Israele invece è solo una questione di «incrementi demografici» indesiderati. Secondo i giudici della Corte suprema accordare la cittadinanza o anche la semplice residenza in Israele e a Gerusalemme ai palestinesi dei Territori occupati, mette a «rischio» la maggioranza ebraica del paese. «I diritti umani non sono una ricetta per un suicidio nazionale», ha scritto nella sentenza del mese scorso il giudice Asher Grunis. Nena News

http://nena-news.globalist.it/?p=17083

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