Fiumi di inchiostro sulla questione ma non è banale annotare che i tre giovani israeliani non sono stati rapiti sul lungomare di Tel Aviv ma nei Territori che sono occupati da 47 anni. Un israeliano che decide di viverci, in molti casi con motivazioni ideologiche, sa che corre dei rischi. Come i palestinesi che vivono nel pericolo di essere malmenati o uccisi dai giovani coloni estremisti che sradicano i loro ulivi; che rischiano le fucilate e l’arresto nei raid dei militari israeliani; che possono morire nelle ambulanze bloccate ai posti di blocco che dividono la gente dai loro ospedali, dalle scuole, dai luoghi di lavoro.
Hebron, dove gli israeliani pensano si siano nascosti i rapitori, è una città nella quale poche centinaia di coloni israeliani estremisti e violenti tengono sotto scacco 180mila residenti palestinesi. Secondo voi cosa è più facile che produca questa realtà: ingegneri o terroristi e rapitori?
Israele ha il diritto di cercare di liberare i suoi tre giovani e ha ragione ad arrestare di nuovo quei palestinesi che erano stati liberati in base agli accordi di pace, quando la trattativa esisteva. Ora che il negoziato è morto e si stanno dissolvendo le ragioni a favore della soluzione dei due Stati per due popoli, si torna alla legge della jungla: gli israeliani riarrestano, propongono di rendere ai palestinesi di Cisgiordania la vita più invivibile di quanto già non sia. E i più pazzi e disperati fra i palestinesi rapiscono israeliani.
Abu Mazen ha condannato con un certo ritardo il rapimento. Ma col passare dei giorni ha deciso di agire e collaborare con gli israeliani perché ha capito che la temperatura della piazza palestinese sale pericolosamente. “Sono esseri umani come noi e dobbiamo fare in modo che tornino alle loro case”, ha detto Abu Mazen dei tre giovani coloni, scegliendo una platea importante: l’incontro a Jeddah dei ministri degli Esteri dei Paesi islamici.
Ma Netanyahu e il suo ministro della Difesa, l’ex generale Moshe Ya’alon dichiaratamente contrario a uno Sato palestinese, non hanno accolto l’offerta di collaborazione. Forse pensano di avere l’opportunità di dare un colpo mortale a Gaza e Hamas, ignorando le piazze della Cisgiordania in subbuglio e soprattutto quello che sta accadendo attorno, in Medio Oriente. Immaginatevi una terza Intifada fra l’instabilità egiziana, la guerra civile siriana, milioni di profughi in Libano e Giordania e l’assalto jihadista in Iraq.
Da Slow News
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