Quali memorie? Per quali vittime?

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di Gideon Spiro

Il governo israeliano e i suoi organi di propaganda hanno acutamente pensato di avvicinare fino ad unire in un’unica celebrazione la Giornata della Memoria per le vittime dell’Olocausto e quella della Memoria per i soldati caduti nelle guerre di Israele. A legare le due celebrazioni l’intuizione della progressione “dalla Shoah alla rinascita”. Le vittime commemorate nella prima sono morte perché non potevano combattere e quelle ricordate nella seconda sono state uccise come “eroi di guerra”. Il messaggio è chiaro: per evitare un nuovo olocausto è necessario che un gran numero di soldati siano disposti a venir uccisi per lo Stato di Israele. Il sistema ha funzionato bene finora. Prima di arruolarsi nell’esercito, i giovani israeliani vengono mandati, con l’incoraggiamento del governo di Israele e il suo esercito, al campo di sterminio di Auschwitz tramite viaggi organizzati, da dove sono pronti a tornare volontari nelle unità di combattimento dell’esercito. L’Olocausto ha finora dimostrato di essere l’ufficio di arruolamento più efficace per l’esercito israeliano.

Nelle cerimonie ufficiali per il Giorno della Memoria i rappresentanti del governo, dell’esercito e dello Yad Vashem trovano molto conveniente parlare in nome dei morti. Ogni speaker ufficiale può proiettare le sue opinioni e i suoi desideri su di loro, e i morti non possono rispondere. Questa è una posizione comoda per i capi del regime israeliano che hanno trasformato l’Olocausto in un’arma politica efficace e in una fonte di denaro che non li deluderanno.

Tra l’altro decine di migliaia di sopravvissuti all’Olocausto in Israele vivono in condizioni di povertà terribile. Alcuni non sono nemmeno in grado di pagare i loro farmaci, perché il governo di Israele non è disposto a trasferire loro quello che invece la Germania dà ai suoi sopravvissuti. I vari governi israeliani hanno ricevuto molti miliardi di dollari a causa della Shoah ma esso, invece di fornire un sostegno adeguato ai sopravvissuti che emigrarono in Israele, ne concede loro solo le briciole. Lo stesso governo che non ha i soldi per aiutare i sopravvissuti all’Olocausto, ne ha in abbondanza per sostenere i coloni e l’occupazione e per garantire una generosa pensione a vita per i militari che si congedano anche solo a 40 anni.

Le cause dell’Olocausto sono radicate in un’ideologia razzista e l’ovvia lezione che avremmo dovuto imparare è quella di attivare una lotta senza compromessi contro il razzismo e i suoi derivati: la xenofobia, la tirannia e la violazione dei diritti umani. Non solo tale lezione non è stato appresa in Israele, ma esso si è trasformato in un ricettacolo di ideologie razziste e crudeli, diventando un regime di oppressione le cui vittime principali sono i palestinesi nei Territori occupati.

Durante le celebrazioni per il Giorno della Memoria, la parte del leone la fanno i leader dell’esercito e in particolare quei militari che arrivano direttamente dalle loro missioni di occupazione, oppressione e umiliazione nei Territori occupati mentre nessuno tra i giornalisti presenti ha mai visto in questo qualcosa di strano. Yediot Aharonot e Maariv, tra le testate a più alta tiratura hanno addirittura pubblicato le foto del capo del Mossad Meir Dagan, l’assassino di Dubai e dell’ex Capo di stato maggiore Gabi Ashkenazi, chiamato il “Macellaio di Gaza”. Questi sono i volti con cui Israele commemora l’Olocausto.

Ciò che è stato detto su Il Giorno della Memoria dell’Olocausto vale anche per la Giornata della memoria delle vittime delle guerre di Israele, che si svolge il giorno prima. Anche qui l’esercito ha un ruolo centrale negli eventi di commemorazione. Durante le cerimonie nei cimiteri di tutto il paese, i leader del governo e dell’esercito sottolineano spesso come “noi portiamo a compimento l’eredità che ci hanno lasciato i caduti”. Questo è molto bello, ma cosa significa eredità? Può limitarsi solo al ricordo delle ventiduemila vittime di guerra? Certo che no.

Sono vittime di guerra anche coloro che hanno partecipato alle guerre in cui non credevano, perché non avevano il coraggio di rifiutare. La loro eredità è completamente diversa da quella proclamata dai governi israeliani di estrema destra. Come nel giorno di commemorazione dell’Olocausto, anche qui i morti non possono rispondere. Per fortuna sono ancora vivi alcuni che esprimono una verità diversa. Sono ancora una minoranza, ma non sarà zittita e continuerà ad offrire una visione alternativa di questo concetto.

Dobbiamo riconoscere che una parte consistente dei caduti di guerra sarebbe ancora tra noi, se i governi israeliani avessero adottato politiche pacifiche invece di azioni militari, di occupazione e di espansione.

Diversi anni fa il governo di Israele ha aggiunto ai caduti di guerra le “vittime del terrorismo palestinese”, poco più di tre mila persone. Se sostituiamo alla lingua ufficiale il linguaggio della realtà concreta, le vittime dovrebbero essere chiamate “vittime della politica di occupazione e di colonizzazione” o “vittime della lotta palestinese contro l’occupazione o almeno “vittime del contro-terrorismo palestinese al terrorismo dell’occupazione israeliana.

Haaretz, 21 aprile 2010

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