Quando la vita vale poco

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admin | December 12th, 2011 – 1:40 pm

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Consigli di lettura, stamattina. Concentrati, come vedrete, sulla morte di Mustafa Tamimi, l’attivista palestinese di 28 anni ucciso da un candelotto lacrimogeno sparato a distanza ravvicinta da un soldato israeliano, dall’interno di una camionetta. La morte di Tamimi è diventato subito un caso, perché è il simbolo – evidente, ma solo a chi è qui – di quello che succede in Cisgiordania. Di quello che l’espansione delle colonie provoca (a proposito, oggi il ministro della difesa Ehud Barak ha dato il via libera alla costruzion di altre 40 unità immobiliari in uno dei blocchi di colonie più imponenti, Gush Etzion, che si estende da Betlemme a Hebron tagliando la Cisgiordania meridionale). Eppure, a guardare la rassegna stampa italiana, questa morte assurda e violenta non ha rilievo.

Non mi stupisco, ovviamente. Ma proprio per questo forse è il caso di dare, a chi legge questo blog, altri consigli di lettura. Per non trovarsi poi, ancora una volta, sguarniti di fronte agli eventi mediorientali. Il primo consiglio viene dalla stampa israeliana. Perché a Mustafa Tamimi Haaretz ha dedicato oggi il suo editoriale, dal titolo chiaro. “In Israele, la vita di un palestinese vale poco”,scrive Haaretz, descrivendo non solo come Tamimi è morto, ma anche i casi lo hanno preceduto. Vale la pena leggerlo.

On the day Tamimi was killed, Chaim Levinson published a report in Haaretz that dealt with the failings of the Israel Police’s Judea and Samaria District with regard to investigations into harm to Palestinians. Concerning the killing of 10-year-old girl Abir Aramin by the IDF in early 2007, the High Court of Justice ruled that the incident was improperly handled; and to date, no one has been called on to answer for the 2009 killing of demonstrator Bassem Abu Rahme. Will the death of Mustafa Tamimi be added to the statistics that show that in Israel, the life of a Palestinian is cheap?

Negli stessi momenti in cui Mustafa Tamimi veniva ucciso, Newt Gingrich pronunciava il suo verbo. “I palestinesi sono un popolo che non esiste”. Un mantra che ho sentito con le mie orecchie pronunciare alla destra israeliana, che chiama i “palestinesi” semplicemente “arabi”, senza alcuna connotazione nazionale, e candidamente propone una ricetta semplice: i paesi arabi si potrebbero dunque prendere i palestinesi, così da realizzare il disegno della Grande Israele, fino al Giordano. E’ il disegno dei coloni, e Gingrich non ha fatto altro che sdoganarlo e proporlo al suo elettorato. I palestinesi, dal canto loro, si sono un po’ indispettiti, per il Gingrich-pensiero… Propongo, allora, la lettura del commento di una giornalista palestinese intelligente, acuta e brillante come Joharah Baker, su Miftah. E’ un commento che, non poteva essere altrimenti, mette insieme Mustafa Tamimi e Gingrich. I commenti ulteriori sono superflui.

Se non avete ancora abbastanza, e volete leggere altre notizie che non leggerete sulla stampa mainstream, ecco allora una cronaca di Maannews, agenzia di stampa palestinese, che parla dell’attacco compiuto ieri, domenica, da centinaia di coloni (“erano armati, e indossavano uniformi nere, come se fossero una milizia”, dicono i testimoni) contro un villaggio palestinese vicino Nablus. Altra area, quella sì, dove la violenza dei coloni si fa sentire quotidianamente, o quasi. E per le conferme, ci si può affidare al settimanale rapporto dell’OCHA, l’ufficio Onu per le questioni umanitarie.

Ah, non è finita, perché sul sito online di Yediot AhronotYnet, è arrivata agli onori della cronaca la querelle scoppiata su twitter per le frasi – irriverenti – scritte da alcuni ufficiali dell’esercito israeliano sulla morte di Mustafa Tamimi, e riportate dal britannico Telegraph. Anche in questo caso, i commenti sono veramente pleonastici.

E poi Gaza: capitolo che non ha avuto molta risonanza, nonostante nello stesso giorno in cui è stato ucciso Mustafa Tamimi in Cisgiordania, nella Striscia sia invece morto un ragazzino di 12 anni, dopo un bombardamento israeliano su quella che è stata definita una installazione militare di Hamas. La tensione a Gaza e nel sud di Israele è di nuovo salita dopo che l’aviazione israeliano ha fatto il 7 dicembre un bombardamento di tipo preventivo per prevenire – appunto – la possibilità di lanci di razzi contro i soldati di Tsahal. Raid su Gaza City, miliziani della Jihad islamica uccisi, e successivo lancio di razzi contro le cittadine del Negev. Di nuovo bombardamenti israeliani su Gaza, il 9 dicembre, e stavolta il bilancio delle vittime sale: un morto, e 13 membri della sua famiglia feriti, compresi 7 bambini. E’ la escalation di rito, per così dire, ma questo cinismo da cronista non rende meno duro il fatto che la gente muoia. Anzi.

La playlist: il brano per oggi è Bloody Sunday. U2 live da Chicago.

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