Quei giovani europei che combattono in Siria. E ora sono sotto la lente dell’antiterrorismo

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2 MAG 2013

 Fighters from the Islamist Syrian rebel group Jabhat al-Nusra clean their weapons in Aleppo

Due ribelli del gruppo jihadista Jabhat al-Nusra ad Aleppo in uno scatto del 24 dicembre scorso (foto di Ahmed Jadallah / Reuters)

I numeri, a dire il vero, sono un po’ ballerini. Si va da un minimo di 135 a un massimo di 590. Però sono cifre prudenti. Il che la dice lunga su come, alla fin fine, il fenomeno sia davvero difficile da quantificare. E con il quale, prima o poi, bisognerà fare i conti. Anche da noi. Alcuni di loro torneranno a casa. «Molto più motivati e ispirati dal radicalismo islamico», per dirla con il capo dell’anti-terrorismo dell’Ue. Perché la maggior parte è fatta di giovani. Quasi tutti sono musulmani. E in tanti hanno già esperienze belliche. In Iraq o Afghanistan.

I conti, allora. Scrive un dossier dell’International centre for the study of radicalization (Icsr) che «centinaia di cittadini europei sono andati in Siria» negli ultimi mesi «per dare una mano ai ribelli a sconfiggere le forze del presidente Bashar Assad». Chi per ragioni religiose. Chi per spirito d’avventura. Chi per liberare un Paese.

Arrivano soprattutto da Regno Unito, Francia, Germania, Svezia e Belgio. Nessuno, per ora, arriva dall’Italia. Sono almeno 135 e potrebbero toccare quota 590. Di questi, come minimo 70 (e al massimo 441) sono ancora nel Paese. E potrebbero andare ad aumentare il numero delle vittime europee che per ora è fermo a 8 (su 249 stranieri uccisi in totale). Dall’inizio della guerra civile – correva l’anno 2011 – l’Icsr stima che tra i 2.000 e i 5.000 cittadini con un passaporto non siriano abbiano combattuto o lo stiano facendo tutt’ora nel Paese di fianco alle forze di opposizione.

Ecco, gli europei. Arrivano da Albania, Austria, Belgio, Regno Unito, Bulgaria, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Kosovo, Olanda, Spagna e Svezia. E su quasi tutti loro le agenzie d’intelligence investigheranno, ragioneranno. Perché in Siria da mesi è attiva Jabhat al-Nusra, gruppo jihadista legata ad al Qaeda. Perché gli europei possono trasformarsi in cellule dormienti a casa loro. E perché gli 007 temono possano tornare in patria sapendo costruire una bomba o, in generale, come far male a decine, centinaia di persone.

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L’ex soldato americano Eric Harroun (a destra) insieme a un miliziano anti-Assad del gruppo Jabhat al-Nusra (foto da Facebook)

«Non sarebbe la prima volta. È successo che giovani europei siano andati a combattere in Afghanistan e in Iraq e poi siano tornati a casa dove hanno colpito interessi occidentali», spiega Peter Neumann, direttore dell’Icsr. «Non è detto che si tratti di terroristi. Ma non si può nemmeno evitare che, una volta arrivati in Siria, non vengano attratti da uomini legati ad Al Qaeda interessati a usarli più quando torneranno a casa che nel campo di battaglia mediorientale».

Neumann non è uno che si nasconde. Precisa che i numeri non sono definitivi e che va fatto ancora molto per quantificare il fenomeno. Ma di una cosa è convinto. «La Siria è diventato il fronte principale di mobilitazione e reclutamento dei jihadisti. E ora nel Paese sono stati mobilitati più europei di quanto non sia stato fatto nelle guerre degli ultimi vent’anni messe insieme».

Basterebbe, del resto, il nome di Eric Harroun. Nato a Phoenix, in Arizona, ex soldato a stelle e strisce nella base di Fort Riley, Harroun è stato arrestato appena atterrato negli Usa per aver combattuto in Siria a fianco al gruppo Jabhat al-Nusra. Rischia 30 anni di prigione. O la pena di morte, se il giudice dovesse considerare tutte le aggravanti.

© Leonard Berberi

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