Questa è l’inquietante realtà del furto di terra e dell’autocratico nuovo governo israeliano

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Articolo pubblicato originariamente da Haaretz e tradotto dall’inglese da Beniamino Rocchetto

L’approvazione da parte della Knesset di un disegno di legge che consente agli israeliani di rimanere in quattro insediamenti della Cisgiordania riflette la ribellione del mostro contro il suo creatore. I metodi che Israele e i coloni hanno impiegato con successo contro i palestinesi stanno ora minando un ampio segmento della società ebraica israeliana.

Di Amira Hass

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Anche se lunedì sera la Knesset (Parlamento) israeliana ha approvato una modifica alla legge sul disimpegno che consente agli israeliani di tornare in quattro insediamenti della Cisgiordania precedentemente smantellati, Kadim, Ganim, Sa-Nur e Homesh non sono mai stati rimossi dall’elenco degli insediamenti esistenti del Consiglio degli insediamenti di Yesha sul suo sito web ebraico.

L’elenco di Yesha include anche tutti gli insediamenti nella Striscia di Gaza, che sono stati smantellati nel disimpegno del 2005. È ancora difficile (sottolineando “ancora”) vedere i rappresentanti di Giudea e Samaria alla Knesset, gli iperattivi parlamentari del Partito del Sionismo Religioso e i loro imitatori nel Likud: costringere Israele e l’IDF a riportare gli ebrei nella Striscia affamata di acqua e di terra.

Ma è facile immaginare organismi di insediamento semi-privati ​​e semi-ufficiali come Amana, Nahala e il Consiglio Regionale di Shomron che promuovono l’insediamento finanziano la residenza degli israeliani nei quattro siti della Cisgiordania settentrionale. Tale residenza richiede: case mobili e tende, acqua, generatori, soldati a protezione che non esiteranno a sparare, ferire o uccidere i manifestanti palestinesi, giudici militari per mandare i manifestanti palestinesi in prigione, appaltatori per ripristinare le strade di accesso, membri della Knesset per visitare, inaugurare e istituire uffici parlamentari improvvisati.

Tutto questo era a disposizione dei coloni anche prima dell’approvazione della modifica, ora lo sarà 10 volte di più.

A prima vista, la recente modifica alla legge mostra l’eccezionale determinazione del movimento dei coloni, che ha superato tutte le regole e gli accordi diplomatici per imbonirsi la maggior parte degli israeliani. Un evento solenne, è così che il Ministro delle Missioni Nazionali Orit Strock, che detiene anche il portafoglio degli insediamenti, ha descritto l’emendamento della Knesset sul programma radiofonico mattutino Reshet Bet, mentre l’intervistatrice faticava a contenere il suo discorso entusiasta sulla Terra di Israele e sulla correttezza delle parole del Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich (che ha detto “non c’è nessun popolo palestinese”).

Ma in realtà, il passaggio della modifica di legge riflette la ribellione del mostro contro il suo creatore. Israele non è solo uno Stato che costruisce insediamenti, ma un’impresa di insediamento, un progetto coloniale con un Parlamento e uno Stato.

L’attuale Colpo di Stato sul sistema di governo israeliano sta procedendo alla velocità della luce sotto i nostri occhi, con gli stessi metodi che hanno consentito il processo di insediamento: pianificazione in segreto, menzogna impassibile, inganno economico, distorsione i fatti, stravolgimento delle leggi, violazione del diritto internazionale, tolleranza da parte di polizia, esercito, pubblici ministeri e tribunali nei confronti della violenza dei coloni e della violazione delle poche sentenze dell’Alta Corte di Giustizia riguardanti una minuscola parte delle terre palestinesi sottratte. Sono in cima alla lista? Una mancanza di considerazione per le opinioni e le esigenze della maggioranza escludendo i palestinesi da ogni considerazione. Questo è il puro razzismo a cui ci siamo abituati, sotto le mentite spoglie di calcoli statistici equi.

Prendiamo Homesh come esempio tra tanti. Nel 1978, un ordine militare ha sequestrato terreni agricoli appartenenti ai residenti dei due villaggi palestinesi di Burka e Silat al-Dhahr. Lì fu istituito un avamposto militare che più tardi, nell’aprile 1980, si trasformò in una comunità civile: Homesh.

Il sito web di Kerem Navot, un gruppo senza scopo di lucro che indaga e documenta la politica israeliana di furto di terra, mostra un documento militare interno di quel mese riguardante il nuovo insediamento. Il documento spiega “Lo scopo: civilizzare l’avamposto (militare) evitando il più possibile qualsiasi segnalazione, sia alla gente del posto che ai media”.

Il provvedimento di sequestro non è stato revocato subito dopo il disimpegno, ma solo dopo una battaglia legale da parte dei legittimi proprietari del terreno. Ma i coloni, con l’aiuto dello Stato, dell’IDF e della polizia, hanno impedito il ritorno dei palestinesi nelle loro terre usando vari metodi violenti. È tutto qui: una mancanza di considerazione per i diritti e le esigenze dei palestinesi, sputi sul diritto internazionale, trucchi per eludere la legge, mancanza di rispetto per l’Alta Corte di giustizia e indulgenza nei confronti della violenza ebraica.

Per oltre 50 anni, lo Stato di Israele ha utilizzato gli insediamenti per impedire la costituzione di uno Stato palestinese nell’area conquistata nel 1967. Ha distrutto lo spazio e creato enclavi disconnesse di debilitato autogoverno palestinese, con accesso limitato alla terra e all’acqua.

È sempre stato un connubio: lo stato legifera, pianifica, ruba terra palestinese e si insedia. I coloni fanno qualche passo avanti, oltrepassando palesemente il piano ufficiale, e si lamentano della loro privazione. Lo Stato perdona, approva retroattivamente, pubblica nuove iniziative mentre i coloni rubano altra terra palestinese e si lamentano della propria privazione. Lo Stato è clemente con loro, approva qualsiasi cosa.

Il solo fervore religioso-nazionalista non spiega del tutto il fenomeno. Lo stretto rapporto che il governo e le sue istituzioni intrattengono con i coloni ha costruito il loro enorme potere politico, che è stato rafforzato da sussidi, benefici e progressi socioeconomici promessi a coloni fanatici e non allo stesso modo: Haredim, Haredim sionisti, e coloni non religiosi.

Inoltre, la generale indifferenza degli israeliani verso ciò che sta accadendo oltre la Linea Verde, così come il sostegno dei Paesi occidentali a Israele nonostante la loro opposizione ufficiale agli insediamenti, ha svolto un ruolo cruciale nel rafforzare la presa dei coloni sul potere.

Il disimpegno unilaterale di Ariel Sharon nel 2005 si basava su un’analisi costi-benefici militare ed economica: erano necessarie troppe truppe per proteggere gli insediamenti nella Striscia di Gaza e gli insediamenti isolati nel Nord della Cisgiordania. Il piano di disimpegno era, infatti, congruo con l’agenda israeliana di separare i palestinesi gli uni dagli altri sin dal 1991 (in violazione degli Accordi di Oslo), disconnettendo di fatto la popolazione della Striscia di Gaza da quella della Cisgiordania. Questo è stato il mezzo principale per impedire la creazione di uno Stato palestinese.

Alcuni credevano ingenuamente che il disimpegno fosse un precursore di ulteriori ritiri. Se questa era l’intenzione, Israele avrebbe cambiato unilateralmente la classificazione illogica e artificiale dei siti di insediamento smantellati dall’Area C, sotto il pieno controllo amministrativo e di sicurezza israeliano, ad Area A o B, sotto l’autorità civile e amministrativa palestinese.

Inoltre, Israele non avrebbe impedito all’Autorità Palestinese (per quanto obbediente e sottomessa come speravano i suoi sostenitori israeliani) di utilizzare queste terre nella regione di Jenin (pubbliche o private, non importa), per stabilire villaggi turistici, ristrutturare la Moschea di Sa-Nur e proteggere i contadini.

Quando tutti i governi israeliani a partire da quello di Ariel Sharon non lo hanno fatto, i coloni capirono che potevano continuare a impiegare le loro macchinazioni ben finanziate per rivendicare nuovamente la proprietà della terra rubata. Di conseguenza, la modifica della legge di disimpegno è stata attuata, in larga misura, molto prima che fosse formalmente proposta.

State cercando lo Stato Occulto? Lo potete trovare vivo e vegeto nell’Organizzazione Mondiale Sionista, nel Fondo Nazionale Ebraico, nel Consiglio di Giudea e Samaria, nei consigli locali degli insediamenti e nelle istituzioni di destra finanziate da milionari e miliardari ebrei americani. È anche nell’Autorità Demaniale d’Israele, nell’Ufficio del Coordinatore delle Attività del Governo nei Territori (COGAT) presso il Ministero della Difesa e nell’Amministrazione Civile, nell’Autorità per la Natura e i Parchi israeliani e nell’Ufficio del Procuratore di Stato che ha legalizzato tutti i furti.

Le fazioni più potenti dello Stato Occulto hanno progettato le “riforme legali” del governo per perpetuare il dominio dei coloni di destra, emarginare ulteriormente e sottomettere i palestinesi su entrambi i lati della Linea Verde e imporre un piano che sta terrorizzando ampi segmenti della società ebraica israeliana.

Metodi che Israele e i coloni hanno impiegato con successo contro i palestinesi vengono ora utilizzati nel processo di indebolimento di gran parte della società ebraica israeliana.

Il problema è che i riservisti che annunciano di rifiutarsi di prestare servizio e i lavoratori dell’industria del settore tecnologico che protestano hanno per anni sostenuto la politica del furto di terra, basata su una distorsione della legge e della giustizia. La grande maggioranza di accademici, avvocati, educatori, economisti e giornalisti non si è espressa in massa contro il doppio regime che Israele ha instaurato oltre la Linea Verde, né lo collega con l’imminente Colpo di Stato contro il quale stanno protestando ora. Inoltre, gli alti dirigenti dell’opposizione alla Knesset hanno continuato a sostenere leggi contro i palestinesi, anche se si oppongono a gran voce all’attuale governo.

Lo spirito dell’emendamento alla legge sul disimpegno ha preceduto il Golpe legislativo e l’emendamento è una parte inseparabile del Golpe. Perché il Colpo di Stato contro il sistema di governo israeliano è l’ingrata ma attesa ricompensa che l’impresa degli insediamenti, che ha una Knesset, concede allo Stato di Israele e alla sua società per anni di stretta connivenza.

Amira Hass è corrispondente di Haaretz per i territori occupati. Nata a Gerusalemme nel 1956, Amira Hass è entrata a far parte di Haaretz nel 1989, e ricopre la sua posizione attuale dal 1993. In qualità di corrispondente per i territori, ha vissuto tre anni a Gaza, esperienza che ha ispirato il suo acclamato libro “Bere il mare di Gaza”. Dal 1997 vive nella città di Ramallah in Cisgiordania. Amira Hass è anche autrice di altri due libri, entrambi i quali sono raccolte dei suoi articoli.

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