tratto da: Beniamino Benjio Rocchetto
martedì 18 maggio 2021 11:19
Di Ramzy Baroud – 16 maggio 2021
https://arab.news/rugb5
Per iniziare, chiariamo alcuni dei termini usati per descrivere la violenza in corso nei Territori occupati della Palestina e in tutto Israele. Questo non è un “conflitto”. Né è una “disputa” o “violenza estremista”, o anche una guerra nel senso tradizionale.
Non è un conflitto perché Israele è una potenza occupante e i palestinesi sono un popolo occupato. Non è una controversia perché libertà, giustizia e diritti umani non possono essere trattati come un semplice disaccordo politico. I diritti inalienabili del popolo palestinese sono sanciti dal diritto internazionale e l’illegalità delle violazioni dei diritti umani di Israele in Palestina è riconosciuta dalle Nazioni Unite. Se è una guerra, allora è una guerra israeliana unilaterale, che incontra una resistenza palestinese esigua, ma sentita e determinata.
In realtà, è una rivolta palestinese, un’intifada senza precedenti nella storia della lotta palestinese, sia nella sua natura che per coinvolgimento. Per la prima volta in molti anni, vediamo il popolo palestinese unito, da Gerusalemme a Gaza, in Cisgiordania e, ancor più criticamente, le comunità palestinesi all’interno della Palestina storica, l’odierna Israele. Questa unità è molto più logica di un accordo tra le fazioni palestinesi. Essa eclissa Fatah e Hamas e tutto il resto perché, senza un popolo unito, non ci può essere alcuna resistenza significativa, nessuna visione per la liberazione e nessuna lotta per la giustizia.
Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu non avrebbe mai potuto prevedere che un “normale” atto di pulizia etnica nel quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est avrebbe potuto portare a una rivolta palestinese, con tutte le fasce della società che si uniscono a una dimostrazione di unità senza precedenti.
Il popolo palestinese ha deciso di superare tutte le divisioni politiche e le dispute tra fazioni. Invece, stanno coniando nuovi slogan, incentrati sulla resistenza, la liberazione e la solidarietà internazionale. Di conseguenza, stanno sfidando la faziosità, insieme a qualsiasi tentativo di normalizzare l’occupazione israeliana e l’apartheid. Altrettanto importante, una forte voce palestinese sta ora spezzando il silenzio internazionale, costringendo il mondo ad ascoltare un unico appello per la libertà.
I leader di questo nuovo movimento sono giovani palestinesi ai quali è stata negata la partecipazione a qualsiasi forma di rappresentanza democratica e che sono costantemente emarginati e oppressi dalla loro stessa dirigenza politica così come dall’inesorabile occupazione militare israeliana. Sono nati in un mondo di esilio, miseria e segregazione, portati a credere di essere una razza inferiore. Il loro diritto all’autodeterminazione, insieme a ogni altro diritto, è stato sospeso a tempo indeterminato. Sono cresciuti impotenti guardando le loro case demolite, la loro terra rubata e i loro genitori umiliati. Infine, si stanno ribellando.
Senza un coordinamento preventivo e senza un manifesto politico, questa nuova generazione palestinese sta facendo sentire la sua voce. Sta inviando un messaggio inequivocabile e altisonante a Israele e alla sua società pervasa dal nazionalismo estremista che i palestinesi non sono vittime passive; che la pulizia etnica di Sheikh Jarrah e del resto della Gerusalemme Est occupata, il protratto assedio di Gaza, l’occupazione militare in corso, la costruzione di insediamenti ebraici illegali, il razzismo e l’apartheid non passeranno più inosservati. Sebbene stanchi, poveri, diseredati, assediati e abbandonati, i palestinesi continueranno a salvaguardare i loro diritti, i loro luoghi sacri e la santità stessa del loro popolo.
Sì, la violenza in corso è stata istigata dalle provocazioni israeliane a Sheikh Jarrah. Tuttavia, la storia non ha mai riguardato solo la pulizia etnica di questo quartiere assediato. Piuttosto, questo è un microcosmo della più ampia lotta palestinese.
Netanyahu potrebbe aver sperato di usare Sheikh Jarrah come un modo per mobilitare il suo collegio elettorale di destra, mentre intendeva formare un governo di emergenza o aumentare le sue possibilità di vincere una quinta elezione. Il suo comportamento avventato, inizialmente spinto da ragioni del tutto opportuniste, ha innescato una ribellione popolare tra i palestinesi, esponendo Israele per lo stato violento, razzista e di apartheid che è ed è sempre stato.
L’unità palestinese e la resistenza popolare si sono dimostrate vincenti anche in altri modi. Mai prima d’ora abbiamo visto una tale ondata di sostegno alla causa palestinese, non solo da parte di milioni di persone comuni in tutto il mondo, ma anche da celebrità, star del cinema, calciatori, noti intellettuali e attivisti politici, e persino modelle e influencer dei social media. Gli hashtag “#SaveSheikhJarrah“ e “#FreePalestine“, tra i numerosi altri, sono ora interconnessi e sono diffusi su tutte le piattaforme di social media da settimane. I continui tentativi di Israele di presentarsi come una vittima perpetua di un’orda immaginaria di arabi e musulmani non sono più producenti. Il mondo può finalmente vedere, leggere e sentire la realtà della Palestina e la necessità di porre immediatamente fine a questa tragedia.
Niente di tutto ciò sarebbe possibile se non fosse per il fatto che tutti i palestinesi hanno ragioni legittime e parlano all’unisono. Nella loro reazione spontanea e nella loro solidarietà autentica e collettiva, tutti i palestinesi sono uniti. Nella nuova rivoluzione popolare palestinese, le fazioni, la geografia e qualsiasi divisione politica sono irrilevanti. La religione non è fonte di divisione ma di unità spirituale e nazionale.
Le atrocità israeliane in corso a Gaza continuano, con un numero crescente di vittime. Questa devastazione continuerà finché il mondo tratterà il devastante assedio della piccola Striscia di Gaza come se fosse irrilevante. Le persone a Gaza stavano morendo molto prima che gli attacchi aerei israeliani iniziassero a far saltare in aria le loro case e quartieri. Stavano morendo per la mancanza di medicine, l’acqua inquinata, la mancanza di elettricità e le infrastrutture fatiscenti.
Dobbiamo salvare Sheikh Jarrah, ma dobbiamo anche salvare Gaza. Dobbiamo chiedere la fine dell’occupazione militare israeliana della Palestina e, con essa, il sistema di discriminazione razziale e di apartheid. I gruppi internazionali per i diritti umani sono ora vigili e decisivi nella denuncia di questo regime razzista, con Human Rights Watch, e lo stesso gruppo per i diritti umani di Israele, B’Tselem, che si uniscono all’appello per porre fine dell’apartheid in tutta la Palestina.
Al di là delle parole. I palestinesi sono risorti. È tempo di sostenerli.
Ramzy Baroud è giornalista ed editore di The Palestine Chronicle. È autore di cinque libri. Il suo ultimo è “Queste catene saranno spezzate: storie palestinesi di lotta e sfida nelle carceri israeliane” (Clarity Press, Atlanta). Baroud è un ricercatore senior non residente presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), Istanbul Zaim University (IZU). Il suo sito web è www.ramzybaroud.net

https://www.facebook.com/morfeus.morfeus.395/posts/939032520222936?__cft__[0]=AZUDOOIfrUPMiEmSigqVFuowQa246AmOb7lgyX68uwQsCgsh1NWzi7GeEo8F3lCfMD-tNppK1Kbe7PVZtBde8TxWjwdG2S6i0rEnr6TDuyb2RbgAJu5Vfcj2tab7hL7VKZ0&__tn__=%2CO%2CP-R
Quest'opera viene distribuita con Licenza Creative Commons. Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia.