tratto da: Beniamino Benjio Rocchetto
mercoledì 12 maggio 2021 20:42
Di Ramzy Baroud – 10 maggio 2021
https://arab.news/4qz68
Ci sono due storie separate di Sheikh Jarrah: Una che può essere letta o vista nei media, e un’altra che riceve poca copertura o approfondimento.
La storia evidente è quella delle incursioni notturne e delle violenze perpetrate dalla polizia israeliana e dagli estremisti sionisti contro i palestinesi a Gerusalemme. Per settimane migliaia di estremisti ebrei hanno preso di mira le comunità palestinesi nella Città Vecchia. Il loro obiettivo è l’allontanamento delle famiglie palestinesi dalle loro case nel quartiere di Sheikh Jarrah. Non agiscono da soli. Le loro scorribande e attacchi sono diretti da una organizzazione ben coordinata composta da gruppi estremisti sionisti ed ebrei, come il Partito Otzma Yehudit (Potere Ebraico) e il Movimento Lehava (Fiamma), un’organizzazione ebraica di estrema destra israeliana che si oppone rigorosamente all’assimilazione ebraica degli arabi. Le loro affermazioni infondate, le azioni violente e il canto ripugnante di “Morte agli arabi” ricevono il plauso di politici israeliani, come il Parlamentare Itamar Ben-Gvir e il Vice Sindaco di Gerusalemme Arieh King.
Ecco una piccola introduzione al discorso politico di Ben-Gvir e King, che sono stati ripresi in video mentre urlavano e insultavano un manifestante palestinese ferito. Il video inizia con Ben-Gvir che urla in tono sprezzante contro un palestinese, apparentemente ferito dalla polizia israeliana prima di tornare per protestare contro gli sfratti previsti per lo Sheikh Jarrah. Si sente Ben-Gvir gridare: “Abu Hummus, com’è messa la ferita?” “Il proiettile è ancora lì, ecco perché zoppica”, risponde King. “Hanno tolto il proiettile? L’hanno già tolto? È un peccato che non sia entrato qui “, aggiunse King, indicando la sua testa. Felicissimi di quello che considerano come un commento stravagante sul ferimento dei palestinesi, Ben-Gvir e la sua cerchia di estremisti ebrei ridono.
Mentre “Abu Hummus”, ferito ma ancora intento a protestare, testimonia la tenacia del popolo palestinese, King, Ben-Gvir, i coloni e la polizia sono una rappresentazione del fronte israeliano unito volto a epurare etnicamente i palestinesi e garantire una maggioranza ebraica a Gerusalemme.
Un altro importante partecipante alla campagna di pulizia etnica in corso a Gerusalemme è il sistema giudiziario israeliano, che ha fornito la copertura legale per colpire gli abitanti palestinesi di Gerusalemme.
Il fondamento giuridico dei continui tentativi dei coloni ebrei di acquisire più proprietà palestinesi può essere fatto risalire a una legge del 1970 nota come Legge Sulle Questioni Legali e Amministrative. Ciò consente agli ebrei di citare in giudizio i palestinesi per le proprietà che sostengono di aver posseduto prima della fondazione di Israele sulle rovine della Palestina storica nel 1948. Mentre i palestinesi sono esclusi dal fare rivendicazioni simili, i tribunali israeliani hanno generosamente consegnato case, terre e altri beni palestinesi ai pretendenti ebrei. A loro volta, queste case, come nel caso dello Sheikh Jarrah e di altri quartieri palestinesi a Gerusalemme Est, sono spesso vendute a organizzazioni di coloni ebrei per costruire ancora più colonie sulla terra palestinese occupata.
A febbraio, la Corte Suprema israeliana ha concesso ai coloni ebrei i diritti su molte case palestinesi a Sheikh Jarrah. A seguito di una reazione internazionale, ha offerto ai palestinesi un “compromesso”, in base al quale le famiglie avrebbero rinunciato ai diritti di proprietà sulle loro case accettando di continuare a vivere lì come inquilini, pagando l’affitto ai coloni ebrei illegali che hanno inizialmente rubato le loro case, ma che ora sono armati di una decisione del tribunale.
Tuttavia, la “logica” attraverso la quale gli ebrei rivendicano le proprietà palestinesi come proprie non dovrebbe essere associata semplicemente a poche organizzazioni estremiste. Dopo tutto, la pulizia etnica della Palestina nel 1948 non è stata opera di pochi sionisti estremisti. Allo stesso modo, l’occupazione illegale di Gerusalemme Est, della Cisgiordania e della Striscia di Gaza nel 1967 e la massiccia impresa di insediamenti che ne è seguita non sono stati frutto dell’ingegno di pochi individui estremisti. Il colonialismo in Israele è un progetto statale che alla fine mira a raggiungere lo stesso obiettivo che si cerca a Sheikh Jarrah: La pulizia etnica dei palestinesi per garantire una maggioranza demografica ebraica.
Questa è la storia non raccontata di Sheikh Jarrah, una storia che non può essere espressa da poche notizie incomplete o post sui social media. Tuttavia, questa essenziale narrativa è in gran parte nascosta. È più facile incolpare alcuni estremisti ebrei che ritenere responsabile l’intero governo israeliano. Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu manipola costantemente l’argomento demografico per promuovere gli interessi del suo collegio elettorale ebraico. Crede fermamente in uno Stato ebraico esclusivo ed è anche pienamente consapevole dell’influenza politica dei coloni ebrei. Ad esempio, poco prima delle elezioni di marzo, Netanyahu ha preso la decisione di dare il via alla costruzione di 540 unità di insediamento illegale nella cosiddetta area E di Har Homa (sulle colline di Abu Ghneim) in Cisgiordania nella speranza di acquisire il maggior numero possibile di voti dei coloni.
Mentre la storia di Sheikh Jarrah sta attirando l’attenzione di tutto il mondo, anche nei principali media statunitensi, c’è una quasi completa assenza di analisi nella copertura mediatica, in particolare il fatto che lo Sheikh Jarrah non è l’eccezione ma la regola.
Purtroppo, mentre i palestinesi e i loro sostenitori cercano di aggirare la diffusa censura dei media raggiungendo direttamente le società civili di tutto il mondo utilizzando le piattaforme dei social media, spesso vengono censurati anche lì. Uno dei video inizialmente censurati da Instagram era quello di Muna Al-Kurd, una donna palestinese che aveva perso la sua casa a Sheikh Jarrah a causa di un colono ebreo di nome Yakub.
“Yakub, sai che questa non è casa tua”, gli dice Muna. Lui risponde: “Sì, ma se rinuncio non ti resta comunque. Allora, qual’è il problema? Perché mi stai urlando contro? Non l’ho fatto. È facile sgridarmi, ma non l’ho fatto.” Muna: “Mi stai rubando la casa.” Yakub: “Se non la prendo io lo farà qualcun altro.” Muna: “No. Nessuno può prenderla.”
La storia non raccontata dello Sheikh Jarrah, di Gerusalemme e, di fatto, tutta la Palestina è quella di Muna e Yakub; Muna rappresenta la Palestina e Yakub Israele. Affinché la giustizia possa mai essere raggiunta, a Muna deve essere consentito di reclamare la sua casa rubata e Yakub deve essere ritenuto responsabile del suo crimine.
Ramzy Baroud è giornalista ed editore di The Palestine Chronicle. È autore di cinque libri. Il suo ultimo è “Queste catene saranno spezzate: storie palestinesi di lotta e sfida nelle carceri israeliane” (Clarity Press, Atlanta). Baroud è un ricercatore senior non residente presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), Istanbul Zaim University (IZU). Il suo sito web è www.ramzybaroud.net

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