tratto da: Beniamino Benjio Rocchetto
martedì 17 novembre 2020 22:18
Di Ramzy Baroud – 16 novembre 2020
Il Belgio è furioso. Il 6 novembre, il governo di Bruxelles ha condannato la distruzione da parte di Israele di case finanziate dal Belgio in Cisgiordania. Comprensibilmente, vuole che il governo israeliano paghi un risarcimento per la distruzione ingiustificata. La risposta israeliana è stata rapida: un sonoro “no”.
È probabile che questa lite diplomatica finirà presto. Israele non cesserà le sue demolizioni illegali di case e strutture palestinesi in Cisgiordania, mentre il Belgio, o qualsiasi altro paese dell’Unione Europea (UE), non riceverà un centesimo da Tel Aviv come risarcimento.
Benvenuti nel bizzarro mondo della politica estera europea in Palestina e Israele.
L’UE sostiene ancora una soluzione a due Stati e il Diritto Internazionale per quanto riguarda la legalità dell’occupazione militare israeliana dei territori palestinesi. Per renderlo possibile, l’UE ha finanziato per quasi quarant’anni le infrastrutture palestinesi come parte di un programma di costruzione dello stato.
È risaputo che Israele rifiuta il Diritto Internazionale, la soluzione a due Stati e qualsiasi tipo di “interferenza” esterna riguardo alla sua occupazione militare. Per sostenere la sua posizione, Israele ha attivamente e sistematicamente distrutto i progetti finanziati dall’UE in Palestina. In tal modo, intende inviare un messaggio agli europei che il loro ruolo nel sostenere lo sforzo palestinese per l’istituzione di uno stato indipendente è fermamente respinta. Solo nel 2019, 204 strutture palestinesi sono state demolite a Gerusalemme Est, secondo l’Osservatore Euro-Mediterraneo dei Diritti Umani (Euro-Mediterranean Human Rights Monitor). Incluse in questa distruzione, oltre a demolizioni simili nell’Area C della Cisgiordania, c’erano 127 strutture finanziate principalmente dagli Stati membri dell’Unione Europea.
Nonostante il fatto che Israele sia da anni in una posizione di stallo con l’UE, la Comunità rimane l’alleato commerciale numero uno di Israele. Peggio ancora, le nazioni europee e Israele hanno anche molti accordi di importazione ed esportazione di armi. Ma le contraddizioni non finiscono qui.
Nel novembre 2019, la Corte di giustizia europea ha stabilito che i paesi dell’UE devono identificare i prodotti realizzati negli insediamenti israeliani illegali contrassegnandoli sulle loro etichette, una decisione che è stata vista come un primo passo importante per ritenere Israele responsabile della sua occupazione. Ma, stranamente, gli attivisti europei che promuovono il boicottaggio dei prodotti israeliani sono stati processati e incriminati nei tribunali europei, sulla base della debole affermazione che tali boicottaggi rientrano nella definizione di “antisemitismo”. Francia, Germania e altri hanno utilizzato il loro sistema giudiziario per criminalizzare la legittima protesta contro l’occupazione israeliana.
I membri dell’UE si sono espressi con fermezza all’ONU contro le demolizioni israeliane, che hanno avuto come obiettivo principale le infrastrutture finanziate dall’UE.
Sono evidenti ulteriori contraddizioni europee e politiche confuse. A settembre, Germania, Francia, Belgio e altri membri dell’UE si sono espressi con fermezza alle Nazioni Unite contro le demolizioni israeliane, che hanno avuto come obiettivo principale le infrastrutture finanziate dall’UE. Nella loro dichiarazione, i paesi dell’UE hanno osservato che “il periodo da marzo ad agosto 2020 ha visto il più alto tasso medio di distruzione in quattro anni”. Tuttavia, a causa dell’assenza di qualsiasi azione europea significativa sul fronte palestinese, Israele non si preoccupa certo della posizione dell’UE, per quanto retoricamente sia forte.
Basta considerare la posizione belga sulla distruzione di quattro case palestinesi che ha finanziato nel villaggio di Al-Rakeez, vicino a Hebron. “Questa infrastruttura essenziale è stata costruita con finanziamenti belgi, come parte degli aiuti umanitari attuati dal Consorzio per la Protezione della Cisgiordania. Il nostro paese chiede a Israele un risarcimento o una restituzione per queste distruzioni”, ha detto il ministero degli Esteri belga in una dichiarazione questo mese. Ora, stupitevi della risposta israeliana, come comunicato in una dichiarazione rilasciata dal ministero degli Esteri israeliano: “Gli stati donatori dovrebbero utilizzare i soldi dei loro contribuenti per il finanziamento di costruzioni e progetti legali nei territori controllati da Israele, e assicurarsi che siano progettate ed eseguite in conformità della legge e in coordinamento con le autorità israeliane competenti”.
Ma gli europei violano le leggi aiutando i palestinesi a costruire scuole, ospedali e case nei territori occupati? E quale cosiddetta legge sta seguendo Israele quando distrugge sistematicamente centinaia di strutture palestinesi finanziate dall’UE?
Inutile dire che il sostegno dell’UE ai palestinesi è coerente con il Diritto Internazionale, che riconosce la responsabilità di tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite nell’aiutare una nazione occupata a raggiungere la sua indipendenza. È piuttosto Israele che viola le numerose risoluzioni delle Nazioni Unite, che hanno ripetutamente chiesto l’interruzione immediata delle sue attività di insediamento illegale, demolizioni di case e occupazione militare.
Israele, tuttavia, non è mai stato ritenuto responsabile dei suoi obblighi ai sensi del Diritto Internazionale. Quindi, quando il ministero degli Esteri israeliano parla di “legge”, si riferisce solo alle decisioni ingiustificate prese dal governo israeliano e dalla Knesset, come il piano di quest’anno di annettere illegalmente una vasta porzione di terra palestinese nell’Area C della Cisgiordania, che è dove si stanno svolgendo la maggior parte delle demolizioni.
Israele ritiene che, finanziando progetti palestinesi nell’Area C, l’UE stia deliberatamente tentando di ostacolare i suoi piani di annessione in questa regione. Il messaggio israeliano all’Europa è molto chiaro: fermatevi e desistete, o le demolizioni continueranno. L’arroganza israeliana è arrivata al punto che, secondo l’Osservatorio Euro-Mediterraneo, nel 2014 ha distrutto un progetto di elettrificazione finanziato dal Belgio nel villaggio di Khirbet Al-Tawil, anche se installato in coordinamento con l’Amministrazione Civile Israeliana della zona.
Purtroppo, nonostante le proteste occasionali, i membri dell’UE stanno ricevendo il messaggio. Il numero totale di progetti finanziati a livello internazionale nell’Area C è sceso a 12 nel 2019, rispetto ai 75 di appena quattro anni prima. Il numero di progetti nel 2020 dovrebbe ridursi ulteriormente. L’UE può continuare a condannare e protestare contro le demolizioni israeliane, ma dichiarazioni e furiose richieste di risarcimento cadranno nel vuoto se non sono sostenute dall’azione.
L’Unione Europea ha molta influenza su Israele. Non solo si rifiuta di sfruttare i suoi alti numeri di scambi commerciali e di armamenti militari, ma sta anche punendo le organizzazioni della società civile europea per aver osato sfidare Tel Aviv. Il problema, quindi, non è solo la tipica ostinazione israeliana, ma anche l’errore di calcolo della politica estera europea, o addirittura il fallimento totale.
Ramzy Baroud è giornalista ed editore di The Palestine Chronicle. È autore di cinque libri. Il suo ultimo è “Queste catene saranno spezzate: storie palestinesi di lotta e sfida nelle carceri israeliane” (Clarity Press, Atlanta). Baroud è un ricercatore senior non residente presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), Istanbul Zaim University (IZU). Il suo sito web è www.ramzybaroud.net
Traduzione: Beniamino Rocchetto

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