“Il nostro mondo, pur soggetto a processi di globalizzazione, dovrebbe conservare un principio di moralità, ancora più di prima. “
Commosso, mentre riceve ad Assisi la cittadinanza onoraria , esordisce così il Presidente dello stato israeliano, di quello stato che egli, come tutti i sionisti, definisce orgogliosamente ‘stato ebraico”. E ci domandiamo allora di quale mondo stia parlando, a quale parte del mondo si riferisca. E quale moralità abbia in mente, come modello per raggiungere la coesistenza pacifica in Medio Oriente.
Ritiene forse moralmente ‘esportabile’ la condotta tenuta dal suo esercito a Gaza, come ci ricorda Egidia Beretta, madre di Vittorio Arrigoni, che ci rinfresca la memoria su quello che Peres diceva nel 2009: “Durante l’operazione “Piombo fuso” il presidente israeliano Shimon Peres ha dichiarato: ‘è una guerra necessaria e giusta […]. Se otterremo la nostra vittoria ci sarà la pace’?.
“Nel 1219, San Francesco intraprese un viaggio in Egitto e in Terra Santa per incoraggiare il dialogo, invitando a non ricorrere alla violenza. Questo invito era fondamentale allora tanto quando lo è oggi nell’epoca che stiamo vivendo. Dobbiamo tutti pregare che finisca al più presto lo spargimento di sangue nella nostra regione, e che essa diventi un luogo dove le persone possano “camminare mano nella mano”.
Signor Peres, certo che il dialogo va incoraggiato, come lei dice di fare attraverso il Centro per la pace intitolato a suo nome, in Israele. Un centro che dichiara con orgoglio la sua apoliticità, come se fosse possibile prescindere dalla politica, in una terra che è dilaniata dalle ingiustizie politiche e militari che lo stato da lei presieduto perpetua da sessant’anni. Come se affrontare ad uno ad uno i problemi, sollevando ad una ad una le ingiustizie causate dai governi di cui, sin dalla nascita dello stato israeliano, lei è stato partecipe ed artefice, non fosse l’unico, autentico modo per arrivare alla pace. Forse che il sangue sgorga da solo, in terra santa?
Facciamo nostro l’appello rivolto al papa, in questi giorni, dalla Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese. Rete laica, laicissima, che si assume l’onere di ricordare a questo splendido papa, che auspichiamo abbia la forza in futuro di avere anche per questa tragedia la chiarezza e il coraggio di chi l’ha preceduto (“Ponti e non muri”, tuonava papa Giovanni Paolo II all’arrivo a Roma di Sharon, dieci anni fa) che in Terra santa ci sono oppressori e oppressi: “Ci auguriamo fortemente, Papa Francesco, che nell’agenda del colloquio con Shimon Peres lei voglia fare inserire il tema della strisciante ed asimmetrica guerra che Israele conduce contro i palestinesi e che su questa tragedia lei voglia assumere una ferma posizione in difesa di un popolo oppresso. Accolga se non il nostro appello – siamo poca cosa, lo sappiamo – quello che lei certamente conoscerà che fu lanciato nel dicembre del 2009 con il titolo Kairòs Palestina – Un Momento di Verità dai più autorevoli esponenti dei cristiani palestinesi che non hanno denunciato le crescenti difficoltà della loro presenza in Palestina ma il martirio del popolo palestinese e l’appello dei numerosi prigionieri politici palestinesi che per rivendicare il rispetto del diritto e della propria dignità sono da mesi in sciopero della fame.“
Ci auguriamo davvero che papa Francesco vada oltre quello che abbiamo recepito dall’incontro avuto con Peres. Che vada oltre l’auspicio della ripresa di fantomatici ‘negoziati, e che ascolti la voce espressa con forza proprio dal documento Kairos, documento di tutte le comunità cristiane palestinesi, espressione però della sofferenza di un popolo intero, che punto per punto denuncia le ingiustizie subìte, che apre gli occhi di chi ancora non ha capito o finge di non capire che laggiù ci sono uno stato occupante ed un popolo occupato, un esercito di occupazione che terrorizza una popolazione soffocata da muro, colonie, soldati.
“Decisioni coraggiose e disponibilità da ambedue le parti” per portare il conflitto israelo-palestinese sulla strada della pace. Per ciò che riguarda la situazione sociopolitica del Medio Oriente, “dove – si legge nel comunicato ufficiale – perdurano non poche realtà conflittuali”, si “è auspicata una pronta ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi” affinché, “con il sostegno della comunità internazionale, si possa raggiungere un accordo rispettoso delle legittime aspirazioni dei due Popoli e così contribuire risolutamente alla pace e alla stabilità della Regione”. (dal sito di Radio Vaticana)
“Ritengo che tutti gli esponenti delle religioni del pianeta possano dare un contributo utile alla costruzione della pace, mettendo fine alla violenza e alla miseria. Oggigiorno la vera minaccia del Medio Oriente è più di carattere esistenziale che politico. Gli sforzi che saranno rivolti alla cancellazione della fame, dell’analfabetismo e dell’ignoranza, e soprattutto che saranno concentrati a salvare le vite di milioni di bambini, salveranno anche il nostro futuro.”
Finalmente lo abbiamo capito. Il suo modo di pensare e di agire. La pax economica. La mano tesa senza cambiare ipocritamente nulla. Soldi in cambio di territori, di libertà, di uguaglianza. I bambini palestinesi curati in ospedali israeliani, dopo averli magari maciullati nell’inferno di un bombardamento.
“Sì, ma intanto li curano, intanto ci sono l’incontro, il dialogo…” . Questo affermano a proposito di questo atteggiamento e di certe iniziative anche molti pacifisti di casa nostra. Ma intanto permane l’ingiustizia, che viene posta in secondo piano, che non viene sradicata, ma accettata. O che si cerca di far accettare come dato di fatto.
L’importante è parlare. L’importante è far partire gli “accordi”. Di che cosa parlare e su che cosa fare accordi non sembra nemmeno importante discutere.
“Assisi è un grande esempio che ci ricorda due impegni fondamentali: rispettare il passato e coltivare il futuro”.
Ecco Peres. Riprenda in mano la vita di Francesco. Rifletta sulla sua scelta nonviolenta, la faccia sua, oltre che sbandierarla in discorsi di circostanza. E pensi al passato, al passato che la maggior parte degli israeliani nega, negando la nakba e tutte le ferite che non solo il suo stato non ha mai lenito, ma nemmeno ammesso di aver causato ad un intero popolo.
Pensi al futuro, ma non solo a quello della sua gente. La smetta di arroccarsi sulla sicurezza, e cominci a ragionare in termini di fiducia basata sulla parità di diritti a tutti gli abitanti di quella regione.
Purtroppo ci sentiamo molto in dissonanza con le parole del Custode del Sacro convento, padre Mauro Gambetti, che così l’ha accolta: “Nel ricordare con ammirazione le azioni che lei ha compiuto a favore della riconciliazione tra i popoli, riconosciamo la profonda sintonia con Francesco e con lo “spirito di Assisi”, attraverso il quale continuiamo l’opera di pace del Poverello di Assisi».
Francesco dialogava con tutti, anche con i potenti, ma aveva il coraggio di spogliarsi di privilegi e arroganze. Stava con gli ultimi, riconoscendo le ingiustizie del suo tempo. Non era un ingenuo incantatore di lupi: semplicemente restituiva dignità anche a loro. Da pari a pari. E i lupi, quelli, si convertivano ad una pace equa per tutti.
Non sappiamo se lei si ammanti personalmente di privilegi, signor Peres, né se la sua indole sia arrogante. Il suo stato, quello che lei ha contribuito a fondare dalla prima ora e che presiede, certamente sì.
“La modestia è una grande lezione rivolta a coloro che vogliono dedicare sé stessi alla vita pubblica: è meglio servire che governare.”
Bene, signor Peres. Faccia tesoro delle sue stesse parole. Mettendole una buona volta in pratica.
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