Russel Tribunal on Palestine

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Il 30 marzo scorso Action for peace ha promosso a Roma, presso una sala del parlamento europeo, un incontro a cui hanno aderito diverse associazioni (ARCI – Associazione per la pace – Berretti bianchi – CGIL – Piattaforma Italiana ONG per il Medio Oriente – Donne in nero – FIOM – IPRI – Rete CCP – WILPF – Un ponte per – U.S. citizens for Peace & Justice, Roma – Rete ebrei contro l’occupazione – Rete Radié Resch – Pax Christi) per discutere i risultati della prima sessione del Tribunale Russell per la Palestina, svoltasi a Barcellona dall’1 al 3 marzo 2010.

Il Tribunale Russell è un tribunale di opinione, voluto dalla società civile, che nasce dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e conta esperti di fama mondiale, giuristi e difensori dei diritti umani. La sua è una storia che viene da lontano: il primo (chiamato in origine Tribunale internazionale contro i crimini di guerra), organizzato da Bertrand Russell e presieduto da Jean-Paul Sartre, si svolse nel 1967 per analizzare alla luce del diritto internazionale la politica e l’intervento degli Stati Uniti in Vietnam.

A Barcellona, la giuria della prima sessione del Tribunale Russell per la Palestina (TRP) era composta, tra gli altri, da Mairead Corrigan Maguire (premio Nobel per la pace nel 1976), José Antonio Martin Pallin (magistrato emerito della Corte Suprema, Spagna) Juan Tapia Guzman (giudice, Cile), Gisèle Halimi (avvocato, già ambasciatore dell’Unesco, Francia). Nella Nota conclusiva si legge: “Il Tribunale Russell per la Palestina riconosce gli stati membri dell’Unione Europea responsabili di aver violato il diritto internazionale e interno dell’UE riguardo il rispetto della protezione dei diritti umani del popolo palestinese”. E ancora: “[…] Il TRP chiede all’Unione Europea e a ognuno dei suoi stati membri di imporre le sanzioni necessarie al suo partner – Israele – attraverso misure diplomatiche, commerciali e culturali, per porre fine all’impunità di cui ha beneficiato negli ultimi decenni. Nel caso in cui o l’Unione Europea o i suoi stati membri non mostrino coraggio, il TRP fa affidamento sulle cittadine e i cittadini d’Europa, perché esercitino le pressioni necessarie in tutte le modalità appropriate”.

Tutti i materiali e i risultati del lavoro del TRP sono disponibili sul sito ufficiale del Tribunale Russell: www.russelltribunalonpalestine.net .

La prossima seduta si svolgerà a Londra, nel prossimo autunno. In ogni paese dell’Unione Europea esiste un comitato nazionale di appoggio, organizzato in Italia dalla Fondazione Basso.

A Roma erano presenti Gianni Tognoni, segretario generale del Tribunale permanente dei popoli presso la Fondazione Basso, e Niccolò Rinaldi, parlamentare europeo, membro della commissione per i rapporti con il popolo palestinese. L’obiettivo dell’incontro era favorire un dibattito tra le associazioni presenti, nell’ipotesi di organizzare una sessione del TRP in Italia. L’impegno è quello di garantire una piattaforma comune, che raduni realtà e associazioni impegnate su questi temi, avviando un impegno duraturo e sistematico. Gianni Tognoni ha definito quella di Barcellona una sessione intensa, molto ben condotta, gratificata da una buona visibilità sui giornali spagnoli. La sede degli incontri era il Collegio degli avvocati di Cataluña, luogosimbolo della resistenza a Franco.

Negli intenti, il TRP vuole essere un modo per riportare il problema di Palestina e Israele al centro di un dibattito internazionale, perché non diventi uno dei “casi” della diplomazia e della politica internazionale, un caso che non tocca la nostra vita, la nostra politica. Guerra, apartheid, genocidio culturale: la proprietà dei termini è oggi più che mai necessaria per “chiamare per nome” quanto sta accadendo in Palestina, affinché non si trasformi in un laboratorio, prolungato nel tempo, che abitua la comunità internazionale a diritti violati per anni senza assunzioni di responsabilità.

Niccolò Rinaldi ha ricordato poi che il dibattito, sia all’interno del Parlamento Europeo che della società italiana, è deludente e stanco: il rapporto Goldstone su Gaza,  favore del quale il Parlamento Europeo ha votato il 10 marzo, è stato portato alla discussione con moltissima fatica. La crisi economica distrae molto da questioni come quella palestinese: occuparsene oggi viene considerato quasi un lusso, e la politica estera resta il “tallone d’Achille” del nostro essere europei. Al Parlamento Europeo, un primo incontro con Richard Goldstone è avvenuto grazie a una sorta di escamotage: Goldstone inizialmente non è stato invitato a parlare in seduta plenaria, ma presso un gruppo di lavoro “con un’agenda di grande attenzione”. Questo ha avuto con lui un dibattito molto lungo, difficile e serrato, sul quale si sono espressi i diversi gruppi politici, perlopiù spaccati a metà al loro interno sulla questione. Da questo primo incontro sono state create le condizioni per avere un voto in seduta plenaria. Lì, dopo diversi passaggi, è stato negoziato un testo che quantomeno salva la legittimità del rapporto Goldstone e lo fa entrare a pieno titolo nella documentazione a disposizione della comunità internazionale. La risoluzione è passata grazie a una differenza di 20 voti, ed è un testo di cui Rinaldi, dopo aver visto di persona la distruzione di Gaza, dice di non essere fiero “perché non parla di crimini contro l’umanità”.

Rinaldi definisce la situazione di Gaza “da medioevo”, contraddistinta da “una società sempre più diversa da quella della Cisgiordania, anche solo, ad esempio, per l’assenza totale delle donne dalle discussioni e da molti aspetti della vita pubblica”.

Nel corso del dibattito successivo, a Roma sono emersi, tra gli altri, il tema del boicottaggio, del commercio e vendita di armi dall’Europa a Israele, e la possibilità di un embargo selettivo di questo tipo, ed è stata ribadita la necessità di un coordinamento italiano sul lungo periodo.

di Giulia Ceccutti

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