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SCAMBIO PRIGIONIERI: L’IRRITAZIONE NASCOSTA DI FATAH, HAMAS GUARDA AD ANKARA

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Felicita’ nei Territori occupati per la liberazione dei detenuti politici ma la riconciliazione tra Hamas e Fatah resta lontana.

MICHELE GIORGIO

Roma, 19 ottobre 2011, Nena News (foto dal sito palaestinafelix.blogspot.com) – Festeggiamenti in Israele, gioia a Gaza  e in Cisgiordania. Ma lo scambio di prigionieri avvenuto ieri rallegra  il premier israeliano Netanyahu e Hamas più della famiglia Shalit e dei congiunti dei detenuti palestinesi liberati. Per ragioni politiche, naturalmente.

Entrambe  le parti guadagnano dallo scambio, a cominciare dai consensi popolari. È  dubbio invece che l’accordo sui prigionieri contribuirà alla  riconciliazione tra il partito Fatah del presidente dell’Anp Abu Mazen e  il movimento islamico. Certo Abu Mazen ieri ha ricambiato con calore le  congratulazioni ricevute via telefono dal premier di Hamas,  Ismail Haniyeh. E ha anche salutato con gioia la liberazione di tanti  palestinesi. Ad un certo punto però ha fatto riferimento a un presunta  assicurazione ricevuta da Israele riguardo la futura scarcerazione di  altri prigionieri, oltre i 550 che Netanyahu si è impegnato a mandare a  casa entro due mesi. Ha lasciato capire «anche noi dell’Anp e di Fatah  faremo liberare un po’ di detenuti».
È forte ma ben mascherata l’irritazione nell’entourage del presidente dell’Anp per l’improvvisa fretta di Hamas di chiudere l’intesa con Israele (dopo la rigidità mantenuta per anni)  rinunciando alla scarcerazione di prigionieri politici di primo piano  come Marwan Barghouti (Fatah) e Ahmed Saadat (Fronte popolare). E  proprio Barghouti si fa sentire dal carcere di Hadarim per denunciare di  essere stato tenuto all’oscuro della trattativa e che gli stessi  prigionieri di Hamas non sono  stati consultati. «Non sapevano nulla persino i detenuti destinati  all’esilio, nessuno ha chiesto la loro opinione», ha denunciato  Barghouti attraverso il suo avvocato, Elias Sabag. Senza dimenticare che  parecchi dei 550 prigionieri che verranno liberati nelle prossime otto  settimane, avrebbero comunque lasciato il carcere entro breve tempo.  Alza la voce anche Qadura Fares, direttore dell’associazione degli ex  prigionieri politici. «Dentro di me c’è un misto di gioia ed amarezza –  spiega Fares – sono felice perché mille palestinesi lasciano la prigione  ma anche deluso per l’occasione perduta di ottenere la liberazione di  tanti dirigenti politici incarcerati». La leadership di Hamas respinge le accuse, sostenendo che non si poteva raggiungere un accordo  migliore con Israele (Netanyahu dice lo stesso, ma al contrario, alla  sua opinione pubblica)
Lo scambio di prigionieri è servito ad Hamas anche per stringere i rapporti con la Turchia di fronte ai cambiamenti  che la «primavera araba» ha innescato nella regione. I leader del  movimento islamico da settimane smentiscono di avere problemi con il  regime di Bashar Assad, che da molti anni accoglie e protegge i  dirigenti di Hamas. Ma l’intensità  delle proteste anti-Assad hanno messo gli islamisti palestinesi in una  posizione difficile. La Fratellanza islamica nel resto della regione a  mezza bocca accusa Hamas di  chiudere gli occhi di fronte ai massacri di tanti siriani sunniti per  mano di un regime dominato dagli alawiti (sciiti) e alleato dell’Iran.  Il capo in esilio di Hamas, Khaled  Mashaal, non vuole tagliare il cordone ombelicale subito ma nel  frattempo cerca nuove alleanze, guardando alla Turchia di Recep Tayyb  Erdogan, sempre più protagonista sulla scena mediorientale e in  (apparente) rotta di collisione con Israele. Ankara, attraverso il  vicepremier Bulent Arinc, ha rivendicato un ruolo «importante»  nell’accordo che ha portato alla liberazione di Gilad Shalit in cambio  di prigionieri palestinesi. Subito dopo l’annuncio dell’intesa, Khaled  Meshaal aveva espresso il proprio plauso per il ruolo della Turchia che  ora, non a caso, accoglierà 10 dei prigionieri destinati all’esilio. Nena News

questo articolo e’ stato pubblicato il 19 ottobre 2011 dal quotidiano Il Manifesto
http://nena-news.globalist.it/?p=13635 [2]