Sconsolato Italiano (o, da che parte del muro stiamo?)

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(11/01/2014)

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Quando vivevo in UK, anche io ho avuto bisogno di recarmi al consolato Italiano. Non spesso, avendo mantenuto la residenza nella mia città di origine, ma per urgenti rinnovi di passaporto o cose simili. Ricordo che si trovava in pieno centro a Londra. Era aperto solo due ore la mattina e credo neppure tutti i giorni. Trovare qualcuno al telefono era quasi sempre un miracolo. Il personale era spesso scortese.

L’episodio più significativo mi capitò quando proprio al telefono un messaggio registrato mi informò che per l’Oxfordshire era stato aperto un ufficio a Watford, a nord di Londra sul Ring Road. Pensai che la cosa mi fosse anche più favorevole. Quindi presi la mia Uno Bianca Italiana con guida a sinistra e arrivai a Watford verso le 10:30. Purtroppo scoprii che nei mesi estivi quell’ufficio era chiuso, cosa che il messaggio registrato non menzionava affatto. Decisi allora di recarmi al centro di Londra con un certo timore. Arrivai finalmente alle 12:02, con il consolato chiuso da due minuti. Minacciai il militare all’entrata che se non mi avesse fatto entrare avrei piantato un gran casino. Lui chiuse la porta e dopo poco riaprì facendomi entrare.

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Visti i miei precedenti capirete che non mi sono proprio stupito nell’apprendere quanto il consolato Italiano per i Territori Palestinesi sia estremamente scortese con chi chiede il visto per l’Italia. Domande su domande, spesso inutili e anche offensive. Richieste di documenti nuovi e in aperta contraddizione con ciò che si trova sul sito o che è stato comunicato in precedenza. Quasi che per arrivare in Italia bisognasse affrontare un percorso ad ostacoli, un poco come la Facoltà di Ingegneria all’Università di Pisa.

La cosa più incredibile è però scoprire che si trova a Gerusalemme. Per cui solo chi lì ancora risiede o i pochi che hanno il permesso di passare i vari checkpoint possono accederci. Chi non può ha tre opzioni: o chiede a qualcuno di portare i propri documenti al consolato (anche a pagamento), o rinuncia, o magari salta il muro con il rischio di essere arrestato. Un mio amico che sta per venire in Italia per l’appunto questo mi ha raccontato. Forse sapete o forse no, che molti tratti sono incompleti, costituiti da recinzione metallica alta due metri. Qua fare un buco o saltare proteggendosi dal filo spinato è possibile. Basta stare attenti che non ci siano pattuglie di soldati. Addirittura a sud di Hebron la barriera non esiste proprio. E comunque la prima volta ti prendono solo le impronte e ti rimandano indietro.

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Ora io ritengo che mantenere il consolato Italiano a Gerusalemme potrebbe avere un grosso significato politico: Gerusalemme è la capitale del ‘mai nato’ stato Palestinese nonostante lo stato di Israele cerchi di annettersela. Dubito però che questa sia la ragione che muove le nostre autorità. E anche dando per buona tale spiegazione nobile mi domando: finché l’ONU non sarà capace di far valere la sua autorità e attuare le sue risoluzioni, non sarebbe possibile aprire un ufficio temporaneo a Ramallah? E magari non sarebbe opportuno inviare una circolare ai nostri dipendenti all’estero (suppongo ben remunerati) per chiedergli di essere, non tanto gentili, quanto almeno professionali?

Cari Enrico Letta, Emma Bonino e Davide LaCecilia, pretendo una risposta.

(FD)

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