08.05.2020 – Gregorio Piccin

Lo scorso 6 maggio la portaerei Cavour ha riguadagnato il suo posto d’ormeggio nella Nuova Stazione Mar Grande presso il porto di Taranto.
Sono così terminati i lavori di adattamento cominciati nell’estate 2019 presso l’Arsenale Militare Marittimo del capoluogo che hanno riguardato il ponte di volo, gli hangar, alcuni locali tecnici, l’incremento della capacità di imbarcare avio-combustibile e tutta una serie di adeguamenti della strumentazione elettronica.
Ora la Cavour è pronta. Per cosa?
Per imbarcare ed impiegare gli F35B a decollo corto acquistati dalla Marina. La prossima attività della Cavour sarà infatti attraversare l’oceano Atlantico per raggiungere gli Stati Uniti, imbarcare gli aerei e procedere con esercitazioni congiunte con la US Navy, la marina statunitense.
la Marina Militare, la US Navy e la Royal Navy britannica saranno le uniche Marine al mondo a dispiegare portaerei in grado di operare con i velivoli F-35.
La portaerei, in termini generali, è un sistema d’arma eminentemente offensivo che ha la funzione di portare la forza aerea ben oltre i confini nazionali. Non ha funzioni difensive a meno che non si intenda la “Difesa”, come in effetti tutti i documenti ufficiali riportano a chiare lettere, come la tutela e promozione armata degli “interessi nazionali” all’estero. Ci sarebbe molto da discutere su quanto siano effettivamente “nazionali” tali interessi.
In questo senso la sua costruzione risulta perfettamente coerente con il profilo offensivo e belligerante che il nostro Paese si è dato da trent’anni a questa parte con la realizzazione del Nuovo Modello di Difesa. Questo nuovo modello per le Forze armate, richiesto dagli Stati uniti a tutti i partner Nato all’indomani della prima guerra del Golfo del 1991, prevedeva la riorganizzazione su base volontaria e professionale della truppa affinché questa potesse essere agevolmente impiegata in un nuovo ed aggressivo quadro di proiezione militare.
Chiave di volta della nostra belligeranza, la professionalizzazione sul modello anglo-americano ha offerto ed offre il migliore quadro tecnico-giuridico per un impiego diretto nel nuovo interventismo Nato post-89.
Sulla stessa frequenza si colloca l’acquisizione degli F-35 che non sono aerei da difesa in senso stretto ma cacciabombardieri con capacità nucleare da “primo colpo” che dovrebbero sostituire la vecchia flotta di Tornado. Non a caso, in aperta violazione del Trattato di non proliferazione nucleare a cui l’Italia ha aderito, il nostro Paese non solo ospita decine ordigni nucleari sul proprio territorio ma addestra i propri piloti al bombardamento nucleare nel quadro del Nuclear sharing della Nato.
In tempi di pandemia, in cui ben altri dovrebbero essere i dossier su cui riversare risorse, il costo operativo della portaerei Cavour si aggiungerà quindi a quello dell’acquisto degli F35, dei sommergibili, degli elicotteri da guerra, alle sempiterne missioni di “pace” in Iraq e Afghanistan e a quella nuova annunciata per il Mali.
La lista della spesa bellica di questo governo si allunga ancora e si conferma in aumento verso quel 2% del Pil richiesto dalla Nato mentre a settembre, sostanzialmente per carenza di spazi e personale che possano garantire distanziamento, si procederà con una improbabile riapertura delle scuole a “targhe alterne”.
Genitori e bambini si consoleranno sventolando bandierine tricolori in onore della Cavour: prima portaerei nella storia di questo Paese a solcare le onde dell’Atlantico.

Gregorio Piccin
Inizia la sua militanza pacifista nel 1991, a diciassette anni, all’epoca della prima guerra del Golfo. Nel 1992, appena diciottenne, vede per la prima volta la guerra in faccia a Mostar (Bosnia Erzegovina) seguendo come volontario civile una carovana della campagna Dai Ruote alla Pace. Colpito dal “mal di Jugoslavia” segue per il Consorzio italiano di Solidarietà vari progetti rivolti alla popolazione colpita dalla guerra nella riva est della città dove ha vissuto a più riprese e in pianta stabile tutte le condizioni dell’assedio Ustascia: assenza di elettricità e acqua corrente. Lavora per l’Unhcr tra Belgrado e Budapest nel quadro di un programma per il rifornimento di combustibili verso campi profughi ed ospedali nel lungo periodo dell’embargo sulla Serbia. Studia la storia ed acquisisce il metodo materialista dialettico che gli fa comprendere come la guerra stessa sia un articolato e lucroso processo produttivo. Abbandona quindi il campo umanitario per impegnarsi nella lotta aperta al neocolonialismo e a quella che definisce “privatizzazione della guerra”. E’ stato co-redattore della rivista telematica Intermarx e del bollettino di controinformazione Quemada. Dal 2009 al 2014 è stato assessore all’ambiente, attività produttive e politiche sociali del comune di Tramonti di Sotto (PN) per cui ha seguito interventi di sostenibilità ambientale e rilancio di produzioni locali di qualità. Ha pubblicato vari articoli e saggi sulle riviste Giano, Guerre e Pace, AlternativeEuropa sui temi della corsa agli armamenti, dei nazionalismi, delle multinazionali, della storia della Jugoslavia socialista. Ha collaborato con Il Manifesto e Le Monde Diplomatique e scrive per il quotidiano on-line FriuliSera. Per l’editore KappaVu ha curato i libri “Se dici guerra…basi militari, tecnologie, profitti” “Frammenti sulla guerra. Industria e neocolonialismo in un mondo multipolare”. Attualmente segue per Rifondazione Comunista le questioni legate alla corsa agli armamenti, all’industria bellica, alla belligeranza permanente. E’ stato carpentiere, pizzaiolo, conducente di scuolabus, operaio edile, gestore di attività ricettive. Le sue passioni sono l’alpinismo, la pesca in apnea, la falegnameria e la fotografia. Crede fermamente che la vera utopia sia pensare, come umanità, di poter sopravvivere all’attuale modo di produrre e consumare. In questo senso si sente un inguaribile anticapitalista.
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