intervista esclusiva a Radio Vaticana
A margine della Giornata Onu per i diritti del popolo palestinese, in cui è stata lanciata l’iniziativa 2009-2010 della Campagna Ponti e non Muri di Pax Christi, abbiamo raccolto tante adesioni e soprattutto sostegni trasversali dalle parti più diverse. Senz’altro di rilievo è stata la presenza, durante tutto il convegno, della giornalista di Radio Vaticana Giada Aquilino, che ci ha concesso in esclusiva questa intervista.
Perché una giornalista di Radio Vaticana ha seguito il Convegno di Pax Christi a Fiesole?
Giada Aquilino: Ho chiesto di partecipare al vostro incontro per conoscere meglio Pax Christi. In Radio, seguiamo le iniziative del vostro movimento, come pure di tutti gli altri impegnati per la pace nel mondo: ricordo per esempio l’anno scorso, sempre in occasione della Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese indetta dall’Onu, io stessa intervistai – su consiglio di don Nandino Capovilla di Pax Christi – Piergiorgio Rosetti, dell’associazione Humanity Together, che mi parlò del sostegno alle popolazioni a sud di Hebron. Le nostre fonti sono sempre persone che operano ‘sul posto’, in questo caso in Terra Santa, per lo più sacerdoti, suore, missionari, laici, volontari, per dar voce a ciò che queste persone vedono e vivono ogni giorno in realtà difficili, di guerra, di povertà, di sottosviluppo.
Cosa ti ha colpito del Convegno “Zochrot: memorie negate, memoria condivisa”?
L’impegno, senza dubbio. Non so come spiegarlo, ma quell’ “appassionato ritrovarsi” per il Medio Oriente – come lo ha definito don Nandino parlando alla Badia fiesolana – mi ha messo di fronte alla vostra volontà di fare. Quando lì a Fiesole tentavate di comunicare a tutti i costi con la Striscia di Gaza e con la Cisgiordania, per telefono perché gli operatori di quelle zone, pur avendo ottenuto i permessi, non sono riusciti a partire, mi sono domandata: perché don Nandino, Betta, Serena, Raneen e tutti gli amici di Pax Christi ci tengono tanto? La risposta è arrivata quasi subito: stava in quei bambini ripresi nelle immagini che voi avete girato nei Territori. Si dice che gli occhi dei bambini in guerra siano uguali dappertutto. Trovo che ognuno di loro esprima una sofferenza diversa. Sicuramente però quei piccoli sono uguali per un altro aspetto: il sorriso. Porto nel cuore il sorriso dei bambini che ho conosciuto in Kosovo, altra terra martoriata dalla guerra, come pure quelli che ho visto a Manaus, in Brasile, o a Santo Domingo, nella Repubblica Dominicana, dove la loro povertà si consuma per strada, tra fogne a cielo aperto ed espedienti per tirare avanti. Il sorriso è lo stesso di quei bimbi che – cartella in spalla – sorridevano su un camioncino, accanto ad un freezer per i gelati, che don Nandino e Piero Fontana hanno immortalato nelle immagini del loro reportage ‘Piazza Pulita’.
Continuerai ad occuparti della pace in Terra Santa?
Come non farlo. Serve l’impegno di tutti, lo avete detto anche voi al Convegno. Voglio chiudere, ricordando le parole del Papa, all’Angelus del 28 dicembre dell’anno scorso, durante la guerra a Gaza: “domando alla comunità internazionale – disse Benedetto XVI – di non lasciare nulla di intentato per aiutare israeliani e palestinesi ad uscire da questo vicolo cieco e a non rassegnarsi alla logica perversa dello scontro e della violenza, ma a privilegiare invece la via del dialogo e del negoziato”.
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