SI PUO’ ARRESTARE UN MINORE PERCHE’ GIOCA A PALLONE CON I SUOI AMICI? IN PALESTINA SI’.

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Si può arrestare un minore perché gioca a pallone con i suoi amici? In Palestina sì.

Negli scorsi anni, nei pressi di Betlemme durante i Summer Camp gestiti da volontari internazionali, abbiamo conosciuto numerosi bambini e adolescenti pieni di vivacità. Concluso il centro estivo e ritornati al nostro paese, noi volontari abbiamo continuato a sentirci con i ragazzi e le loro famiglie, instaurando un legame, che è andato oltre l’attività di volontariato estivo. Wadih, un adolescente palestinese di 14 anni, assieme ai suoi fratelli minori, era solito partecipare al summer camp, e per più estati ci siamo riabbracciati trascorrendo insieme il mese di luglio tra attività ludiche ed educative. Abbiamo scoperto un ragazzo allegro da aspirazioni calcistiche, come spesso accade a quell’età.

Lo scorso 02 ottobre 2020 dopo la scuola, Wadih, assieme ad altri amici, si è recato al Cremisan Park di Beit Jala (Betlemme) per giocare a calcio prima di tornare a casa.

Tra un rigore e una parata, alcuni militari dell’esercito israeliano presenti nella zona, vedendoli in quell’area, li hanno arrestati senza dar loro una spiegazione.

Hanno incappucciato i ragazzi e li hanno portati via.

L’area palestinese del Cremisan rientra nel progetto di annessione dello Stato di Israele. I ragazzi non lo sapevano: quel parco è da sempre un luogo di ritrovo e di gioco per i più giovani.

Dopo essere stati sottoposti a un tampone per il Covid, i ragazzi sono stati portati alla stazione di polizia di Beitar Illit (Betlemme) e in seguito a Huwara (a sud di Nablus), presso una zona occupata dall’esercito israeliano. Infine, Wadih e forse anche i suoi compagni, di cui non abbiamo più nessuna notizia, è stato portato alla prigione di Megiddo (a nord di Jenin). La sua colpa sembrerebbe essere quella di aver scelto di giocare in un parco recentemente annesso a Israele.

Ora Wadih è in carcere senza un’accusa precisa. Negli ultimi giorni è stato portato in un ospedale per influenza, così ci viene riportato da sua madre che non può andare a visitarlo.

La detenzione amministrativa, subita da questo adolescente, è ritenuta illegale secondo la legge internazionale sui diritti umani. Questa pratica è giustificata da Israele con il codice militare 1651, che autorizza l’esercito a detenere fino a 6 mesi una persona, nel caso possa rappresentare un rischio per la sicurezza dello stato.

In questo modo Israele può applicare delle leggi a sua discrezione e senza arbitrio.

Gli osservatori dell’ONU e le Commissioni sui diritti umani locali non possono accedere alle carceri per assistere i detenuti “amministrativi”. Anche per questo motivo, i palestinesi possono rimanere nelle prigioni senza ricevere assistenza legale per mesi, senza possibilità di difendere i propri diritti, lontani dai loro cari e in condizioni sanitarie precarie. Una tale situazione segnerà per tutta la vita il nostro amico di soli 14 anni.

La detenzione amministrativa per gli studenti palestinesi, sia minorenni che maggiorenni, è un caso emblematico. E in questi giorni, purtroppo, abbiamo ricevuto notizia di una persona che conosciamo.

La ONG Addameer ha pubblicato lo scorso dicembre 2019 la notizia che circa 500 palestinesi sono stati arrestati in detenzione amministrativa e che gli studenti stanno diventando un bersaglio in crescita.

Quella del nostro giovane amico, non è quindi un caso isolato, ma rientra in un progetto più ampio di contrasto e repressione della società palestinese.

Questi atti sono condannati dalle Nazioni Unite in quanto violano direttamente l’articolo 14 del Patto Internazionale sui diritti umani, civili e politici.

La famiglia del nostro piccolo amico non conosce il motivo per il quale è stato imprigionato, né sanno quanto tempo resterà in carcere, sanno solo che ora non sta bene e che è in un ospedale. Di fatto, ora, sono privati della possibilità di ricevere un equo processo. L’aggravante è che le autorità israeliane privano i detenuti amministrativi delle visite familiari e li sottopongono a lunghi periodi di isolamento. Noi volontari non sappiamo altro, ma vogliamo farci megafono del grido di aiuto che arriva dalla famiglia del ragazzo.

Assieme ai volontari internazionali (Canada, Inghilterra, Stati Uniti, Italia), facciamo appello per aiutare questa famiglia: è ora che le parole siano sostenute da azioni concrete, per far sì che questo ragazzo possa tornare a casa prima possibile.

Stiamo raccogliendo fondi per aiutare la famiglia a sostenere le spese di un avvocato. Aiutateci anche con un piccolo contributo aderendo alla campagna a favore della liberazione di Wadih Qassem Shaheen:

Per la campagna di sensibilizzazione: https://www.change.org/p/megiddo-prison-free-14-year-old-wadih-qassem-shaheen-from-israeli-detention-b869e617-3073-4061-a06c-44a61029a0d4?recruiter=297329425&utm_source=share_petition&utm_medium=facebook&utm_campaign=share_petition&utm_term=share_petition&recruited_by_id=4f72d122-df03-48b2-a6a4-8221bfc4e473&utm_content=fht-25194466-en-gb%3A0

Per le donazioni, cliccare: https://gf.me/u/y4gjhq 

Grazie anche per condividere questa notizia affinché non vengano taciute tali violazioni sui minori e per contribuire alla diffusione di denuncia di questa ingiustizia.

Laura Munaro, Michela e Giorgia Sani e tutti i volontari internazionali in difesa di Wadih.

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