Siria, effetto Trump ‘amici-nemici’, curdi con Assad contro la Turchia

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Svolta nel nord della Siria, i curdi chiedono aiuto ad Assad contro la Turchia. Lo Ypg, l’Unità di protezione popolare che ha sconfitto Isis, ha chiesto all’esercito di Damasco di prendere il controllo della città di Manbji

Trottola Trump, chi si fida è perduto

Siria, effetto Trump, curdi con Assad contro la Turchia
Svolta nel nord della Siria, cambio negli assetti regionali da libri di storia, se non fosse causato da una ‘estrosità’ personale made in Usa. Lo Ypg, l’Unità di protezione popolare, braccio armato dei curdi siriani, ha chiesto all’esercito di Bashar al-Assad di prendere il controllo di Manbji, città strategica sotto il controllo curdo, che la milizia si prepara a lasciare. Assad prima che arrivi l’invasore Erdogan con l’avallo americano. E le forze fedeli al governo di Damasco sono entrate nella città siriana di Manbij per evitare l’offensiva turca dopo il ritiro delle truppe statunitensi.
Avviso anche russo ai troppi furbi nei dintorni, alleati ‘stagionali’. La Turchia che si preparava a sferrare un’imponente operazione di terra con l’obiettivo obiettivo di cacciare i curdi dai distretti di Manbji e Kobane. Ankara prova a spiegare che l’obiettivo è solo liberare i territori dalla presenza di organizzazioni terroristiche di matrice curda e jihadista, ma nessuno le crede. E questa volta ha certamente contro il suo principale alleato del momento, Putin, che lancia segnali chiari ai due neo amiconi Erdogan-Trump in prossima vistita di Stato e vendita di missili.

Meglio Assad di Erdogan

L’esercito siriano è entrato a Manbij, località strategica situata a ovest dell’Eufrate. «Su richiesta del popolo, il comando generale dell’esercito siriano dichiara di essere entrato a Manbij e di aver issato la bandiera siriana al suo interno», afferma Damasco in un comunicato. Ankara e Washingtron avvisate.L’Osservatorio siriano per i diritti umani, ha confermato la presenza di truppe e mezzi militari di Damasco alle porte di Manbij, dove la Turchia stava preparando l’ingresso delle truppe. Sintesi poliotica: il ritiro americano porterà a un rafforzamento del regime di Damasco.
«Bashar al-Assad sarà il grande vincitore di questo precipitoso ritiro», annota Allan Kaval, su Le Monde. E sull’Huffington Post Umberto Di Giovannangeli fa i conto dello scambio in corso tra le Forze Democratiche siriane, l’FDS a guida curda, e il governo di Damasco. Consegna dei territori conquistati all’Isis in cambio di protezione dall’esercito turco e larga autonomia politica amministrativa nella regione del Rojava. Tutto quello che Ankara non vuole.

La Russia padrona gongola

Il ministero degli Esteri russo si aspetta che il governo Damasco prenda il controllo delle aree dove sono ancora le truppe statunitensi, come da diritto internazionale. Patti chiari da subito, salvo cercarsi guai. Dubbi in casa militare americana a rincorrere la trottola presidenziale. Ed ecco la vecchia ‘furbata’ del piede in due staffe: la decisione Usa di mantenere le base militari in Iraq, che è praticamente la porta d’entrata della Siria. Versione di Mosca.Da una parte dimostrare l’intenzione di abbandonare il suo ruolo di poliziotto globale, dall’altro lato, problema di Trump, di placare lo scontento dei repubblicani.
Ma il problema vero ora è quell’altro ‘estroso’ e altro caratterino di Erdogan. Domani, una delegazione turca sarà a Mosca, mentre gli osservatori militari annotano colonne di mezzi corazzati e di carri armati Leopard 2A4 di produzione tedesca della 57ma Brigata corazzata, in movimento verso la Siria. Mentre qualcuno torna a muovere la variegata ‘opposizione siriana’ a sua convenienza: ‘15.000 combattenti pronti ad entrare nelle aree ex Usa’, ma poco credibile.

Curdi e tradimento Usa

I Curdi che vedono ancora una volta tradite le loro istanze autonomistiche ed indipendentistiche da alcune grandi potenze. Trump l’ha fatto soltanto più sporca che altri nel passato. Con qualche rischio in più e guai per tutti. Terremoti strategici in casa occidentale. Damasco che si riprende il nord-est e le sua importanti risorse economiche-petrolifere, a supplire quegli aiuti internazionali per la ricostruzione lesinati come arma. Un aiuto indiretto ma decisivo ad Assad e al suo sistema di potere, dando slancio alla sua capacità di portare avanti progetti di ricostruzione e indebolendo le influenze residue degli attori esterni. Turchia ovviamente permettendo.
E come nel gioco dell’oca, si ritorna alla casella di partenza. Ankara che ieri, oggi o domani, in qualsiasi forma possibile, insisterà nel suo obiettivo strategico di un protettorato ottomano nel Nord-Est della Siria, spacciato al momento per una «fascia di sicurezza», usando, se serve alleati su misura, vedi Esercito libero siriano. I Curdi lo sanno bene. E anche noi tutti.

 

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