Somalia: l’aggressione occidentale alle rimesse degli emigrati

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REDAZIONE 21 AGOSTO 2013

 

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di Stephen Roblin – 19 agosto 2013

 

Il costante funzionamento del canale delle rimesse degli emigrati è “essenziale per la sopravvivenza immediato e per lo sviluppo a lungo termine della Somalia, conclude un nuovorapporto di Oxfam, che sottolinea il “ruolo cruciale” dei somali statunitensi e delle istituzioni di trasferimento fondi cui si affidano per inviare in patria fondi salvavita. Nonostante la sua importanza “il canale delle rimesse degli emigrati verso la Somalia e sottoposto a una grave minaccia”, avverte il rapporto. Il suo stato precario è una conseguenza di un tentativo, guidato da Washington, di impedire che i somali della diaspora offrano aiuto alla loro patria, uno degli sviluppi meno noti che sono scaturiti dalla “guerra al terrore”.

L’importanza per la Somalia del settore delle rimesse non è sopravvalutato. Si dice che le rimesse internazionali “tengono a galla” l’economia. In un’espressione impressionante di solidarietà, meno di un milione di somali della diaspora trasferiscono annualmente una cifra tra uno e due miliardi di dollari, rendendo le rimesse il maggior fattore del PIL del paese. Circail 40% della popolazione dipende da questi trasferimenti, che sono utilizzati per coprire spese fondamentali, come cibo, spese mediche e istruzione.  Per avere un’idea, la Somalia riceve, in un anno medio, più fondi dalle rimesse che dall’assistenza umanitaria offerta dai governi stranieri nel 2012, un anno in cui l’assistenza è stata anormalmente elevata a causa della siccità “epica” del 2011 nel Corno d’Africa e della fame che ha scatenato nella Somalia del centro-sud.

Come mostra il rapporto della Oxfam, una parte significativa delle rimesse proviene dai più di centomila somali che vivono negli Stati Uniti, la terza maggior destinazione degli emigrati internazionali somali (dopo, rispettivamente, l’Etiopia e il Regno Unito). I loro contributi rappresentano quasi il 20 per cento del flusso totale delle rimesse, circa 214 milioni l’anno. Tale importo si avvicina all’assistenza umanitaria e allo sviluppo totale che il governo statunitense ha stanziato per il paese nel 2012.

Ai somali che dipendono dall’assistenza straniera per la sopravvivenza quotidiana, i loro parenti della diaspora offrono un vantaggio cruciale rispetto all’assistenza del governo USA: non interrompono il flusso dei fondi nei momenti peggiori e con totale disprezzo per le conseguenze. Questa è una preoccupazione molto reale per i somali, che hanno un’intima famigliarità con la prassi umanitaria di Obama.

Negli anni che sono sfociati nella crisi alimentare/carestia del 2011, gli Stati Uniti hanno staccato la spina dell’assistenza umanitaria al paese e hanno poi criminalizzato i soccorsi umanitari nella regione centro-meridionale. Tali atti caritatevoli, assieme al bando di Al Shabaab alle agenzie di soccordo occidentali, hanno efficacemente smantellato il sistema dei soccorsi umanitari nella regione, una delle principali cause della carestia che ha reclamato una quantità di vite stimata in 260.000, secondo un nuovo studio sulla mortalità.

I somali della diaspora non manifestano una crudeltà simile. Così qualsiasi minaccia al sistema delle rimesse va visto come l’erosione di un importante cuscinetto contro i cicli di espansione e contrazione dell’assistenza governativa straniera allo “stato fallito”.

“Guerra finanziaria al terrore”

Il canale delle rimesse è sempre rimasto sotto minaccia dai primi fuochi della “guerra al terrore”. Nel novembre del 2001 l’amministrazione Bush, con in mano “informazioni segrete spazzatura”, chiuse Al Barakaat, la più grande società di trasferimento fondi che all’epoca serviva la Somalia. L’amministrazione affermò che la società era usata per canalizzare fondi ad al-Qaeda, una violazione del Patriot Act.

La chiusura fu “accolta dal governo e dai media come un successo clamoroso”, scrive Ibrahim Warde nella sua feroce critica della “guerra finanziaria al terrore”, ‘The Price of Fear: The Truth Behind the Financial War on Terror’ [Il prezzo della paura: la verità dietro la guerra finanziaria al terrore]. Tale reazione è stata particolarmente rivelatrice alla luce della situazione all’epoca della decisione. Solo due settimane prima della chiusura, l’ONU aveva annunciato che 300.000 somali rischiavano l’inedia a causa della siccità e della scarsità di cibo. Fortunatamente il declino delle rimesse causato dalla chiusura non fu così grave come previsto poiché altre aziende colmarono il vuoto. Quando l’amministrazione ritirò le accuse un anno dopo, per mancanza di prove, i media e l’opinione dell’élite a malapena vi fece caso. I somali, per parte loro, prestarono grande attenzione, sentendo naturalmente che era stata “profondamente avvertita l’ingiustizia commessa ai danni dell’azienda e del paese”, spiega Warde.

Al Barakaat non poté sopravvivere. Una delle società che colmarono il vuoto fu Dahabshiil, l’attuale principale azienda di trasferimento fondi della Somalia. E’ il bersaglio dell’attacco più recente al canale delle rimesse scaturito dall’occidente.

La principale banca britannica, la Barclays, risulterebbe prepararsi a chiudere il suo conto della Dahabshiil. La società è membro dell’Associazione Somala dei Servizi Finanziari (SOMSA), un organismo commerciale britannico dell’industria dei trasferimenti di fondi. Secondo la SOMSA dodici dei suoi membri hanno perso i loro conti nel Regno Unito. I cinque membri restanti rischiano chiusure “imminenti”, riferisce la BBC.

La chiusura del conto della Dahabshiil da parte della Barclays “taglierà una linea vitale di servizi essenziali in Somalia”, afferma Philippe Lazzarini, il massimo dirigente umanitario dell’ONU in Somalia. La dichiarazione di Lazzarini è echeggiata da una lettera firmata da più di cento studiosi somali e internazionali che hanno sollecitato il governo britannico a intervenire a favore della società e dei molti che si affidano ai suoi servizi, una proposta che è statarespinta.

Laura Hammond, una studiosa che si sta specializzando sul Corno d’Africa, tratta in un suo recente articolo il probabile impatto delle chiusure: “i membri della diaspora che vivono nel Regno Unito e in molti altri paesi non saranno in grado di trasferire legalmente fondi in Somalia, molti organismi di soccorso si troveranno in difficoltà” poiché dipendono da Dahabshiil per effettuare pagamenti in Somalia. “La tempistica di questa decisione non avrebbe potuto essere peggiore”, spiega.

“Proprio quando il paese ha formato il primo governo riconosciuto in campo internazionale in due decenni, quando la pirateria è a minimi storici e gli insorti di al Shabaab sembrano indebolirsi, in principali canali attraverso i quali affluiscono le rimesse, gli investimenti stranieri e i fondi internazionali di aiuto per arrivare a coloro che ne hanno bisogno sono in pericolo di essere chiusi.”

La Barclays ha citato come motivo della chiusura i “rischi di settore” e ha negato che la società “sia stata inconsapevolmente un canale del crimine finanziario”. Nonostante la storia pulita della Dahabshiil, i “rischi” a livello di settore sono che i fondi trasferiti in Somalia possano “involontariamente” agevolare “il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo” e questo è il motivo per cui la Barclays ha chiuso il conto. Orwell sarebbe impressionato.

Troppo deboli per essere protetti

Questi rischi sono stati artificialmente imposti da Washington. Dopo la chiusura di Al Barakaat l’ambiente regolatore degli Stati Uniti è divenuto crescentemente ostile nei confronti delle società di trasferimento fondi somalo-statunitensi. In conseguenza negli ultimi dieci anni le banche statunitensi hanno chiuso conti somali a un ritmo allarmante. Le chiusure sono basate su “una generale avversione al rischio … piuttosto che su specifiche preoccupazioni riguardanti le loro prassi di rispetto delle norme”, secondo il rapporto della Oxfam. Washington ha assunto la guida a livello mondiale dell’istituzionalizzazione di regole contro il finanziamento del terrorismo.

La decisione della Barclays arriva dopo che le autorità statunitensi hanno comminato al gigante finanziario britannico HSBC una sanzione di quasi due miliardi di dollari per il suo ruolonell’agevolare il riciclaggio di denaro da parte di “terroristi”, “stati canaglia”, “signori della droga” e altri protagonisti malfamati. In questo caso le autorità statunitensi hanno affrontato la “disdicevole” condotta criminale della banca tenendo presente la salute del settore finanziario. Hanno scelto di non incriminare la HSBC; farlo avrebbe “compromesso una delle più grandi banche del mondo e alla fine avrebbe destabilizzato il sistema finanziario globale”, ha scritto il New York Times all’epoca.  Qui, “destabilizzare” significa minacciare i profitti e il dominio della mega istituzioni finanziarie che, per inciso, sono responsabili di “mangiarsi l’economia di mercato moderna dall’interno” (Martin Wolf). La decisione di proteggere le mega banche dal “primato della legge” ha confermato l’impegno del governo ad affermare una doppia dottrina “troppo grande per fallire significa troppo grande per finire in carcere”, come appropriatamente dichiarato dall’editoriale del New York Times. 

La dottrina non si estende ai deboli. Perciò, agli occhi dei dirigenti occidentali, le istituzioni e le reti responsabili del funzionamento delle rimesse della Somalia, eccettuate le grandi banche, sono sufficientemente “piccole” – deboli e insignificanti – per essere costrette al fallimento. Lo stesso vale per coloro che dipendono da questa “ancora di salvezza”.

Il “sostegno materiale” statunitense al terrorismo

L’espressa preoccupazione di Washington è che i trasferimenti di denaro possano in qualche modo “avvantaggiare” Al Shabaab. Chiunque abbia familiarità con gli eventi recenti in Somalia può costatare l’ironia qui. Per cominciare, Al Shabaab è stato il principale benefattore delle politiche statunitensi nei confronti della Somalia dopo l’11 settembre. La coalizione militante è stata catapultata al potere dopo un devastante intervento etiopico sostenuto dagli Stati Uniti nel 2006. L’intervento ha creato un vuoto politico che Al Shabaab ha gioiosamente colmato. Prima di questi eventi la minaccia terroristica in Somalia era infima. Ciò ha avuto anche come conseguenza un fenomeno moderno che potremmo chiamare “irachizzazione della Somalia”: la rapida migrazione di jihadisti stranieri che segue le aggressioni guidate o orchestrate dagli Stati Uniti. In effetti l’afflusso di jihadisti stranieri in Al Shabaab è una delle cause principali di quella che il Dipartimento di Stato ha recentemente identificato come una “minaccia terroristica [più] geograficamente distribuita”, praticamente un’ammissione di fallimento.

Ad accrescere l’ironia vi è la natura selettiva dei tentativi occidentali di bloccare il finanziamento del terrorismo. Come ha segnalato Ann Lindley, una studiosa che si è occupata dei sistemi somali delle rimesse, “i signori della guerra che hanno terrorizzato per anni la popolazione civile di Mogadiscio hanno utilizzato una vasta gamma di meccanismi di trasferimento del denaro senza nessuna sollecitazione della comunità internazionale  a sanzioni  nei confronti dei fornitori dei servizi. [1]” Ancor peggio, gli Stati Uniti hanno offerto un sostegno finanziario diretto ai signori della guerra perché scatenassero una campagna di terrore nelle vie di Mogadiscio. Dal 2003 al 2006 signori della guerra finanziati dalla CIA hanno eseguito assassinii e sequestri nelle strade della capitale [2]. Tale politica si qualifica chiaramente come un “sostegno materiale” al terrorismo, una volta che sia adottata una definizione letterale, anziché propagandistica, del crimine.

E’ difficile capire come smantellare le istituzioni materiali di trasferimento fondi indebolirà Al Shabaab. Ci sono motivi per ritenere che possa avere l’effetto opposto.

Nel dicembre del 2011 il gruppo bancario Sunrise Community Banks di Minneapolis, uno dei maggiori snodi somali negli Stati Uniti, ha chiuso i conti delle organizzazioni di trasferimento fondi somalo-statunitensi. Il rapporto della Oxfam afferma che questa decisione ha avuto due effetti. Primo: ha interrotto i trasferimenti di denaro verso la Somalia in un momento in cui la fame stava devastando vite. (Inutilmente le organizzazioni umanitarie hanno sollecitato l’amministrazione Obama a fornire garanzie alla Sunrise che non sarebbe incorsa in problemi legali per il fatto di effettuare  trasferimenti telematici). Secondo: gli ex clienti della banca hanno cominciato a inviare fondi attraverso canali indiretti (e più costosi). Come afferma il rapporto della Oxfam, l’utilizzo di canali indiretti “riduce la trasparenza delle transazioni e compromette la capacità del governo statunitense e delle autorità somale di controllare e regolare il trasferimento dei fondi”. E’ facile capire come Al Shabaab potrebbe sfruttare i canali informali delle rimesse.

Le reazioni al terrorismo imponendo fallimenti sono più facili da giustificare quando le vittime che producono sono considerate prive di valore; hanno un “costo” percepito minore. Fino a quando persone di coscienza non modificheranno questo calcolo, gli Stati Uniti e altri decisori occidentali delle politiche continueranno a “non capire la Somalia” erodendo, nel farlo,  le poche ancore di salvezza che mantengono viva questa fragile società.

Note

[1] “Between ‘Dirty Money’ and ‘Development Capital’: Somali Money Transfer Infrastructure Under Global Scrutiny,”  [Tra ‘denaro sporco’ e ‘capitale di sviluppo’: l’infrastruttura delle rimesse somale sotto esame globale] African Affairs 108:433 (2009): 519-539.

[2] Vedasi Jeremy Scahill ‘Dirty Wars: The World Is a Battlefield’[Guerre sporche: il mondo è un campo di battaglia] (New York: Nation Books, 2013)

Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte:  http://www.zcommunications.org/western-assault-on-somalias-remittance-pipeline-by-stephen-roblin

Traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2013 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

http://znetitaly.altervista.org/art/12082

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