Tanti “Primo marzo”, troppe discriminazioni

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A Betlemme come in ogni città d’Italia

Siamo distanti solo per i chilometri da tutti voi che oggi manifestate la bellezza dell’unica cittadinanza, denunciando le discriminazioni che tolgono dignità ai migranti e ai profughi di ogni parte della terra. Anche qui, dalla terra dei diritti cancellati di un intero popolo, vogliamo sentirci uniti a voi che, in tutta Italia, ricordate a tutti la violazione dei fondamentali diritti della persona in un coloratissimo appello contro il razzismo. Con noi ci sono centinaia di donne e uomini, giovani e adulti, che ci chiedono di prestare la nostra voce per far sentire più forte la parola che condanna le violenze quotidiane e quelle storiche; i loro volti si uniscono oggi a tutti gli sfruttati e gli esclusi che, qui in Palestina come in ogni altro paese, vivono il loro Primo Marzo ogni giorno, dicendo che “senza di noi” non potrà esserci convivenza giusta e pacifica.

In particolare, qui oggi ricordiamo l’anniversario della posa della prima lastra di cemento del muro a Betlemme. Ma quel palpabile senso di soffocamento che qui diventa un autentico apartheid, riconosciuto e giudicato come tale dalle stesse Nazioni Unite, in altri Paesi del mondo come in Italia, sembra più invisibile ma ha lo stesso spessore di discriminazione, escludendo dai diritti di cittadinanza, separando comunità e famiglie, discriminando in ogni ambiente di vita. Sappiate che abbiamo portato sui nostri abiti lo stesso vostro nastro giallo.

Vedendo il grigio oppressivo del muro di apartheid che fa di Betlemme e tutta la Palestina un immenso CPT, siamo consapevoli che arriva fino all’Italia il muro della discriminazione, che mette in ombra la ricchezza delle diversità che ogni donna e ogni uomo porta con sè come un regalo per tutti.

I palestinesi che hanno partecipato al Primo Marzo, con tutti gli italiani di UN PONTE PER BETLEMME

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