09 dic 2015
Ventuno lavoratori gazawi salvati dopo che il tunnel in cui lavoravano è stato allagato dall’Egitto. In Cisgiordania Israele accusato di aver ucciso con armi illegali per il diritto internazionale.

della redazione
Roma, 9 dicembre 2015, Nena News – Rischiare la vita per lavorare, rischiarla per sopravvivere: il destino dei gazawi è una beffa. Soprattutto se a stringerti nell’ennesimo assedio è un paese teoricamente a te vicino. Ma l’Egitto di al-Sisi non è l’Egitto di Morsi né quello di Mubarak. Prosegue spedita la campagna di distruzione dei tunnel per il contrabbando usato da anni dalla popolazione della Striscia per far fronte all’altro assedio, quello israeliano. Dai tunnel entravano il carburante, i materiali di costruzione, le sigarette, il cibo, le medicine. Entravano anche armi. Oggi entra pochissimo.
La campagna di demolizione egiziana è pericolosa: ieri 21 lavoratori gazawi sono rimasti intrappolati in un tunnel dopo che l’esercito egiziano lo ha allagato per distruggerlo. L’operazione non è nuova: buona parte dei tunnel sono stati messi fuori uso così, altri sono stati bombardati. Immediatamente sono intervenute le squadre di soccorso che sono riuscite a salvare subito 7 lavoratori ma che hanno perso i contatti con gli altri 14.
In serata la buona notizia: i 14 lavoratori sono stati recuperati dopo lunghe ore di tensione. Resta però minacciosa la politica intrapresa dall’Egitto del golpe: il presidente al-Sisi, responsabile della deposizione del primo presidente eletto della storia egiziana, l’islamista Morsi, punisce da quasi tre anni Gaza per essere governata dal braccio palestinese della Fratellanza Musulmana, Hamas. Fa aprire il fuoco contro i pescatori gazawi che si avvicinano alle acque territoriali egiziane, ha distrutto i tunnel, ha chiuso a tempo indeterminato il valico di Rafah (unica via d’uscita verso il mondo esterno, viste le difficoltà a muoversi attraverso il valico israeliano di Erez), ha costretto la Striscia dopo due mesi di operazione militare ad accettare un cessate il fuoco fine a se stesso per permettere la vittoria di Israele. E da un anno sta costruendo una zona cuscinetto lungo il confine con Gaza, per la quale non ha distrutto solo tunnel ma anche centinaia di abitazioni di famiglie egiziane.
Un vero e proprio assedio che fa da contraltare a quello israeliano. Ieri una nuova manifestazione a est del campo profughi di Burij si è conclusa con le pallottole sparate dall’esercito di Tel Aviv. La protesta era stata organizzata da giovani gazawi contro gli omicidi extragiudiziali e la repressione usata da Israele contro i manifestanti palestinesi in tutto il territorio. Il nuovo ciclo di violenza ha portato in poco più di due mesi alla morte di 114 palestinesi e 19 israeliani.
L’ultimo palestinese a morire è un altro giovanissimo, Malik Akram Shahin. Diciannove anni, membro del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestinese, è stato ucciso lunedì notte.Ad ucciderlo, secondo l’ospedale di Beit Jala, sarebbe stata un’arma illegale: un proiettile esplosivo che, entrato nella testa di Malik, è esploso al suo interno e ha frammentato il cranio in centinaia di pezzi. Secondo i medici, vista la posizione del giovane e il punto in cui è stato colpito, oltre all’utilizzo di un’arma considerata illegale, i soldati hanno aperto il fuoco con uno scopo: quello di uccidere.
Un’accusa spesso mossa dai palestinesi in questi mesi di rivolte e manifestazioni e che ora si aggrava per l’utilizzo – se dimostrato – di armi illegali per il diritto internazionale, un uso che rientra nei crimini di guerra. Il proiettile esplosivo è vietato perché provoca danni terribili alla vittima: non esce dal corpo ma lo devasta. Nena News
http://nena-news.it/territori-occupati-egitto-e-israele-un-assedio-duplice/
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