25 Gen 2012
Stamattina è venuta in visita al villaggio una delegazione di studenti olandesi. Erano molto interessati al conflitto in generale e sono rimasti colpiti dalla situazione qui. Ci hanno fatto molte domande riguardo a come gli abitanti affrontano l’occupazione ed i risultati che ottengono.Così Alessandro, un volontario di Torino che starà qui un anno e mezzo, gli ha spiegato la filosofia della lotta non-violenta che si è sviluppata a Tuwani, il modo in cui viene attuata, le reazioni israeliane. Ai ragazzi è venuto naturale il paragone con l’India di Ghandi (qui rappresentato, seppur in forma minore da Hafez, il capo del Comitato popolare).
E’ stato molto interessante e utile per capire i motivi che ci spingono ad unirci a queste persone. Ci trasmettono energia, voglia di spendere del tempo per un obiettivo che a volte sembra irrealizzabile e forse lo è davvero. Nonostante questo ogni giorno la vita continua, deve continuare normalmente. Le persone, tutte, hanno bisogno di vivere in pace, hanno bisogno di una routine che troppo spesso è turbata da avvenimenti tragici.
Proprio poche ore prima dell’arrivo della delegazione, appena svegli e ancora un pò addormentati, riceviamo una telefonata da un villaggio vicino, Umm al Kheer.
2 bulldozer dell’esercito israeliano sono arrivati per demolire, non si sa cosa: case, tende o capanne per le pecore. Questo villaggio di beduini, ormai ex nomadi, è letteralmente circondato dalla colonia di Karmel. Le case come le intendiamo noi o come si possono vedere a Tuwani qui non esistono.
In totale ci sono circa 24-25 abitazioni, tra tende, lamiere e pietre ammassate. Su 20 di esse pende un ordine di demolizioni dell’esercito da molto tempo. Temiamo il peggio, temiamo che anche ad Umm al Kheer tocchi la sorte di altri piccoli villaggi, letteralmente spazzati via dalle ruspe israeliane.
Viene quasi da piangere.
3 di noi si fiondano sul posto in taxi, 10 minuti di strada, il tempo vale più dell’acqua in questi casi.
La situazione non è quella catastrofica che ci si aspettava. Una casa è già stata demolita, le lamiere di una seconda stanno per essere piegate e abbattute dalla pala di un bulldozer.
Su queste 2 costruzioni non c’era nessun ordine di demolizione, erano state demolite già un anno fa, ma i loro abitanti le avevano ricostruite ed erano tornati ad abitarle.
Questa è la resistenza non violenta. purtroppo stanotte una coppia di anziani e una donna sola con 9 figli dovranno trovare un altro posto dove dormire. Per fortuna l’ospitalità da queste parti abbonda, ma domani?cosa faranno? troveranno la forza per ricostruire nuovamente?
Chissà cosa pensava il manovratore israeliano del bulldozer, o l’ingegnere che lo dirigeva, o il soldati che li proteggevano. Chissà cosa pensano in questi momenti. Riescono davvero a giustificare tutto ciò oppure eseguono semplicemente il loro lavoro senza pensarci?
In attesa di risposte cerchiamo di ricostruire gli avvenimenti attraverso i video girati. La parte più difficile del vivere qui è metabolizzare ciò che accade. Riguardare le immagini fa montare una rabbia enorme. Cerchiamo di non trasformarla in odio. Se ce la fanno gli abitanti di questa terra possiamo e dobbiamo farlo anche noi.
Lorenzo
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