Testimonianza da At-Tuwani (2) : DEMOLIZIONI

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15/02/2012

Le demolizioni ti colpiscono come una botta alla testa. Quando arrivi sul posto, di corsa, col fiato corto, le immagini dei bulldozer ti stordiscono. Inizi a mettere a fuoco la situazione. Senti i rumori delle ruspe, le voci della gente, gli animali confusi.

Sono mille le reazioni possibili a questi eventi. C’è chi si dispera, chi urla, chi rimane immobile, seduto, in silenzio, guarda la propria casa crollare, impotente, oppure guarda nel vuoto. Ma c’è anche chi cerca di recuperare più cose possibili, prima che le enormi pale rendano inutilizzabile ogni cosa. C’è chi tenta di recuperare più cose possibili perchè quando i bulldozer se ne andranno bisognerà ricominciare e tutto ciò che non è distrutto può servire.

Noi dobbiamo documentare ciò che accade, siamo qui per questo. Video, foto, parole.

Negli ultimi mesi queste scene si sono ripetute troppe volte nelle colline a sud di Hebron. Um Fagarah, Umm Al Kheer e ora Saadet tha’lah e Ar Rakheez.

E’ incredibile la praticità, la sistematicità con cui gli “operai” dell’esercito israeliano eseguono il loro lavoro. Un bulldozer prende un grande masso e lo poggia sull’ imboccatura di un pozzo, da cui sarà impossibile spostarlo. Per sicurezza però è sempre bene rovesciarci sopra una montagna di sabbia, non sia mai che i palestinesi riescano a riutilizzarlo.

Alle case, alle stalle e ai loro inquilini non spetta miglior sorte. Non c’è tempo da perdere! il tempo concesso per “liberare” gli alloggi è scaduto, così 5 agnelli rimangono sepolti sotto le macerie. Questo è successo a Saadet tha’lah. In mezzo al villaggio, una decina tra case in pietra e lamiera e qualche tenda, splendono al sole 30 pannelli solari montati qualche mese prima grazie al finanziamento del governo tedesco. Per questi villaggi è impossibile ottenere l’allacciamento alla rete elettrica, così si sfruttano le risorse naturali grazie ai benefattori europei. Il messaggio inviato dall’esercito è fin troppo chiaro: voi vi fate aiutare dagli stranieri? Bene! tenetevi pure i pannelli solari, noi demoliamo tutto il resto.

” Il nostro compito qui è finito” sembrano dire gli ingegneri della DCO, la branca dell’amministrazione israeliana che controlla i Territori Palestinesi.

A quanto pare la giornata lavorativa non è ancora terminata, c’è tempo per una gita ad Ar Rakeez, un piccolo villaggio vicino Tuwani. Alcune grotte abitate da poche famiglie. La fine del turno però si avvicina, così in pochi minuti un campo di ulivi e mandorli (50 in tutto), piantati meno di 2 anni fa, viene letteralmente raso al suolo. Una cisterna d’acqua, non ancora finita di costruire viene riempita di sabbia. Non si riesce nemmeno a trovare dov’era stato scavato il buco. I bulldozer sembrano aver finito e si dirigono verso la strada che li ha portati qui.

Fermi tutti! Un ingegnere si accorge che il lavoro non è stato completato. Un piccolo ulivo è sopravvissuto al massacro. Un bulldozer fa dietrofront e l’opera.

Mentre il proprietario delle piante cerca di recuperare qualche ramo rimasto in vita, soldati manovratori ed ingegneri se ne vanno. Prima di salire nelle jeep e nei pickup si stringono la mano, ridono, si abbracciano e si congratulano tra di loro per l’ottimo lavoro svolto. Possono finalmente tornare a casa, dalle loro famiglie, dopo una dura giornata di demolizioni. Così ci si guadagna lo stipendio nell’unica democrazia del Medio Oriente.

Lorenzo

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