Testimonianza da Gaza: situazione di Gaza dopo la recente alluvione

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Sono arrivata nella Striscia di Gaza, 9 dicembre u.s., quando già si annunciava l’arrivo del maltempo, l’elettricità veniva fornita per sole 6 ore al giorno e il gasolio scarseggiava. Il Ministero della Salute aveva diramato un comunicato di pre-allerta dando indicazione alle O.N.G. Sanitarie Palestinesi, presenti sul territorio, di tenere aperti i centri clinici per le emergenze. Tra questi anche il Medical Relief che si è attivato per la reperibilità del personale, mentre il Ministero dell’Istruzione dichiarava la chiusura di tutte le scuole di ordine e grado per 4 giorni.

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Da mercoledì, 11 dicembre, la bufera si è abbattuta su Gaza: forte vento, grandine, pioggia incessante e più di 1.600.000 palestinesi si sono trovati a dover fronteggiare una calamità di cui il Governo di Gaza non aveva i mezzi sufficienti per dare adeguata risposta. Strade e case allagate con acqua anche fino a 1 metro. In tante località della striscia di Gaza c’è stato un blakout di elettricità durato fino a 4 giorni, con disagi indescrivibili di intere famiglie al freddo, senza poter cucinare o lavarsi. Più di 20.000 persone sono state evacuate in scuole pubbliche e intere famiglie sono state costrette a trasferirsi presso parenti. Le strade completamente deserte, allagate con scarichi che rigettavano acqua dal sistema fognario per la mancanza di elettricità che impediva il funzionamento degli impianti di pompaggio delle acque reflue.
In quei giorni ho visitato, non con poca fatica, il villaggio di beduini di Beit Hanun dove la gente, che già vive in misere condizioni in baracche di lamiera, è stata messa a dura prova; il centro di raccolta rifiuti di Beit Layha era un lago di immondizia maleodorante disperso in una vasta area anche abitata. Nella Middle area, Deir Balah e più a sud Khan Younis, i campi e le case sommerse dall’acqua, non solo piovana, ma soprattutto dall’acqua del fiume che attraversa il centro abitato di Beersheva. Infatti l’autorità israeliana aveva pensato bene di deviare il fiume, aprendo le chiuse, per evitare inondazioni nei centri abitati dagli israeliani. Non solo il governo israeliano non adempie ai “doveri” di stato occupante, ma coglie qualsiasi occasione per punire la popolazione palestinese e peggiorarne le condizioni di vita quotidiana.
Il maltempo ha causato gravi danni, tuttavia non possiamo limitarci a dire che la catastrofe, famiglie che hanno perso tutto, danni all’ambiente e alle infrastrutture, siano imputabili solo al maltempo o alla incapacità dell’Autorità di Gaza di dare risposte in una grave situazione di emergenza. La causa principale è l’occupazione israeliana e lo stato di assedio a cui è sottoposta la striscia di Gaza con limitazione e preclusione all’ importazioni di qualsiasi materiale-attrezzature (sanitari, educativi, alimentari, per la costruzione).
Il border di Kerem Shalom è stato riaperto dopo lunghe chiusure, per far transitare 500 mila litri di carburante. Questo rifornimento, che potrà dare sollievo per circa 3 mesi alla popolazione di Gaza, è stato sostenuto economicamente dal Qatar che si è offerto di pagare le tasse di importazione, spesa che altrimenti il Governo di Gaza non avrebbe potuto sostenere.

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La crisi si fa sentire anche per la chiusura a Rafah di più di 1.000 tunnel, condizione questa che ha bloccato la fornitura di beni di consumo portando al collasso la popolazione di Gaza, ma ha determinato anche altre gravi situazioni. Tutti i materiali importati, infatti, erano sottoposti ad una tassa e con il ricavato il Governo della striscia di Gaza, Hamas, faceva fronte anche al pagamento dei salari dei suoi circa 50 mila dipendenti pubblici. Dallo scorso mese di settembre questi lavoratori ricevono il 50% del salario che mediamente è di 700 dollari al mese, mentre i dipendenti pubblici, che lavorano a Gaza e afferiscono dell’A.N.P. di Ramallah, percepiscono lo stipendio grazie al contributo economico dell’Unione Europea.
Parlando con i lavoratori del Governo locale di alcuni settori pubblici, medici, insegnanti, questi hanno dichiarato che sono disposti a fare sacrifici per il paese, ma quando si lavora a fianco di un collega che percepisce lo stipendio solo perché afferisce ad altra Autorità, la situazione diventa difficile da comprendere. Questa diversità di trattamento ha determinato forti tensioni e divisioni interne.
Durante la mia permanenza a Gaza i pescatori hanno organizzato 3 giorni di attività presso il porto di Gaza. Hanno voluto denunciare le conseguenze dell’assedio israeliano rivendicando il diritto di poter navigare liberamente e lavorare. Negli ultimi 4 anni la marina israeliana ha ucciso 2 pescatori , 24 sono stati feriti e più di 100 pescatori arrestati. Notevoli anche i danni a tante imbarcazioni.
Dopo quattro giorni di maltempo ho potuto organizzare gli incontri con i nostri bambini feriti che afferiscono al Medical Relief e i bambini portatori di handicap seguiti dall’associazione Hanan. Alcune famiglie mi hanno raccontato che sono state costrette ad evacuare la casa e trovare sistemazione presso strutture pubbliche, scuole o parenti. Mi hanno parlato delle difficoltà di quei giorni: la fornitura dell’acqua irregolare, la mancanza di elettricità per più giorni, molti generatori inutilizzabili perché danneggiati o per mancanza di gasolio. Alcune case dei nostri bambini sono state danneggiate dal vento e grandine che hanno causato rotture di vetri e nei casi peggiori scoperchiati i tetti. Altre famiglie mi hanno raccontato di essere rimaste isolate in casa a causa dell’acqua e sono state soccorse dal servizio di difesa civile che si è avvalso anche delle barche messe a disposizione dei pescatori.
Da parte delle famiglie che ho incontrato è stato espresso il ringraziamento per le attività di Gazzella significando che il supporto economico e le nostre visite rappresentano una forma di sostegno reale e concreta.
Il sole è tornato sulla striscia di Gaza dopo 5 giorni di bufera, ma in alcune località la popolazione resta sommersa da acqua sporca ed è ancora al freddo.
Dopo questa catastrofe, senza azioni determinate, la vita quotidiana dei palestinesi di Gaza sarà drammaticamente peggiore di quanto già non sia. L’assedio deve finire, devono essere restituiti dignità e diritti a partire dalla libertà di movimento delle cose e delle persone, per non lasciare che l’aiuto umanitario faccia da ponte al colonialismo.
Giuditta
22 DICEMBRE 2013

 

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